SASSARI: LA BATTAGLIA PER LA SALVAGUARDIA DEL FOSSO DELLA NOCE E CONTRO IL CANALONE DI CEMENTO ENTRA IN UNA NUOVA FASE, di Nello Bruno
Venerdì 14 luglio scorso si è tenuta a Sassari, nella Sala “Angioy” del palazzo della Provincia, una conferenza stampa di comitati cittadini, associazioni ambientaliste ed esperti che hanno presentato all’Assessorato regionale dell’Ambiente le osservazioni per sottoporre alla Valutazione d’impatto ambientale il devastante progetto di un canalone in cemento che, nelle intenzioni della Giunta comunale guidata dal sindaco Nanni Campus, dovrebbe cancellare un essenziale polmone verde nel cuore della città. Il Comune giustifica questo progetto adducendo la necessità di fronteggiare il rischio idrogeologico. In effetti si tratta di un grimaldello per scardinare ogni tipo di vincolo, per costruire, fra l’altro, un parcheggio-silos multipiano e per dare libero sfogo agli appetiti di grosse imprese edili. Di seguito si propone un resoconto della conferenza stampa.
Alla presenza di giornalisti del Tg regionale, Videolina, Canale 1-4, “La Nuova Sardegna” e “L’Unione Sarda”, ha introdotto i lavori Uccio Virdis, presidente del Comitato del quartiere Cappuccini, organismo in prima fila nella dura battaglia contro un progetto bollato come pericoloso e contrario ad ogni buona pratica urbanistica ed ambientale. Virdis ha ribadito che la mitigazione del rischio idrogeologico non può avvenire con un canalone di cemento lungo 800 metri, largo più di 7 e profondo 2,50. La Regione, egli ha detto, deve impedire questo sfregio al patrimonio naturalistico; il progetto va sottoposto alla Valutazione di impatto ambientale. Alle indubbie capacità drenanti ed assorbenti delle valli si può aggiungere come alternativa l’apertura di appositi varchi nei terrapieni di viale Trento e viale Trieste onde eliminare ogni eventuale pericolo. Le 5.000 firme raccolte nell’arco di un mese tra i cittadini sono un messaggio forte, un secco no al canalone; come alternativa all’ecomostro, si può e si deve pensare alle valli come parchi urbani fruibili.
Le relazioni
Dopo l’introduzione del presidente Virdis, ha preso la parola l’architetta Anna Maria Morelli la quale, insieme a Giuseppe Porcellana e all’avvocata Veronica Dini di Milano, ha raccolto le osservazioni del Comitato ambiente di Sassari e dello stesso Comitato di quartiere; il consigliere dell’opposizione in Consiglio comunale ed ex magistrato Mariano Brianda, a nome dell’associazione Siamo tutti importanti; Piero Sanna della costituenda sezione sassarese di Italia Nostra; Anna Lacci dell’associazione Earth Gardeners. Nel dibattito sono intervenuti, fra gli altri, il prof. Ignazio Camarda, il geologo Giacomo Oggiano e lo storico Federico Francioni.
La Morelli, del Comitato ambiente di Sassari, a nome e per conto dei due Comitati-guida, dopo avere letto un breve messaggio del presidente del Comitato ambiente Giuseppe Porcellana, fuori città, ha evidenziato tutti i limiti e le carenze del progettato canalone, zeppo di incongruenze, imprecisioni, carenze documentali, privo di realistici dati idrografici, pluviometrici, geologici, naturalistici. Le valutazioni sulle ricadute della mastodontica opera in cemento sono tutte minimizzanti l’impatto devastante dell’artificioso manufatto sull’ambiente urbano.
La Relazione contiene ironie involontarie quando definisce il ciclopico monstre di cemento come un “progetto di grande valenza ambientale”. La natura fiorente e rigogliosa della vallata viene volutamente minimizzata o disprezzata come se fosse costituita da pochi sparuti cespugli e da “una decina di alberi di nessun pregio naturalistico”, prontamente sostituibili. La storica vallata, inserita nel Piano urbanistico comunale (Puc) come zona di pregio ambientale, da salvaguardare, meritevole di massima protezione, viene svillaneggiata e il Puc, che pure è citato – ci mancherebbe! – in una delle relazioni allegate, viene completamente disatteso.
Il progetto fa il “finto tonto” persino davanti all’ultimissima variante al Pai, Piano di assetto idrogeologico del 2021 (pure allegata!), adottata dal Comune e dalla Regione, la quale variante afferma testualmente che “la mitigazione del pericolo può essere facilmente effettuata con la semplice perforazione dei due terrapieni di viale Trento e di viale Trieste” (oltre a quello di viale Sicilia) per permettere ad eventuali allagamenti di scorrere e disperdersi senza creare pericolo.
Anziché rispettare le indicazioni del Pai, si vuole al contrario creare un canale di cemento che distruggerebbe tutto il verde presente e darebbe maggiore velocità a ogni tipo di pioggia o nubifragio, scaricandone tutta la portata sul fondo valle, ovvero su una vecchia tubatura di 90 cm. di diametro e soprattutto sulle palazzine di viale San Francesco e via Sorso. C’è una macroscopica omissione sull’esito del trasporto di queste acque a valle e del loro deflusso. La valle è sempre stata resiliente e nessun tipo di evento meteorico o climatico, a memoria storica, ha mai fatto registrare grossi danni.
Il canalone distruggerebbe la valle, il suolo, il verde, il microclima e quindi lo stesso benessere degli abitanti. I requisiti minimi per un progetto di tale portata avrebbero dovuto richiedere un team di competenze e professionalità di alto livello, ambientali, storiche, archeologiche, naturalistiche, paesaggistiche, forestali, urbanistiche; invece il team che ha steso il progetto è lo stesso che ha redatto il primo Pai, che ha collaborato alla stessa variante del Pai, la quale viene da esso senza ragione rinnegata e disattesa.
La via Adelasia, che attraversa la valle tramite una pregevole scalinata in trachite rossa di oltre 135 gradini (in stato di colpevole degrado e abbandono da decenni), la più grande di un sistema di gradinate storiche (almeno 10) all’interno del quartiere Cappuccini, non viene neanche menzionata dalle carte, pur essendo destinata ad essere distrutta dal canalone insieme ai suoi giganteschi ombrosi bagolari.
L’avvocata Dini di Milano, che ha coordinato tutte le osservazioni raccolte da comitati, associazioni ed esperti, ha a sua volta rimarcato come siano assolutamente sottostimati tutti i danni che deriverebbero per l’ambiente e per la salute dei cittadini dall’enorme cantiere, dal traffico di mezzi pesanti al lavoro per mesi e mesi, con inquinamento dell’aria, delle acque, con rumori e un movimento di terra fra i 16.000 ed i 20.000 metri cubi.
Tutte le simulazioni grafiche e digitali del progetto del Comune non forniscono alcuna idea realistica e veritiera della realtà distruttiva del cantiere e del canalone: ad esempio, nei rendering non risultano né la devastante pista di lavoro né l’impatto visivo delle reti in ferro alte due metri e dei pali in acciaio che circonderebbero il manufatto per metterlo in sicurezza. In conclusione, troppe lacune, troppe omissioni, troppe manipolazioni della realtà perché questo attentato all’ambiente urbano non venga sottoposto ad una rigorosa Valutazione di impatto ambientale da parte della Regione Sardegna.
Last but not least l’intera pratica, nonostante il suo impatto devastante, non è stata in nessun modo condivisa con la cittadinanza per cui è mancato uno dei requisiti fondamentali dei finanziamenti Pnrr, quello del coinvolgimento, della partecipazione, della discussione e del confronto con i cittadini, previsto in via obbligatoria dalle leggi italiane ed europee in materia di tutela ambientale e urbanistica, nonché base ineludibile per tutti i progetti finanziati da fondi dello stesso Pnrr.
In risposta a una domanda del pubblico, l’architetta chiarisce che hanno presentato osservazioni vari gruppi ed associazioni: oltre al Comitato Cappuccini e al Comitato Ambiente, insieme e separatamente, hanno presentato osservazioni membri del Cnr, il Gruppo di intervento giuridico, Italia Nostra, Lega Ambiente, Earth Gardeners ed anche altri soggetti, professionisti a titolo individuale o a nome di gruppi ambientalisti.
Il consigliere comunale ed ex magistrato Brianda – che ha già espresso più volte la propria totale contrarietà al canalone, definendolo “uno scempio”, per la forma e per la sostanza – ha messo in evidenza che il Comune ha deciso di sottoporre il progetto alla Regione solo dopo che i Comitati avevano presentato, tramite l’avv. Dini di Milano, una diffida formale a proseguire. Brianda ha poi ricordato che il progetto ha avuto un iter a dir poco fulmineo, con passaggio in Commissione consiliare Lavori pubblici alle ore 14 e approvazione a maggioranza; in sede di Consiglio comunale lo stesso piano è passato, senza alcuna discussione, alle 15,30 dello stesso giorno. Se malauguratamente la Regione non dovesse sottoporre la pratica al Via si chiede che il Comune fermi la pratica in chiave di autotutela. Si tratta inoltre di consentire ai cittadini di esprimersi per individuare ogni possibile alternativa a questo scempio ambientale e urbanistico.
Anche il prof. Sanna, per Italia Nostra, ha affermato con decisione che si rende indispensabile una Valutazione d’impatto ambientale per la contrarietà al canalone manifestata da comitati, associazioni, cittadini, ingegneri idraulici, climatologi e naturalisti. La mitigazione del rischio va fatta rispettando la valle ed intervenendo sugli ostacoli artificiali rappresentati dai due terrapieni. Di tutta questa vicenda egli ha voluto sottolineare la partecipazione di varie componenti della società, che si sono ribellate per salvaguardare un bene identitario e naturalistico; è possibile procedere, ha aggiunto Sanna, in ben altro modo, piuttosto che acconsentire ad un danno irreversibile contro il verde urbano. L’unica ragione per realizzare il canalone sarebbe l’urgenza di spendere i fondi del Pnrr ma, in questo caso, sarebbe meglio perderli piuttosto che permettere una simile devastazione.
La project manager ambientale: un progetto che va contro le buone pratiche in Italia e in Europa
Dal suo canto, Anna Lacci, dell’associazione Earth Gardeners, ha messo in evidenza che, senza un preventivo censimento della natura presente nella vallata, non si può sapere che cosa stiamo distruggendo, motivo sufficiente in sé per fermare tutto. Oggi le leggi europee sono rivolte a salvaguardare la natura dentro i centri abitati, proprio in ragione del rischio climatico: in tutta Europa si sta parlando di ripristino delle aree naturali; è del 12 luglio 2023 la notizia della approvazione della Nature restoration law. Il progetto della Giunta Campus quindi si colloca fuori da qualsiasi logica di buon senso, non solo ambientale e naturalistico, ma civile e democratico. Il Pnrr dovrebbe essere usato per la salvaguardia ambientale non per fare attentati alla natura resiliente. Infine, come mai non sono stati coinvolti gli scienziati, gli esperti, l’Università? Come può accadere che nel team di progetti così importanti non vi sia nessuna personalità a rappresentare le professioni della scienza, della natura, della botanica, della biologia, dell’urbanistica?
Prof. Ignazio Camarda, botanico: quanto vale un singolo albero?
Tra gli interventi del pubblico, da segnalare la netta opposizione e la grave preoccupazione espressa dal botanico prof. Ignazio Camarda, dell’Università di Sassari, il quale ha voluto aggiungere due cose all’interessante relazione dell’architetta Morelli; nel Pnrr esistono misure di forestazione urbana destinate alle città metropolitane e il Fosso della Noce avrebbe tutte le caratteristiche per costituire un nucleo di riforestazione. Un altro aspetto che non prendiamo mai in considerazione è il vero valore di un singolo albero. Qual è il valore di un albero come il gigantesco bagolare di via Adelasia? Qual è il valore complessivo di tutte le centinaia di piante che verranno inesorabilmente abbattute se l’infausto progetto andasse in porto? Qual è il valore di un leccio? Il valore di un singolo albero è in realtà incommensurabile, non soltanto in termini venali, ma di mitigazione del clima, di ossigenazione, di assorbimento di CO2, di vivibilità, di qualità della vita per i singoli cittadini e gli animali. In conclusione, con la scusa del rischio in Italia si sono fatti enormi disastri. “Questo progetto della giunta Campus grida vendetta” sono state le parole conclusive del lucido intervento del prof. Camarda.
Il geologo: nella valle non c’è alcun corso d’acqua
Il geologo prof. Giacomo Oggiano, dell’Università di Sassari, è intervenuto per sottolineare un fatto eclatante che getta un’ombra sinistra sull’impianto del progetto: il canalone dovrebbe rispondere ad una valutazione di rischio idrogeologico poiché la vallata è cartografata nel Pai come a rischio inondazione. In realtà, i parametri di riferimento sono del tutto inesistenti: non esiste infatti nel Fosso della noce alcun bacino idrografico, alcun fiume, alcun rivolo. La vallata viene trattata nel (vecchio, ndr) Pai e nel progetto come se fosse un fiume, ma in realtà non vi è e non vi è mai stato alcun corso d’acqua, perciò il rischio idrografico non è applicabile a questa realtà. Inoltre le leggi prevedono una quantificazione del rischio massimo a 50 anni, non esiste la descrizione di un rischio elevato a 500 anni, che è un’era inimmaginabile. Non c’è alcun pericolo, né a breve né a lungo termine, di inondazione. “Le portate sono fantasiose, questo rischio non esiste, tutto il progetto è assolutamente sovra-dimensionato, vi sono una miriade di soluzioni alternative tra le quali le trincee drenanti di ghiaia filtrante sotterranea”, ha affermato il geologo nel silenzio assorto della sala. Un’ultima cosa che desta meraviglia è come mai la Sovrintendenza ai beni paesaggistici non sia intervenuta in alcun modo nel procedimento, anche dopo che la battaglia ha avuto risonanza sui media.
Lo storico: Sassari, una vocazione distruttiva
Infine, il prof. Federico Francioni, studioso di storia della Sardegna, nel ringraziare le associazioni e i comitati che diffondono con le loro iniziative la consapevolezza del pericolo che incombe sulla città, ha richiamato la vocazione auto-distruttiva di Sassari. Questo progetto si presenta come uno sfregio, non solo ambientale e naturalistico, ma anche estetico e identitario.
Riguardo alla mancanza di memoria storica nella nostra comunità, egli ha richiamato il ruolo importante rivestito dagli intellettuali che non devono voltare la faccia dall’altra parte. Fu anche l’atteggiamento perlomeno ondivago di Enrico Costa, massimo storico della città, la mancata opposizione di Giovanni Spano – eminente archeologo, storico, linguista, senatore del Regno e rettore dell’Università di Cagliari – a permettere negli anni Settanta dell’Ottocento l’abbattimento del Castello aragonese. Giovanni Antonio Sanna, imprenditore minerario e banchiere, fu tra i pochi ad impegnarsi per evitare il danno.
Voluto in gran parte da famiglie preoccupate solo dello sviluppo edilizio e commerciale, fu una grave perdita dal punto di vista storico, architettonico, artistico e urbanistico; nel caso del canalone verrebbero cancellati inoltre ecosistemi, fonti di erogazione dell’ossigeno, di benessere fisico ed estetico. Il progetto del canalone, dunque, è ancora più grave dell’abbattimento del Castello.
Occorre, in definitiva, com’è emerso anche dal dibattito, svolgere un’azione capillare di informazione e sensibilizzazione per diffondere tra le persone una forte consapevolezza naturalistica e ambientale che sappia reagire con la giusta indignazione a questi brutali tentativi di distruzione dell’identità cittadina, già oggetto di speculazione e di miopia urbanistica.
By Anonimo, 28 luglio 2023 @ 09:55
Caro Nello, metti il dito sulla piaga.