Un uomo che sapeva battersi: Ignazio Delogu, di Mattia Lasio
Una voce calda e penetrante, che sembra quasi avvolgere il mare agitato e struggente di Cala Viola. Due elementi diversi ma complementari con cui si apre “Ignazio. Storia di lotta, d’amore e di lavoro” il nuovo docufilm del regista Marco Antonio Pani incentrato sulla figura di Ignazio Delogu, tra gli intellettuali sardi più brillanti del Novecento.
Un viaggio alla scoperta di quella che fu una delle menti di più elevato profilo del dopoguerra, esperto ispanista, raffinato poeta, cronista e docente universitario, ma anche padre presente e affettuoso, in un’ora e venti di proiezione visibile oggi alle 21 nel centro polifunzionale di piazza Si’e Boi a Selargius in occasione del Festival Anderas.
Pani, come nasce l’idea del docufilm su Ignazio Delogu? «Nasce dalla volontà di chi gli ha voluto bene e di chi ha avuto accanto, come ad esempio la compagna degli ultimi vent’anni Veronica Torres e l’ex sindaco di Carbonia Antonangelo Casula, di celebrare la memoria di una personalità versatile sempre pronta a mettersi in gioco».
Quando ha cominciato a lavorarci? «All’inizio del 2020. Molte interviste si sono svolte da remoto durante il primo lockdown. Gli ultimi ritocchi, legati al suono, sono stati effettuati i primi di novembre. Accanto a me ho avuto figure preparate e fondamentali come Stefania Lai, che ha realizzato i disegni e le animazioni, Andrea Deidda che si è occupato delle ricerche archivio, senza dimenticare le musiche originali di Luigi Frassetto e le riprese di Bruno Cattari».
Cosa caratterizzava Ignazio Delogu?
«La sua grande sete di sapere e la sua trasversalità che gli hanno permesso di portare avanti molteplici iniziative. Ad esempio, insieme a Pablo Neruda e Rafael Alberti fondò un’associazione per convincere Pablo Picasso a riportare “Guernica” in Spagna».
Delogu fu tra gli esponenti di maggior rilievo del PCI. Cosa significava per lui il comunismo?
«Il papà di Ignazio era antifascista, questo fu fondamentale nella sua formazione. Per lui essere comunista voleva dire giustizia per gli ultimi e dare voce a chi non ne aveva».
Lotta, amore e lavoro sono i tre termini presenti nel titolo del docufilm. Quale di questi lo rispecchia maggiormente?
«Sicuramente l’amore perché è proprio l’amore che ha animato il suo lavoro e che lo ha spinto a lottare per gli altri».
Il ritorno della democrazia in Cile, l’attenzione verso gli emigrati sardi, la valorizzazione della lingua sarda. Sono state tante le battaglie portate avanti da Delogu.
«Già, proprio quella legata alla lingua per Delogu era essenziale: era profondamente sardo e in sardo parlava con il padre e le zie. La Sardegna era nel suo dna, sapeva coglierne l’identità più autentica».
Quanto ha influenzato la campagna nella produzione poetica di Delogu?
«Tanto, era un rapporto intenso. All’inizio del docufilm lui stesso dice che i suoi primi versi sono stati “scritti tra le stelle”».
Usini, Sassari, Carbonia. Sono i tre luoghi dell’anima di Delogu.
«Sì, ognuno gli ha trasmesso qualcosa e ad ognuno ha lasciato un ricordo speciale».
Su Carbonia ha scritto anche un libro.
«Delogu fu portato all’inaugurazione di Carbonia da suo zio quando era giovanissimo e ne rimase affascinato. Carbonia, poi, fu per lui il fulcro della sua ideologia politica, la patria dei minatori e delle lotte sindacali».
Pablo Neruda, García Márquez, Rafael Alberti, Salvador Allende. Quale incontro ha influito di più su Delogu?
«Difficile dirlo, ognuno di questi è stato importante. Con Rafael Alberti, poi, era legato anche da una grande amicizia».
Cosa l’ha colpita maggiormente di Ignazio Delogu?
«Era un intellettuale militante, testimone di una cultura civile pronta a battersi per la collettività».
L’UNIONE SARDA, 17 NOVEMBRE 2022