E se i monumenti nuragici fossero i veri precursori dell’Einstein Telescope? di Paolo Littarru
Pubblichiamo l’intervento che l’Ingegnere per l’ambiente e il territorio ha consegnato al giornale cagliaritano.
Leggo della magnifica opportunità di installare a Lula l’Einstein Telescope e accanto alle condizioni ambientali ottimali di cui si parla, ritengo indispensabile evidenziare un aspetto per così dire simbolico, sfuggito ai più, per il quale il rilevatore di onde gravitazionali di terza generazione troverebbe la sua collocazione ideale nell’Isola.
La Sardegna, infatti, accanto all’Egitto e alla Mesopotamia, costituisce indubitabilmente una delle culle dell’astronomia fin dalla preistoria.
Una mole trentennale di studi che campeggiano sulle principali riviste scientifiche mondiali, condotti dai massimi scienziati del settore, raccontano infatti come in Sardegna si praticasse l’osservazione astronomica da diversi millenni prima di Cristo, con funzioni magico-rituali-simboliche.
Il tema è approdato ormai da decenni su riviste come il Journal for the History of the astronomy e addirittura su monumentali trattati come l’Handbook of archaeoastronomy and ethoastronomy (Springer, New York, 2014), vera e propria Bibbia della materia.
Gli studi pubblicati sull’argomento dimostrano tra l’altro, come i nuraghes congelino un pensiero astronomico in almeno tre sensi: la loro disposizione sul territorio; l’orientamento degli ingressi; l’orientamento delle tangenti alle torri periferiche dei nuraghi complessi.
Alcuni nuraghi, come il Losa e il Santu Antine, non risultano solo e semplicemente astronomicamente orientati, ma addirittura astronomicamente concepiti. La loro stessa forma triangolare è cioè figlia e può dirsi piegata a esigenze astronomiche. Il moto del sole spiega e disvela la forma di questi straordinari e magnifici monumenti antichi. La forma e la struttura del Santu Antine e la sua evidente concezione astronomica hanno portato il grande storico della scienza di Cambridge, Michael Hoskin, a definirlo come “la più sofisticata costruzione in pietra a secco sulla superficie della terra”. Queste ed altre osservazioni astronomiche sono scolpite indelebilmente a futura memoria nella pietra delle domus de janas, dei nuraghes, dei pozzi sacri e dei templi a megaron. I capolavori monumentali dell’architettura nuragica come il Santu Antine di Torralba con la sua chiarissima concezione astronomica che lo ha fatto definire “icona del cosmo” e il pozzo di Santa Cristina di Paulilatino, con la sua evidente geometria lunare, costituiscono l’apice del pensiero astronomico che pervade la nostra Isola e la costella di epifanie astronomiche di indicibile bellezza. Gli antichi costruttori dei templi a megaron sardi hanno “inseguito” il magnifico asterismo del Centauro – Croce del Sud, verso cui erano rivolti gli ingressi di larga parte dei nuraghes mentre la costellazione scompariva sotto l’orizzonte attorno al 1.000 a.C. per il fenomeno noto come “precessione degli equinozi”.
Tutta la Sardegna antica e i suoi monumenti ci parla del cielo e del cosmo e può senz’altro dirsi che qui si sia praticata l’astronomia ante litteram. Il fisico e divulgatore scientifico Carlo Rovelli definisce poeticamente la Relatività Generale di Einstein come “La più bella delle teorie” e questa definizione penso si possa applicare anche all’archeoastronomia nello studio e nell’interpretazione delle antichità sarde. Come osserva l’epistemologo Silvano Tagliagambe l’astronomia costituisce proprio “la chiave interpretativa imprescindibile per comprendere il significato e la funzione della costruzione dei nuraghes in Sardegna”. Ecco perché mi piace pensare che Einstein, se avesse avuto contezza di questi studi, ne avrebbe compreso il valore enorme, avrebbe apprezzato le meraviglie che, come in uno scrigno, sono racchiuse nelle antichità sarde ed avrebbe approvato l’installazione in Sardegna del rivelatore di onde gravitazionali che porta il suo nome. Qui si sono inseguite le stelle fin dall’antichità preistorica e qui sarebbe magnifico inseguirle nel futuro. Quale viatico migliore per l’astronomia (sarebbe meglio dire l’astrofisica) del futuro?