Fra tre mesi i sardi alle urne per i dieci referendum che rischiano di cambiare la politica isolana! Ecco chi li teme e perché, di Vito Biolchini
Fra appena tre mesi i sardi potrebbero chiamati ad esprimersi su dieci referendum (consultivi e abrogativi) che mirano riscrivere l’impianto istituzionale della nostra regione, e già sui giornali è sceso il silenzio. A differenza della consultazione sul nucleare, stavolta non ci saranno adesivi distribuiti con L’Unione Sarda, anzi.
La Nuova Sardegna di oggi ci informa che la data possibile per il voto referendario potrebbe essere quella del 6 maggio. Cappellacci vorrebbe far coincidere la consultazione con il voto amministrativo. I risparmi per l’amministrazione sarebbero evidenti, ma La Nuova ci avverte anche che il presidente potrebbe essere messo sotto pressione per evitare l’abbinamento, perché “non è escluso che qualcuno voglia puntare al fallimento del referendum”. Chi sia questo “qualcuno” lo si capisce leggendo i quesiti.
Cosa dicono dunque di così devastante?
I primi cinque puntano all’abolizione di tutte le province sarde, sia quelle di recente istituzione che quelle storiche. Insieme al decimo (che mira a ridurre a cinquanta il numero dei consiglieri regionali) sono quelli che mi convincono di meno. Il motivo l’ho spiegato in un post qualche mesa fa dal titolo Con la scusa della crisi e con la retorica della casta, l’Italia rischia l’involuzione democratica. E nascerà una nuova supercasta di politici… , e qui lo riassumo: se aboliamo le province, tagliamo il numero dei consiglieri regionali, se teniamo conto del taglio dei parlamentari (che prima o poi ci sarà), viene fuori che fra qualche anno la Sardegna sarà (politicamente parlando) in mano a non più di cento persone: una oligarchia.
A parte questo, sarebbe opportuno comprendere meglio quale impianto istituzionale vogliamo per la Sardegna. Sotto questo aspetto, la Commissione Autonomia del Consiglio regionale sta lavorando in maniera interessante, con un approccio organico all’intera architettura delle rappresentanze istituzionali. Il lavoro della Commissione rischia però di essere di essere in parte superato dal risultato del referendum.
Il nodo vero della politica sarda è: quale rapporto deve avere l’isola, in qualità di regione autonoma, con lo Stato italiano? Da tempo un vasto schieramento chiede che a riscrivere lo Statuto sia una assemblea costituente appositamente eletta. Il sesto quesito chiede appunto che questa assemblea sia eletta a suffragio universale da tutti i sardi. Potete immaginare il disappunto di chi invece vuole mantenere la riscrittura delle regole all’interno del Consiglio regionale (rinviandole ovviamente alle calende greche…). Nella nuova Costituente potrebbero nascere alleanze inedite, in grado di scardinare i tradizionali schieramenti di centrodestra e di centrosinistra. E questo ai maggiori partiti non piace per niente.
Ancora più devastante per il sistema dei partiti (soprattutto di centrodestra) è il settimo quesito, che chiede ai sardi di esprimere il loro parere sull’opportunità che il presidente della Regione sia eletto non solo in maniera diretta, ma dopo essere scelto attraverso elezioni primarie normate per legge. Ogni commento sulla portata di questo quesito è superfluo: fine dei candidati imposti a Roma alla stregua di Cappellacci.
Ugualmente devastante per il sistema dei partiti rischia di essere il nono quesito, che punta all’abolizione dei consigli di amministrazione degli enti e delle Agenzie della Regione: fine dei parcheggi per “trombati” più o meno eccellenti.
Abbiamo saltato l’ottavo, ed è quello sul quale, mediaticamente, i promotori dell’iniziativa ragionevolmente faranno più affidamento per convincere i sardi a recarsi alle urne: l’abrogazione della legge che fissa le indennità dei consiglieri regionali.
In un sistema politico isolano bloccato come quello attuale, questi referendum potrebbero essere un elemento di effettivo cambiamento, di rimescolamento di posizioni sulla base non di posizioni predefinite ma di interessi reali, convergenti e trasparenti. Che ne pensate?
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I DIECI REFERENDUM
ABROGAZIONE DELLE PROVINCE.
Quesito 1, 2, 3, 4 (abrogativi delle nuove quattro province: sono necessari quattro quesiti, in quanto sono quattro le leggi regionali che – con il loro combinato disposto- determinano l’istituzione e il funzionamento delle quattro nuove province sarde). Quesito 5, consultivo, per l’abrogazione delle altre quattro province sarde.
ABROGAZIONE della legge che determina status e indennità dei CONSIGLIERI REGIONALI.
Quesito 6. Referendum abrogativo.
RIDUZIONE a 50 del NUMERO dei CONSIGLIERI REGIONALI.
Quesito 7. Referendum consultivo.
ABOLIZIONE dei CONSIGLI di AMMINISTRAZIONE degli Enti Regionali.
Quesito 8. Referendum consultivo.
ELEZIONI DIRETTA del Presidente della Regione, previa scelta dei candidati attraverso le primarie.
Quesito 9. Referendum consultivo.
ASSEMBLEA COSTITUENTE per riscrivere lo Statuto della Sardegna.
Quesito 10. Referendum Consultivo.
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