Autonomia differenziata: opportunità per la Sardegna o ennesima cialtronata italiana?, di Benedetto Sechi
Proseguono gli interventi introdotti dall’intervista al Presidente Soddu e proseguita nel nostro DOSSIER. Benedetto Sechi (nella foto) ritorna sui tema dei veri interessi dei Sardi:
“La Sardegna potrebbe, con una classe dirigente/politica consapevole ed all’altezza, giocare un ruolo importante, per se stessa e per l’intero Meridione.
Insomma sono maturi i tempi per una vera riforma dello Stato in senso federale”.
Ormai da decenni assistiamo ai tentativi di riformare lo Stato Italiano, ad opera di improvvisati riformisti, che intraprendono queste tortuose strade più per consolidare il proprio potere e consenso elettorale che per varare autentiche riforme, che accrescano la partecipazione dei cittadini, li rendano protagonisti, in poche parole restituiscano spazi di democrazia che via, via va assottigliandosi e che si manifesta con la disaffezione ai processi elettorali.
In questo quadro fosco persino la secessione, di bossiana memoria, appare comunque come un percorso più nitido.
La secessione leghista, diceva chiaramente: noi siamo il Nord ricco, il resto delle regioni italiane sono un peso al nostro sviluppo, arrangiatevi!
Il berlusconismo ha, nel tempo, portato i leghisti e la destra post – fascista al governo e così si sono intraprese altre strade, più subdole, ma non per questo meno dannose, per l’accrescimento delle diseguaglianze e perciò per contribuire a concentrare le ricchezze in aree ben delimitate del paese.
La cosiddetta Autonomia Differenziata persegue, con metodi diversi, oggi diremo più soft, quanto predicato dalla Lega Nord, fin dalla sua nascita.
Ma sta proprio in quell’aggettivo “Differenziata” il punto. Perché differenziare? Quali saranno le differenze tra le regioni ricche e le altre? Cosa farà la differenza?
La risposta di un esperto in leggi “porcate”, come il senatore Calderoli consiste nel mettere a disposizione non meglio precisati fondi di perequazione, che stiano dentro le compatibilità del bilancio delle stato italiano.
Insomma, daremo ai cittadini che risiedono nelle regioni svantaggiate quel che si potrà. In sostanza lo Stato stabilirà i livelli minimi dei servizi (in quel minimi c’è la condanna dei cittadini alla rassegnazione) e del welfare. La questione finisce qui.
Ma la Sardegna allora? La nostra specialità? L’identità culturale? I propositi di autogoverno? Che cosa hanno a che fare con l’Autonomia Differenziata, tanto cara all’attuale quadro politico nazionale e regionale? Ma va ricordato che fu lo stesso governo Gentiloni a dare il benestare a questa nuova stagione di riforme.
La Sardegna potrebbe, se avesse una classe dirigente/politica consapevole ed all’altezza, giocare un ruolo importante, per se stessa e per l’intero Meridione.
Insomma sono maturi i tempi per una vera riforma dello Stato in senso federale.
Uno Stato moderno, che affronti i temi della devoluzione delle competenze, senza infingimenti e trucchi.
Che lasci agli Stati federati le politiche per la gestione delle loro risorse, in poche parole responsabilizzando le classi dirigenti, locali, lasciando che siano i processi di autogoverno a creare sviluppo e prospettive.
Ciò significa, per i Sardi, poter decidere in tema di energia, di gestione delle infrastrutture portuali, dello sviluppo della economia del mare. Ma soprattutto di poter attivare con l’Europa, un rapporto diretto, per l’accesso ai fondi strutturali, magari costituendo una “Macroregione” delle isole del Mediterraneo.
Mi rendo conto che questo è un percorso molto difficile, sia per l’ottusità dei partiti politici, che oggi con l’elezione diretta del “sindaco d’Italia” intendono concentrare il potere in una sola persona, con buona pace per il parlamentarismo e, conseguentemente, per la figura di garanzia del Presidente della Repubblica, che conterebbe meno di quanto conti il re d’Inghilterra. Ma tuttavia è questa la strada da intraprendere.
Certo, le condizioni socio-economiche della “Comunità Sarda” rendono oggi questo percorso ancora più difficile. La forbice del reddito pro-capite evidenzia una enorme sperequazione tra chi vive in aree urbane e chi risiede nei piccoli comuni. Lo spopolamento della Sardegna, che si concretizza nella polarizzazione demografica, verso Cagliari ed Olbia, il crescente peggioramento dei livelli di assistenza sanitaria, della scuola, dei trasporti, verso il Continente, ma anche e soprattutto interni, ci consegna un livello di attenzione per i temi delle riforme ovviamente molto basso. E qui hanno gioco facile i tromboni nazional-popolari, che si affacceranno nei prossimi mesi di vigilia elettorale a raccattare voti.
Benedetto Sechi
By Mario Pudhu, 24 maggio 2023 @ 10:33
A parte su chi tiat èssere custa “Federazione” tra leones italianos e batulinos sardignolos, za istamus friscos sos Sardos si ispetamus su federalismu de un’Istadu italianu, chiesisiat chi lu guvernet, a totu fortza ispintu a cúrrere a cadhu de punta a trivas de pare cun àteros prus mannos, sempre a servìtziu de sos cadhos e leones mannos de s’economia mundiale!