La cupa fotografia del 2023, di Alfredo Franchini
«L’Italia può crescere se diminuisce il divario Nord-Sud e se si rivoluzionano le politiche del mare». Il messaggio arriva dalla Svimez, l’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno, che ha presentato il suo Rapporto annuale: una fotografia cupa che tratteggia per il 2023 lo spettro della recessione delle regioni meridionali.
Adriano Giannola, presidente della Svimez, teme il peggio: «Il rischio è che il Pnrr si risolva come la manutenzione straordinaria di un motore fuso e quel motore è l’Italia che ignora le sue potenzialità e non ragiona in modo nuovo».
L’economia del mare – secondo Giannola – nonostante l’istituzione di un apposito ministero, è un esempio di poca chiarezza:
«C’è l’urgenza da tutti ignorata di sostituire il trasporto su gomma con quello via mare anche per evidenti ragioni di risparmio di energia e di transizione ambientale. Dare i soldi alle Zes va bene ma a che serve se manca una strategia?».
La Questione meridionale è più viva che mai; ad ogni Rapporto della Svimez – e siamo alla quarantottesima edizione – il divario non solo non diminuisce ma si acuisce. Non è che il Nord stia benissimo ma le previsioni dicono che l’anno prossimo la recessione riguarderà solo le regioni del Sud e che su una stima di 750mila nuovi poveri mezzo milione abitano nel Mezzogiorno.
«Eppure alla luce degli ultimi eventi, la guerra e la crisi energetica, l’Europa crede in nuovo ruolo del Mediterraneo», afferma Giannola, «è in atto la transizione dalla Mitteleuropa all’Euromediterraneo. Noi dobbiamo decidere se esserne protagonisti o andare al rimorchio degli altri».
La tesi della Svimez è che i porti di Sardegna, Sicilia, Calabria, Puglia e Campania siano strategici molto più di quelli di Trieste e Genova:
«Non sono porti di passaggio ma luoghi di scambio e di rapporti. Del resto il Rinascimento da dove ebbe origine?», chiede Adriano Giannola. «Nacque dal mare, da una tradizione di cultura che dobbiamo recuperare. Il fascino della Mitteleuropa è al tramonto anche perché più a Est di così non si può andare».
Per la Svimez, se l’Europa ha dato all’Italia 209 miliardi e si è convinta della necessità di contrarre debito pubblico, è perché il Mare nostrum ha un ruolo decisivo nell’economia del continente. Siamo l’unico Paese europeo, ad eccezione della Grecia, che non sta recuperando i livelli del Pil persi nella crisi del 2007; la Germania è oltre il 15%, la Francia è al 10% e la Spagna a più sette. Anche il Nord sta scendendo nelle classifiche per produttività. Lombardia e Emilia hanno perso trenta posizioni, Marche e Umbria diventano Mezzogiorno e rientrano nelle politiche di coesione dove potrebbe precipitare persino la Toscana.
«La prima esigenza è di mettere a correre quei venti milioni di persone che sono state bloccate al Sud per vent’anni nelle politiche di coesione col risultato di azzerare le politiche nazionali a vantaggio della gestione di risorse irrisorie rispetto ai divari crescenti», afferma Giannola.
La questione meridionale è anche una questione femminile: nell’Ue il tasso di occupazione delle donne è pari al 65%, nel Mezzogiorno è il 34 per cento. Una grande ingiustizia non solo economica ma sociale, che spiega buona parte dei divari Nord-Sud. I ritardi si accumulano «Per crescere occorre una pianificazione e un regista che la porti avanti», conclude il presidente della Svimez, «la priorità non è l’Autonomia differenziata. Spostare i trasporti dalla gomma al mare crea un’economia di scala enorme e possiamo dare ai porti italiani il ruolo che oggi, nella globalizzazione, ha il porto di Rotterdam. Mi meraviglio che né il ministro della Transizione, né quello della Mobilità abbiano dato una valenza strategica a questa azione. Anzi se glielo chiedete vi diranno: non è un argomento da affrontare col Pnrr, ne parliamo tra due anni».
L’Unione Sarda, 6 dicembre 2022