Il tesoro custodito nei nostri archivi, di Giovanni Follesa

Si è aperta qualche giorna fa con una novità la seconda stagione dei “Dialoghi di archeologia, architettura, arte e paesaggio”: la sede degli incontri si sposta nella sala conferenze dell’ex regio museo in piazza Indipendenza a Cagliari. E qui si starà per altre due settimane prima di rientrare nella casa di sempre, la basilica di San Saturnino. “Il ruolo delle fonti archivistiche nella ricostruzione storica” è il tema che ha trattato la relatrice, Marinella Ferrai Cocco Ortu, archivista e già direttrice dell’Archivio di Stato di Cagliari. L’idea I “Dialoghi” hanno la curatela di Francesco Muscolino e Maria Antonietta Mongiu, che ribadisce la funzione culturale e formativa degli appuntamenti del giovedì: «Il museo Archeologico di Cagliari è un ente autonomo per legge, con un ruolo di animatore culturale. E non ha niente a che vedere con la Sovrintendenza, che si occupa di tutela. Come Museo ci occupiamo di fare informazione, educazione, valorizzazioni». Su questo solco netto si inseriscono i “Dialoghi del giovedì”. Cosa sia un archivio lo spiega Marinella Ferrai Cocco Ortu: «È un luogo di cultura, deputato alla conservazione della memoria storica dell’umanità, vale a dire le fonti. Ma sono anche un presidio di democrazia, gli archivi, perché conservano le fonti nella loro autenticità». Va sottolineato che l’accesso agli archivi è sempre libero e gratuito.«In quello di Cagliari», sottolinea ancora la relatrice, «si custodisce la sedimentazione della documentazione delle istituzioni che hanno governato nel tempo la Sardegna. Un vero e proprio patrimonio: documenti della prefettura, fascicoli processuali, carte del catasto, atti notarili, fondi giudiziari. Soltanto il materiale della Reale udienza è ben 750 metri lineari». L’antico archivio regio del capoluogo nasce con una carta reale di Alfonso nel 1327 circa. E dal periodo aragonese-spagnolo si passa a quello sabaudo e poi al regno d’Italia, sino al contemporaneo: «Ogni ricerca può essere soddisfatta». Uno scrigno, insomma, che aspetta di essere aperto. «Tra i valori ereditati dal mondo antico, specie dal vicino Oriente e dalla prima cultura urbana, primeggia la conservazione, in luoghi dedicati, della memoria della comunità. Documentata già con i Sumeri», spiega la curatrice Maria Antonietta Mongiu, «di fatto l’archiviazione è pratica imprescindibile dell’evoluzione umana. Nel tempo cambiano i supporti ma non la necessità di formalizzare memoria che, tra le altre cose, contiene i conflitti tra popoli e persone perché negli archivi si documentano confini e assetti proprietari». Aspetto interessante e da approfondire coinvolge la componente cartografica e le mappe. «La prima rilevazione trigonometrica dell’isola», dice ancora Marinella Ferrai Cocco Ortu, «è in archivio, digitalizzata insieme ad altre dodicimila mappe del Real corpo di stato maggiore generale. Tutti gli studi del territorio si basano proprio su queste tavole».Cartografia storica disponibile per la consultazione anche sul sito dell’Archivio di Stato grazie a un progetto portato avanti proprio dall’ex direttrice.

L’unione 13 ottobre

 

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