La Sardegna, la lingua e la storia di Maurizio Congiu


Maurizio Congiu insegna filosofia. La sua attività di ricerca riguarda principalmente i rapporti fra scienza e filosofia. Ha scritto Scienza e filosofia nella meccanica quantistica nel 2010, e Sentidus. Poesia e filosofia nel 2011. E’ collaboratore della rivista di filosofia della scienza Epistemologia nella quale ha pubblicato diversi saggi sul pensiero di Antonio Gramsci.

Ha scritto von Humboldt a proposito della differenza fra le parole di lingue diverse: << … si può senz’altro affermare che in ciascuna [ parola] è insito alcunché, non distinguibile a sua volta con parole, e che, quantunque designino nel complesso gli stessi concetti, nondimeno le parole appartenenti a più lingue non sono mai veri e propri sinonimi. Una definizione, a rigor di termini, non le può comprendere e spesso è possibile solo, per così dire, indicare il posto che esse occupano nel campo di cui fanno parte >> ( La diversità delle lingue,1836). Secondo il filosofo tedesco la lingua struttura l’esperienza, la realtà e la vita in una vera e propria Weltanschauung. Nel nostro caso, la lingua sarda, nelle sue varianti , dell’isola di Sardegna pone gli stessi problemi posti dalla lingua Kawi dell’isola di Java studiata da von Humboldt. Cosa vuol dire, per esempio, tradurre dal sardo all’italiano ? La Sardegna ha avuto un rapporto complicato con la storia. Il protosardo, o sardo nuragico, fu spazzato via dall’occupazione romana e quindi sostituito dal latino che ancora oggi costituisce il substrato della lingua sarda; quindi, in epoca giudicale, si fece sentire una prima influenza italiana attraverso la presenza nell’Isola dei pisani e dei genovesi, dopodiché arrivarono aragonesi e spagnoli ed infine, dal 1720, con la cessione del Regno di Sardegna ai Savoia e l’arrivo dei piemontesi la Sardegna rientra nella sfera d’influenza italiana. Sta di fatto che il sardo, tranne che nel periodo giudicale (si veda la Carta de Logu, la “costituzione” del Giudicato d’Arborea, 1392 circa), non fu mai la lingua ufficiale dei sardi, costretti ad utilizzare sempre quella delle potenze di volta in volta dominanti. L’italiano, anche se oggi non sembra tanto ovvio, non fa eccezione. E’ una lingua imposta. Il che apre una dialettica mai risolta in Sardegna, nazione senza essere Stato o non essere più Stato, diciamo dal 1861. La questione della lingua, quindi, si intreccia con la politica e la storia oltre che con la letteratura, attraversando l’intera storia sarda. La storia della letteratura in Sardegna oscilla drammaticamente fra questi due estremi: l’integrazione nella cultura dominante o il rifiuto della stessa, con infinite sfumature intermedie. La lingua sarda è una lingua, comunque, allora come oggi, sempre parlata dalle classi popolari e subalterne. Sentidu, termine di origine spagnola, può esser tradotto con senso, oppure con sentimento, a seconda del contesto in cui si trova. Si può interpretare come una ricerca sul senso delle cose oppure dell’esser sardi e del sentimento che lo esprime. La storia non è immobile ed anche se i nazionalismi, come dimostrano sia la prima che la seconda guerra mondiale, hanno generato mostri, ciò non significa che l’idea di nazione  ( più in particolare di nazione sarda) in un mondo globalizzato e tendente alla omogeneizzazione, e quindi all’omologazione, privo di identità forti, non si possa esprimere politicamente, nella forma di una repubblica democratica  ( socialista !) sarda. In un quadro federalista europeo serio ( non isolazionista e provinciale, ma internazionalista), l’idea di una repubblica sarda non mi sembra affatto peregrina ( naturalmente occorre valutarne seriamente la sostenibilità politico-economica !). Lo sarebbe soltanto per chi, volontariamente o involontariamente, rimuove la storia della Sardegna, oppure si appella ad un sardismo più che altro folkloristico o retorico, capace soltanto di rivendicare, come quasi sempre le classi dirigenti sarde hanno fatto, l’autonomia della Sardegna, non andando oltre, da ultimo, il regionalismo. Il problema, allora, non è quello di ripetere, come ricordava Gramsci, << al mare i continentali >>, ma cosa vogliamo noi Sardi per la Sardegna. Esiste un progetto non velleitario per la Sardegna?

 

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