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Ricordando il carissimo Paolo Pireddu, di Luciano Carta
Posted By cubeddu On 14 aprile 2022 @ 07:23 In Blog,Persone,Sardismo | Comments Disabled
L’ 8 luglio 2019 ci lasciava il carissimo Paolo Pireddu (nella foto, da giovane medico), consumato da una malattia che lo ha fatto soffrire per quasi tre lustri.
Chi scrive e Paolo avevamo vissuto l’infanzia e la prima gioventù assieme, prima a Bolotana e poi ad Alghero, durante le Scuole Medie e nel Ginnasio. Eravamo coetanei, fedàles, essendo Paolo nato l’8 ed io il 14 dicembre 1947. Con il Liceo e l’Università le nostre strade si sono divise. Ci siamo reincontrati negli anni Settata e Ottanta, tra Nuoro e il nostro paese natale. Poi, esigenze professionali e familiari ci hanno separato per lunghi anni.
Nel giugno 2018 mi trovai per caso a Bolotana in occasione della festa di San Giovanni Battista, presso la chiesa e il quartiere omonimi, e qui fui informato della grave malattia che lo tormentava da tanti anni. Io ne ero del tutto ignaro. L’ho subito contattato e mi ha chiesto di entrare a far parte del Gruppo di amici che con Whats-App si davano quotidianamente il messaggio augurale del “Buon caffè”, con brevi considerazioni di giornata.
In una circostanza, un po’ per scherzo, gli scrissi nel nostro nitido e armonioso logudorese e lui ne fu subito entusiasta. Egli fu particolarmente incuriosito e soddisfatto di questa “sorpresa” e mi chiese, da quel momento, di usare la nostra lingua nella comunicazione e nella scrittura. Mi diceva che in questo modo riusciva a provare sensazioni nuove, profonde e genuine, che lo riportavano alla nostra infanzia e ai nostri studi.
Questa confessione dell’amico mi impegnò sul piano personale: se egli provava sollievo con la “lingua madre”, diventava per me quasi un imperativo morale dargli qualche momento di sollievo scrivendogli in
logudorese. Ogni mattina, secondo l’estro, iniziai a “confezionare” dei “contos de foghìle”, in genere riferiti alla nostra esperienza bolotanese. Così sono nati i “contigheddhos”. Bachissereddha è solo il personaggio letterario che impersona l’universo bolotanese; né poteva essere diversamente, dal momento che “santu Bachis” è il santo più venerato di Bolotana, cui è intitolato il più noto santuario del paese. Le vicende narrate non sono tutte di mia invenzione; molte fanno parte della tradizione locale e mi sono state narrate o scritte da compaesani.
“Le avventure di Bacchisereddha – mi scriveva Paolo – mi danno un piacere ed una leggerezza incredibili”. E in altra circostanza: “Candho evito de iscriere in italianu, m’intendho menzus”. Non avevo mai pensato a questa funzione terapeutica della lingua materna!
In un’altra missiva mi diceva: “Sos contos tuos sunt sa droga mia”; e ancora, celiando sul suo dimagrimento: “Deo poto ingrassare solu cun sos contigheddhos tuos! Oe mi fatto torra unu brincu a Platamona!”. Era il suo commento ad uno dei miei racconti, “Bacchiserèddha a Platamona”, che aveva gradito moltissimo e il cui protagonista reale ero io stesso.
Desideroso di immedesimarmi in lui, lo stimolai perché mi desse alcune indicazioni di sue vicende personali, in modo che poi io potessi imbastire un racconto più vicino alle sue esperienze. Da alcuni appunti fattimi pervenire sono nati diversi racconti, tra cui, in particolare, quello relativo a Santu Antinu imperadòre, san Costantino imperatore, di cui fu sempre devoto ed è venerato nell’omonimo santuario di Sedilo, meta nel passato dei pellegrinaggi religiosi dei Bolotanesi, che vi si recavano col carro a buoi tutto ornato a festa.
Conscio dell’inesorabilità del male, un giorno mi confessò che aveva deciso di andare a “riposare” a Bolotana, nella tomba di famiglia, però, proprio nel ricordo di san Costantino, mi disse che voleva stare “all’ultimo piano”, vicino a Babbo, a Mamma e all’amato fratello Bachisio, “in attico con vista” – celiava – perché da lì si può ammirare in lontananza Sedilo, il paese del santuario del Santo imperatore, e a fianco, San Bachisio, del cui Comitato per i festeggiamenti fu Presidente e di cui recentemente era stato insignito della presidenza onoraria.
Vi è però un altro motivo che lo spingeva a “coltivare” la lingua sarda: il suo profondissimo senso identitario. Tra gli anni Ottanta e Novanta Paolo, militante sardista, era stato Segretario provinciale di Nuoro del PSd’Az e ci teneva tantissimo a manifestare la sua dedizione alla causa della Sardegna.
Era sorretto da una fede religiosa e al tempo stesso da una vena inesauribile di arguzia e di forte umorismo. Non rinunciava quotidianamente ad accompagnare il saluto del “Buon caffè” con una vignetta di Snoopy. L’ultima che mi fece pervenire, quando mi comunicò che aveva dovuto accettare il ricovero presso l’Ospedale Civile di Sassari, recava questo commento: “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto s’incasina”.
Ciao Paolo, anche a nome di tutti gli amici che ti hanno conosciuto e hanno ammirato le tue doti umane e professionali. Tutti viviamo nel tuo ricordo.
Che la terra ti sia lieve.
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