Auguri, cardinale Arrigo Miglio! Da parte della Fondazione Sardinia e dell’associazione Prego in sardu!

La scelta di papa Francesco premia il presule piemontese che ha svolto il proprio ministero episcopale nella sua città, Ivrea, ed in Sardegna, Iglesias e Cagliari. La Fondazione Sardinia ha avuto modo di apprezzare la sua sensibilità verso la cultura sarda nel comune percorso verso la traduzione in limba della liturgia eucaristica e nella sua applicazione in occasione della celebrazione solenne di ‘ sa Die de sa Sardigna’ (nella foto, del 2017). Presidente della CES, la Conferenza Episcopale Sarda, mons. Miglio ha molto spesso fatto da stimolo e da guida  - con la sua convinzione che l’uso del sardo nella liturgia aiuta i sardi a parlare con Dio e aiuta Dio a parlare ai Sardi – nel percorso ancora non concluso. Siamo certi che sarà ancora con noi in vista del traguardo atteso della normale celebrazione eucaristica dei Sardi in sardo. Gratzias e augurios.

Segue lo stralcio di un articolo di Gianfranco Murtas sull’istituzione cardinalizia e la sua applicazione al clero sardo. Con aspetti della biografia del neo-cardinale.

Perduto nel 2006 il cardinale ozierese Mario Francesco Pompedda, dotto giurista, e soltanto pochi mesi fa il cardinale cagliaritano Luigi De Magistris, uomo di letteratura latina e teologia tridentina, la Sardegna ha recuperato, con le nomine personali del pontefice romano comunicate oggi da papa Bergoglio, un nuovo… posto nel collegio cardinalizio. E poco importa se privo dell’elettorato in conclave, privilegio accessorio, molto accessorio.

Don Arrigo Miglio va ad inserirsi nella lista storica comprendente anche il domenicano seneghese Agostino Pipia, eletto da Benedetto XIII nel 1724, il cagliaritano arcivescovo Diego Gregorio Cadello voluto da Pio VI nel 1803 (al tempo cioè delle imperiate napoleoniche e dei ricantucci sabaudi), il sinnaese diplomatico Luigi Amat di San Filippo e Sorso voluto in rosso dal terribile Gregorio XVI nel 1837 (tempo allora e dopo di tanta ghigliottina benedetta dal papa-re). All’elenco ben si potrebbero aggiungere, in testa e in coda in quanto al calendario concistoriale, Benedetto Cao, cagliaritano, promosso da Gregorio VII al tempo delle scorribande saracene nel Mediterraneo, credo nel 1068 – mille anni fa! – e Giovanni Angelo Becciu, pattadese, pervenuto a tanto prestigio nel 2018 e purtroppo (per lui e per noi) infangato dalla corruzione vaticana, fra speculazioni finanziarie ed immobiliari, investimenti azionari e coperture in paradisi fiscali che non si sono saputi tenere fuori, e lontano anzi, dal tempio.

Direi però che anche altri presuli di alta statura ecclesiale che, in tempi diversi, in Sardegna maturarono esperienze di vita e missione di particolare rilievo ebbero pari riconoscimenti. Piace ricordare ovviamente Sebastiano Baggio, veneto di Rosà vicentino che venne a Cagliari avvicendando l’indimenticato monsignor Paolo Botto, nel 1969, già portandosi dietro il titolo conquistato nelle nunziature sudamericane; piace ricordare, dopo di lui, Giovanni Canestri, piemontese di Castelspina alessandrina che, lasciata Cagliari per Genova nel 1987 (e da noi sostituito da monsignor Ottorino Pietro Alberti) ebbe la porpora l’anno dopo; piace ricordare anche, in un tempo appena più remoto, comunque nello stesso Novecento, Maurilio Fossati, oblato piemontese di Arona Novara, che resse le diocesi di Nuoro (dal 1924 al 1929, con abbinata l’amministrazione di Ogliastra) e di Sassari (per un anno fino al 1930), per migrare quindi a Torino dove nel 1933 Pio XI lo gratificò della porpora (? papa Francesco sostiene che mai la porpora sia da considerarsi gratificazione ma semmai preannuncio di martirio!)… A proposito di Fossati e soltanto per aggiungere una curiosità e trarne una riflessione: egli fu consacrato vescovo da Giuseppe Gamba, al tempo arcivescovo di Torino e presto anche lui cardinale, il quale era stato preconizzato per Cagliari molti anni addietro: era il 1912, ed egli reggeva allora, dopo quella di Biella, la chiesa diocesana di Novara. A Cagliari la morte dell’arcivescovo Pietro Balestra (il francescano conventuale che aveva sacrificato dottor Angioni e il suo “il Lavoratore” alle ragioni del patriziato nero di Castello) imponeva una successione adeguata: si pensò a lui, poi per dar soddisfazione ad altri equilibri si puntò sull’antimodernista monsignor Francesco Rossi, veneto di Thiene allora rigoroso vicario generale e rettore del seminario di Perugia che restò da noi fino a tutta la grande guerra e passa.

 

Ora, giunto ai suoi ottanta d’età ed ai 55 di presbiterato, ai 30 di episcopato (di cui la metà in Sardegna, fra Iglesias e Cagliari, il resto nella sua Ivrea) il preannuncio di martirio è a don Arrigo Miglio, arcivescovo emerito di Cagliari, che il papa l’ha notificato.

Quando, nel febbraio 2012, papa Benedetto dovette rimediare per come possibile ai tanti pasticci aggrumatisi in diocesi e in città soprattutto nel segno della controtestimonianza clericale e del conformismo obbediente ed ossequiente di certo laicato deresponsabilizzato, scrissi all’allora vescovo di Ivrea, successore in sede di tanto monsignor Bettazzi che avevo avuto il piacere di incontrare ed intervistare a lungo a Cagliari nel 1981. E gli ricordai di quel don Giuseppe Fietta che era venuto anche lui da Ivrea a Cagliari (e prima ad Alghero e Oristano) come segretario particolare di monsignor Ernesto Maria Piovella: e che da Cagliari aveva poi spiccato il volo per le missioni diplomatiche vaticane in mezzo mondo e premiato (?), a fine servizio, nel 1958, da papa Giovanni XXIII appena insediato, proprio con il cardinalato… Le storie, tutte storie d’umanità quale che sia il colore dell’abito e la foggia del copricapo, si incrociano davvero tutte, tutte!

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