La fine dei paesi: a che punto siamo? di Salvatore Cubeddu
Le elezioni politiche italiane incombono, arrivando anticipate come fossero l’almagheddon tranchant la storia italiana, quasi fossero risolutrici della presente apocalisse, manifestatasi ancora con la peste, la guerra e la fame: quel cavaliere cinese che attraverso l’Italia ha cavalcato in Europa anticipando i suoi compari, gli altri due cavalieri della morte, per mano d’uomo e per ribellione della natura.
Diciamocelo subito: le elezioni non eleggeranno rappresentanti che abbiano soluzioni alla ‘rivelazione’ (apocalisse, questo vuol dire) che segnala la fine del mondo, o, speriamo, si riveli solamente la fine di un mondo, questo nostro. Perché, se ‘tutti noi sotto lo stesso cielo’, non troveremo risposta ai temi delle malattie pandemiche e della violenza degli imperi e ai guasti dell’antropocene, non ci sarà un futuro – è solo questione di tempo per rendercene conto – per nessuno.
Ma, anche così non fosse e non fossimo nella incredibile situazione – che solo ad evocarle fa accapponare la pelle – non è da credere che per noi Sardi le elezioni contengano occasioni speciali.
I nostri problemi riassumono evidentemente, dal lato economico-politico-sociale-culturale, quelli italiani ed europei, diciamo pure dell’Occidente, ma il tutto sub specie Sardiniae, con guai, ma pure risorse, soprattutto nostre.
Un esempio, lo spopolamento del territorio a vantaggio della metropoli, nel nostro caso Cagliari: si tratta di un problema mondiale, e pure per noi si danno interventi che ad altri non è consentito, a meno che … non si decida noi di assumerlo in tutte le sue dimensioni e complessità di analisi, definizione di problemi e delle soluzioni, con le conseguenti risorse e decisioni.
La Fondazione Sardinia ne parla da una ventina d’anni ed è arrivata l’ora di fare il punto. Nel corso di questo autunno svilupperemo i temi proposti ieri in questo sito dall’articolo del prof. Federico Francioni, per arrivare entro dicembre ad un seminario dal titolo: “La Sardegna fra crisi energetica, collassi climatici ed ambientali, spopolamento: quali alternative?”. Diciamolo subito: le alternative non le conosciamo, perché non si è andati molto aldilà dell’enunciazione e sensibilizzazione ai problemi. Probabilmente potremmo dire di più sulle interconnessioni problematiche sottese alla possibilità di una risposta o perlomeno l’individuazione e la decisione di un percorso. Che non sarebbe poca cosa.
E’ pure di ieri la buona notizia dell’approvazione da parte della Giunta regionale delle linee guida per l’erogazione dei contributi a favore dei nuclei familiari residenti o che trasferiscono la propria residenza nei Comuni sardi con popolazione al di sotto di 3.000 abitanti. La misura consentirà alle famiglie, anche composte da un solo genitore, di ricevere un assegno mensile di 600 euro per il primo figlio nato, adottato o in affido pre-adozione nel 2022, e di 400 per ogni figlio successivo fino al compimento del quinto anno d’età: il bonus bebè.
Il comunicato della Regione e il commento del presidente Solinas allarga il discorso: “Arginare questo fenomeno – lo spopolamento dei paesi dell’interno – e invertire il segno dei flussi demografici costituisce per noi una priorità che, oggi più che mai, deve necessariamente passare dal sostegno alle famiglie”.
Il problema come ‘priorità’, il provvedimento quale tassello insieme ad altri interventi, la promessa della continuità dell’impegno. Perché le spese per i bambini vanno ben oltre i cinque anni. Completata la formazione (quali studi? dove?), si pone la questione della permanenza dei giovani nei paesi (lavoro, casa, servizi, vitalità dei paesi, rientro di chi è partito …). Dopo più di vent’anni di sensibilizzazione è già tempo di iniziali verifiche. Dovremmo continuare a rifletterci ed operarci. Problema di tutti.