LA “MARCIA SU MOSCA”: QUALE GIALLO, QUALE MISTERO?, di FEDERICO FRANCIONI
Non sembra un (tentativo di) colpo di Stato – Vietnam e Afghanistan non hanno insegnato nulla (o quasi) – Senza l’occupazione stabile con truppe di terra un paese non può dirsi conquistato – Che cosa ha capito il capo della Wagner – Dallo zarismo allo stalinismo – Le sorti della guerra russa sembrano compromesse – Avanti nella lotta per la pace.
La grancassa mediatica – dei giornaloni, delle televisioni e dei social – impegnata prevalentemente (certo, con le debite eccezioni) nella ricerca di effetti speciali e nello sforzo di ampliare l’audience, non risulta di notevole aiuto per decifrare ed analizzare con un minimo di razionalità quanto sta accadendo in Russia.
Non sembra un (tentativo di) colpo di Stato. Non sembra che l’iniziativa di Evgenij Prigozhin, capo della Wagner, si possa qualificare come golpe (o tentato tale). La Wagner, sappiamo, è un corpo di mercenari, composto da 25.000 o addirittura, secondo alcune fonti, da 50.000 soldati di varia provenienza; è utile sapere che, nel 1981, egli era stato condannato a 12 anni di carcere per rapina ed aggressione. La mossa di Prigozhin è stata indirizzata in primo luogo contro il ministro russo della Difesa Serghej Shoigu e contro il capo di Stato maggiore Valerij Gerasimov, accusati di aver attaccato ed eliminato – con elicotteri, razzi ed artiglieria – campi e militi della stessa Wagner in Ucraina. Quella che è stata definita come “Marcia su Mosca”, in effetti, prende l’avvio dalla quasi totale certezza, maturata da Prigozhin, che la guerra in Ucraina era, come minimo, inopportuna e che, in ogni caso, non potrà mai essere vinta dalla Russia.
Vietnam e Afghanistan non hanno insegnato nulla (o quasi). Il governo di Wladimir Putin, l’invasore, si è imbarcato nella così chiamata – da lui – “operazione militare speciale” che avrebbe dovuto condurre, nel giro di una settimana o poco più, all’occupazione del territorio ucraino, nonché al sorgere di un governo fantoccio o comunque saldamente subalterno a Mosca. Evidentemente, l’epocale sconfitta politico-militare subita dagli Stati Uniti in Vietnam, insieme alla ritirata delle truppe sovietiche dall’Afghanistan – dopo dieci anni di conflitto (1979-1989), carico di pesanti ripercussioni sul destino dell’Urss – non hanno insegnato proprio nulla a Putin. Il suo potere risulta ulteriormente incrinato dopo la sfida, chiamiamola così, lanciata da Prigozhin.
Senza l’occupazione stabile con truppe di terra un paese non può dirsi conquistato. Fin dai primi giorni trascorsi nel servizio militare – quando vigeva la coscrizione obbligatoria – apprendemmo il principio, peraltro elementare, che un paese può essere bombardato a tappeto, che alle popolazioni ed alle forze avversarie si possono infliggere inaudite sofferenze: tuttavia, non ci sarà mai vera e propria conquista se non tramite la salda occupazione delle truppe di terra responsabili dell’invasione. Senza risalire ai contesti storici vietnamita ed afghano, si può semplicemente ricordare che, dopo Guglielmo il Normanno, detto il Conquistatore, vincitore di Aroldo nella battaglia di Hastings (14 ottobre 1066), lo sbarco in Inghilterra rimase un sogno proibito sia per Napoleone, sia per Hitler (nonostante i massicci bombardamenti tedeschi su Londra di agosto-novembre 1940).
Che cosa ha capito il capo della Wagner. Prigozhin, in ritardo, ha semplicemente preso atto di questo fattore e, in più, ha capito che, per un organismo militare come la Wagner, sottoposta all’ostilità degli alti comandi russi, la guerra in Ucraina è ormai ben lungi dal costituire un affare economico.
La Wagner, controllata da una rete di società risalenti allo stesso Prigozhin, ha da tempo stipulato, nella ricerca di lauti profitti, contratti assai vantaggiosi con alcuni governi – dalla Siria di Assad alla Libia, dalla Repubblica Centrafricana al Mali – non in grado di effettuare arruolamenti fra le popolazioni. La Wagner si è assicurata in cambio i vantaggi derivanti dallo sfruttamento di cospicue risorse minerarie del Continente africano: si tratta di una nuova tappa del colonialismo. Nel 2021 l’Unione europea ha accusato il corpo mercenario di gravissime violazioni dei diritti umani, consistenti in massacri ed esecuzioni sommarie. Il governo russo, pagatore della Wagner, si è ben guardato dall’ordinare indagini in proposito.
Dallo zarismo allo stalinismo. Se di mistero si può parlare, ciò riguarda il presente ed il futuro di Prigozhin che potrà essere, forse, eliminato col metodo degli avvelenamenti, ben noto all’establishment russo. Si può inoltre fare ricorso a determinati momenti di storia: lo zar Pietro III, marito di Caterina II, fu assassinato nel 1762 da uno dei fratelli Orlov, favoriti della futura zarina; lo zar Paolo I venne fatto uccidere nel 1801 dal figlio che salì al trono col nome di Alessandro I. Si arriva così ai crimini di Stalin per trovare tanti altri casi eloquenti di eliminazione fisica dell’avversario: lo dimostra, fra l’altro, la tragica fine di Sergeij Kirov, segretario del Partito di Leningrado e membro del Politburo. Oligarchi e tycoon finiti nel mirino del governo attuale di Mosca, che non hanno fatto in tempo a scappare, sono stati quasi sicuramente “suicidati”.
Le sorti della guerra russa sembrano compromesse. Ciò che preme qui sottolineare è che, senza la Wagner, i cui soldati potrebbero essere parzialmente assorbiti da formazioni regolari, le sorti dell’impresa di Putin in Ucraina appaiono seriamente compromesse. Come se non bastasse tutto ciò, il reclutamento di soldati si sta facendo sempre più difficile: dagli Stati Uniti – dove i giovani sono in percentuali inquietanti afflitti da obesità, disagio psichico e inadeguatezza fisica per il servizio – alla Russia, dove si fa appello e ricorso ai detenuti per l’arruolamento più o meno regolare. Per non parlare del numero ragguardevole di giovani che hanno lasciato il paese onde evitare la chiamata alle armi. In Italia fattori fra loro non sempre equiparabili, come l’abolizione del servizio obbligatorio di leva (decisa dall’alto), le lotte del Movimento dei soldati democratici (negli anni Settanta), la sindacalizzazione della polizia e dell’esercito hanno aperto una nuova pagina di storia.
Avanti nella lotta per la pace. Speriamo che questi fattori, insieme ad altri, rappresentino un ostacolo sempre più serio per oligarchi, guerrafondai e gangster che ricoprono cariche del potere economico-finanziario e politico-istituzionale non solo nell’impero russo. Anche a partire da queste premesse dobbiamo impegnarci nella lotta inflessibile per la pace: il movimento internazionale sta crescendo in modo incoraggiante. Come ha più volte ribadito Papa Francesco, unico, vero, grande leader spirituale mondiale, la solidarietà alla “martoriata Ucraina” – e, si deve aggiungere, il pieno riconoscimento al diritto di autodeterminazione dei popoli – non può essere disgiunta dalla ricerca di una soluzione che fermi finalmente gli orrori della guerra: dal martirio delle popolazioni agli sconci profitti di industrie e mercanti d’armi.