Tra turismo e Sardegna … , di Salvatore Cubeddu

Editoriale della domenica, della Fondazione Sardinia.

Non c’è che da essere soddisfatti della generale ‘soddisfazione’ per i risultati del turismo in Sardegna.

Nel 2022, tra aeroporti e porti, sono già stati superati i 6 milioni di arrivi dall’inizio dell’anno, dei quali 4,5 milioni tra giugno e settembre. Secondo i dati forniti dall’Autorità di sistema portuale del mare di Sardegna, nel mese di settembre nei porti sardi si sono registrati 275.196 arrivi (Olbia 173.211; Porto Torres 67.560; Golfo Aranci 24.967; Cagliari 9.458), in crescita rispetto al 2021 (+16,8%), ma anche al 2019 (+6,97%). Dal 1 giugno al 20 settembre sono arrivati complessivamente quasi 1,9 milioni di passeggeri. Dall’inizio dell’anno sono 2,3 milioni. A settembre, nei tre aeroporti isolani sono arrivati oltre 540mila passeggeri, tra voli di linea e non, con un incremento del 30% rispetto al 2021 e dell’8% in confronto al 2019. Da giugno sono oltre 2,6 milioni gli arrivi, mentre dall’inizio dell’anno circa 3,8 milioni L’Unione Sarda dai dati dell’Assessorato Regionale al turismo.

 

Del contesto in cui si registra l’arrivo di questa notevole massa di visitatori occorre sottolineare quella (irripetibile?) della forte riduzione della pandemia -  fenomeno che ha spinto tanta gente a partire nella direzione delle terre europee che prospettano nel Mediterraneo – ma pure il dato negativo delle incertezze e dei costi dei trasporti. Ciononostante l’appeal della Sardegna si è confermato straordinario. Senza di esso non potremmo parlare di successo del turismo in Sardegna.

Ma il discorso va proseguito: ‘il turismo in Sardegna’ coincide con gli interessi dei Sardi che vi risiedono, tanto da potersi parlare di ‘turismo sardo’?

Spieghiamo la distinzione comparando quello turistico ad un altro settore dell’economia, quello dell’industria, la cui crisi profondissima ha portato quasi a nuovo  mito le presenti considerazioni che accompagnano il tema in esame. Anche l’industria aveva in Sardegna una sua fonte locale (come il mare e le spiagge del turismo estivo): il sale e le miniere. Il sole con il mare salato si sono accompagnati con le materie prime che hanno portato al bronzo e al ferro, quindi alla blenda e alla galena che hanno arricchito romani e pisani – e quindi chi da noi è venuto dopo di loro, fino a tutti gli anni sessanta dello scorso secolo – del piombo e dello zinco, ma pure dell’argento e dell’oro.

Allorché i Sardi hanno valorizzato da sé la propria ricchezza hanno costruito una delle più alte e potenti civiltà della storia dell’umanità, la ‘civiltà nuragica’, detta anche del ‘bronzo antico’. Quando siamo stati trascinati al servizio degli interessi altrui (Fenici-Cartaginesi, Romani, Pisani, Catalano-Aragonesi, Spagnoli, Piemontesi-Italiani), quelle risorse – e sempre l’agricoltura – hanno formato la base materiale e motivazionale del loro dominio.  Fino all’economia della cosiddetta Rinascita, quell’industria petrolchimica insediata nelle pianure prospicienti le coste (a P. Torres e Cagliari), poi ad Ottana, alla ricerca di spazi da inquinare e di pubblici finanziamenti da incamerare.

Dovremmo ragionare più a fondo su quel che succede dopo che i forestieri sbarcano nei tre porti e nei tre aeroporti sardi, iniziando dal fatto che l’inizio della stagione ha visto la polemica nei giornali sardi se alla Camera di Commercio cagliaritana venisse consentito di vendere l’aeroporto di Cagliari ad aziende esterne alla Sardegna. Dovremmo verificare se tutto quanto diventa ‘polpa’ e risorsa/guadagno resta da noi e con noi, oppure se prende comunque altre vie. Così come avviene ancora per gli spazi consentiti nel Sulcis all’inquinamento dei rifiuti italiani, del Nord o del Sud non importa.

Certo, il discorso va proseguito entrando nel merito: ‘il turismo in Sardegna’ coincide con gli interessi dei Sardi che vi risiedono, tanto da potersi parlare di ‘turismo sardo’?

Sì: continueremo il discorso. (fine 1 parte)

 

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