S’Istrumpa: a gherrare in bonas o in malas, di Tonino Bussu
S’Istrumpa, è la nota antica lotta sarda che ha rivisto la sua rinascita a Ollolai a metà degli anni ’80 del secolo scorso e che si caratterizza come non violenta, quando viene praticata in bonas, con le buone, ma che può diventare violenta si lia furriant in malas, se la trasformano, convertono in malo modo, con le cattive.
Se si lottava in malas allora si mettevano al bando le regole e la contesa consisteva in un misto tra s’istrumpa e la lotta libera tra persone in contrasto tra loro e che minacciavano vendetta, dopo che avevano avuto già qualche scontro, qualche screzio o per cui l’ostilità era manifesta, non si podiant bìere, non si potevano vedere.
Tantu ti seco s’anca! Tanto ti spezzerò una gamba! – lo intimidiva l’uno ed era il massimo perché la lotta arrivava ad infortunare l’avversario, o meglio, il nemico.
Se si incontravano questi due si avvinghiavano in malo modo, si strattonavano e lottavano con astio, apostrofandosi vicendevolmente in modo da rendere lo scontro ancor più violento e offensivo. Oltre che strattonarsi, si picabant a su collette o a sa janchetta, al bavero della giacca, e a volte uno tentava de frabicare a su muru s’àteru, di sbattere al muro il rivale e, stringendo i denti con rabbia, la minaccia più frequente era: T’intolo! Te le suono di santa ragione! Oppure: Ti pisto! Ti pesto! O: Ti sorvo! Ti riduco in polvere! O: Ti ghetto su pede! Ti dao un’abbassada de pede! Ti sbatto a terra e ti schiaccio col piede.
Gli sfidanti, sos gherradores, usavano modi e maniere che nella lotta in bonas erano proibite come per esempio ghettare s’ossu, cioè atterrare l’avversario con la pressione della nocca del pollice sulla spina dorsale; o ghettare s’ossu cun sa barba, atterrare l’altro premendolo con l’osso del mento, sa barba, sulla clavicola.
Nella lotta a s’istrumpa in bonas, ghettare s’ossu, schiacciare l’osso con le nocche o il mento, era un’arma sleale, vietata, come del resto anche ricorrere allo sgambetto, ghettare s’anca.
Ti mazo sa conca! Ti sbatto la testa! Ripeteva uno per intimorire l’avversario e, a quel punto, la lotta era non solo violenta, ma cruenta e addirittura si poteva arrivare alla morte di uno sfidante.
Ti mathulo a su muru! Ti sfracello sbattendoti al muro! Ti ch’imbolo in d-unu tremene! Ti scaravento in un burrone! T’imbolo unu trampunzu! Ti lancio un siluro! Che potava essere un sasso o un pezzo di legno trovato per strada, ecc.
Se uno provoca, l’altro inizialmente lo lascia perdere e, al massimo, lo scoraggia minacciandolo e dicendoli: Si ti ghetto poddighes, mi connosches! Se ti afferro mi conoscerai bene! Oppure: Si t’abbranco, ti mathulo a terra! Se ti prendo ti scaravento a terra!
S’istrumpa invece è una lotta quasi cavallerasca tra persone leali per dimostrare abilità, forza e astuzia.
Abile significa aquila, e una persona abile è acuta, è forte, è proprio un’aquila che attanaglia con gli artigli la sua preda e non la molla più, non molla la presa, come del resto fa su gherradore a s’istrumpa che afferra l’avversario ai polsi, a sos bussos, o a su chinthu, alla vita, o a sa trintza, alla cintura e non lo molla più.
La bravura nella presa si capisce già dalla stretta di mano nel salutare : si intuisce subito che è forte, di polso.
Un buon gherradore, oltre che abile e forte, deve essere trassau, furbo e astuto come una volpe, est unu marzane, nde juchet trassa, anzi, nde juchet una trassa, nde juchet una intragna, ne ha ingegnosità, di astuzie!
E sa trassa è importante quanto l’abilità e la forza perché è un misto di furbizia, astuzia e finezza nel cogliere l’attimo per mettere spalle a terra l’avversario.
Se però uno sgarra appena, lo si invita a ritornare nei binari, a torrare in surcu o a torrare in trassa perché, se la furbizia, l’astuzia scantona nell’imbroglio, la persona non è più definita trassau, ma trasseri o tramposu, imbroglione, malintragnau, perché at trampau, per cui il detto anche in italiano che la volpe perde il pelo, ma non il vizio, corrisponde al detto sardo: matzone perdet su pilu, ma non sas intragnas!
Dunque unu bonu gherradore, un buon lottatore deve essere aquila e volpe, abile e marzane, deve coniugare l’abilità e la forza con la furbizia e astuzia volpina, con sa trassa.
S’istrumpa serviva, quindi, per misurare la forza di una persona il termine di paragone era il toro e perciò si diceva anche: Lampu, ma est forte mih, paret unu travu, paret! O puru: A su Tale ja lios ant provaos sos trantzilleris! Accipicchia, al Tale gliele hanno provate veramente le forze eh!
Oppure: Lampiau siat! Est de trintza su Tale mih!? Accipicchia, il Tale è resistente eh?
Trantzilleris sono i legacci che tengono sicura la sella e trintza è la cintola.
Ci sono sempre state persone abiles e matzones e ancora oggi le incontri tutti i giorni e, quando meno te l’aspetti, qualche trassau si trasforma in trasseri e, se non sei vigile e attento, ti ghettat s’anca o ti ponet s’ossu. Questi stessi modi di dire avevano e hanno significati metaforici reali molto diffusi e comuni.
E infatti queste espressioni trassa e trasseri vengono usate per descrivere il carattere o il comportamento di certe persone o per indicarne la loro lealtà, trasparenza, onestà e amicizia oppure il contrario.
Il linguaggio de s’istrumpa è molto più radicato di quel che si pensi in Barbagia; infatti la vita, l’esistenza stessa è considerata una lotta, est una gherra, tanto è vero che di un individuo che ha faticato molto, che ha superato ostacoli e fatto sacrifici, si dice: ja l’at gherrada, ja! Ha lottato molto per vivere! E per una persona che affronta grandi prove e compie grossi sacrifici per realizzare un’opera si dice: l’est gherrande a man’a chinthu! La sta lottando come per s’istrumpa!
E per dire che la lotta non è poi così dura, si dice: Bah, no est mancu a la gherrare a s’istrumpa, no! Perché s’istrumpa richiede proprio il massimo dello sforzo.
Questi sono alcuni dei tanti esempi che dimostrano quanto fosse radicata s’istrumpa nella cultura delle nostre popolazioni e quanto questa lotta fosse importante non solo dal punto di vista sportivo, ma anche antropologico e sociologico, oltre che linguistico.
Pertanto il recupero di s’Istrumpa e del contesto in cui veniva praticata e delle espressioni popolari ad essa legate sono una parte importante della nostra identità che merita di essere salvaguardata e approfondita.
Il termine gherrare nella nostra lingua ha molti significati, sia letterali che metaforici. La vita stessa è considerata una gherra, che duncas cheret gherrada.
Tonino Bussu