CHERCHEZ LA FEMME, le donne sarde in politica, di Bachisio Bandinu—————————————————————————————————
Eleonora d’Arborea (Molins de Rei, 1340 – Oristano, 1404) fu giudicessa del Giudicato d’Arborea nota per la promulgazione della Carta de Logu.
-La questione è seria: non riguarda tanto la difesa delle pari opportunità (battaglia pregevole) bensì la possibilità reale di esercitare l’identità femminile nella gestione della politica. Detto diversamente ci si interroga se la presenza femminile sia capace di un diverso modo di fare politica.
La questione è seria: non riguarda tanto la difesa delle pari opportunità (battaglia pregevole) bensì la possibilità reale di esercitare l’identità femminile nella gestione della politica. Detto diversamente ci si interroga se la presenza femminile sia capace di un diverso modo di fare politica.La differenza di genere dovrebbe significare un cambiamento nella teoria e nella pratica della politica.
È ben più di una rivendicazione: si tratta di pensare diversamente dal modello maschile. Non alternativo, anzi integrativo, capace di sintesi di modalità differenti nel gestire la cosa pubblica. C’è un’autonomia del femminile rispetto all’universo maschile.
Per la donna si tratta di uscire dal recinto dell’immaginario politico maschile per riappropriarsi del suo proprio. Oggi la donna in politica è fagocitata dal sistema maschile ed è in qualche modo obbligata a un ideale virile della politica dove la femminilità è connotata come debolezza o come inferiorità. È un’affermazione comune dire che una donna deve valere il doppio per affermarsi nella competizione con i maschi. E invece non deve competere per dimostrare che vale quanto loro o addirittura riuscire a sopravanzarli: sarebbe comunque perdente perché non sfrutta le sue prerogative femminili. C’è uno specifico femminile del fare politica, proprio come differenza dal modello maschile e quindi come specificità di genere. Non si tratta di competizione ma di integrazione dei due modelli.
La questione assume un carattere ancor più particolare trattandosi di una società matricentrica qual è quella sarda. La donna sarda ha potenziali risorse interiori per operare un mutamento della politica attuale. C’è nell’immaginario sardo una presenza femminile che conferma un’autorità autonoma della donna rispetto al sistema maschile. La donna amministra il privato, la casa, la famiglia e grazie a questa esperienza concreta ha il diritto e il dovere di sperimentare una diversa gestione della cosa pubblica.
I contributi al femminile possono essere una maggiore capacità di agire nel concreto, una disponibilità più protesa alla reciprocità comunicativa, una valorizzazione della componente affettiva nelle relazioni sociali, un minore investimento psicologico nella dimensione del potere e nell’ esercizio del dominio, ma anche una minore aggressività e distruttività nei rapporti politici e sociali. Sono valori forti l’agire propositivo e l’assunzione di responsabilità. Questo principio etico-sociale produce energie interiori per un nuovo orientamento.
In fondo l’uomo ha paura che la differenza femminile si ponga come nuovo potere o come dispositivo di un ordine diverso. Genitrice, nutrice, educatrice ma sempre ostacolata quando vuole assurgere a ruoli sociali e politici di prestigio. Il timore più profondo è che la donna detenga un potere originario che non è governabile dalla legge maschile e che questa differenza non possa essere amministrabile.
C’è una ricchezza antropologica che proviene alla donna da una lunga esperienza storica. Nella cultura sarda è la donna ad avere la consapevolezza del mistero della nascita e della morte, dell’ entrare e dell’uscire dal mondo. L’uomo era escluso dalla stanza del parto e dalla stanza del pianto rituale. Incapace di resistere al mistero della origine e del disfacimento. Da questo mistero nasce la supremazia della madre nella struttura di venerazione della religione sarda.
La donna ha saputo assumere su di sé il negativo del dolore e della morte ma è nello stesso tempo produttrice di vita, creatrice, fattrice. C’è una spiritualità che si attua in un ordine giudicante e governante, al di là e al di qua del governo e del giudizio maschile.
Quale contributo al femminile nell’ esperienza politica in corso? E per la prospettiva?
By Loredana Rosenkranz, 5 febbraio 2012 @ 18:52
Sa política in manos de sas féminas? E’ un sogno esaltante che nuovamente ci prende, donne e uomini sardi spaesati rispetto agli orrori della politica, ma ancora più spaesati poi se pensiamo ad un impegno diretto nella politica. Se c’è chi ha provato, tra i lettori di questo blog, a sollecitare le donne soprattutto giovani perché si impegnino nella politica sa che non è semplice e che è soprattutto complicato mantenercele. Ed hanno in parte ragione. Non si tratta solo di combattere gli uomini, che è poi la prima cosa, lasciatemelo dire : quello che ormai è dovere civico e costituzionale, ossia il 50/50, cioè la parità assoluta di genere nelle liste ma anche nella successiva elezione significa infatti che solo il 50% degli uomini entra ed apre un forte conflitto, non tutte le donne si sentono di fare questa battaglia spesso all’ultimo sangue con i candidati uomini. Quindi, prima e dopo l’elezione, c’è il problema, denunciato da molte donne che hanno deciso di provarci, dello stare in spazi e contesti di socialità e di linguaggio per tradizione maschili e conservatori, in Sardegna per niente più flessibili ed aperti nonostante la nostra fiera tradizione di “matriarcato”. Inoltre c’è il problema dei soldi : le donne ne hanno in genere pochissimi dalle loro attività private ed i partiti non mettono a disposizione delle candidate in maniera paritaria i cospicui proventi dei rimborsi elettorali come sarebbe obbligatorio, dato che vengono dalle cittadine e dai cittadini! Riflettendo quindi sul discorso potente ed affascinante della autorità simbolica della donna sarda, la sua fiera esistenza apparteneva alla tradizione di piccole comunità coese ma si sta sfaldando velocemente sia perché la maggior parte delle donne vive in contesti urbani, sempre più disgregati, sia perché deve combattere, spesso in isolamento, per la sopravvivenza, propria e dei figli : in questa regione con una forte presenza di famiglie monogenitoriali il matriarcato si esprime oggi nel reggere sulle proprie “forti spalle” i figli, a volte anche il marito disoccupato-inabile e gli anziani.
Nonostante questo penso che dobbiamo impegnarci a promuovere la presenza in politica delle donne a cominciare da una legge elettorale della Sardegna che sia attenta al riequilibrio della presenza politica tra i generi. Inoltre occorre votare le donne, sia nel senso del mettere in atto iniziative perché le donne votino le donne ( cosa che nella maggior parte non fanno) sia perché gli uomini che le pensano migliori siano coerenti e le votino. Per promuovere la presenza delle donne nelle liste occorre dare visibilità alle donne : stanno nella società non in televisione o sui giornali o nei blog e lavorano tutto il giorno tanto che hanno pochissimi spazi liberi per le riunioni ( ma qualcuno ha provato ad incontrare le donne, che lavorano tutte e sempre tantissimo, prima di parlare in astratto?) e questo è forse l’ostacolo maggiore alla loro presenza in questa politica : non hanno tempo da perdere. Insomma, parlare di política in manos de sas féminas è un po’ fare una rivoluzione. La Sardegna è pronta, considerando il fatto che non c’è un movimento delle donne interessato alle rivendicazioni politiche ma abbiamo donne, soprattutto giovani donne, che semplicemente esigono che il loro diritto costituzionale alle pari opportunità venga rispettato?