Ne discute anche il PD. La desertificazione antropologica della Sardegna, di Giovanni Centore
L’allarme ormai risale a diversi anni fa: di questo passo, con il calo continuo delle nascite, presto una trentina di Comuni non esisteranno più.
A pagare il costo sociale più salato, sempre secondo lo stesso studio, saranno le zone interne, dove l’incubo spopolamento, o desertificazione che dir si voglia, è purtroppo da troppo tempo una storica realtà.
Serve un argine, servono leggi di sistema, non solo bonus a pioggia, servono servizi per far sì che quelle comunità (ma anche altre borderline) non spariscono dalla mappa. Devono, invece, ritornare a vivere e assere attrattive. Se così non fosse, la Sardegna andrebbe incontro a un disastro epocale senza precedenti.
È su quanto non dovrà accadere, nei prossimi anni, che si è incentrato “Agorà”, il confronto pubblico organizzato dal Pd e coordinato dalla deputata Romina Mura. In una lunga diretta streaming, sono stati soprattutto i sindaci a lanciare l’ennesimo grido d’allarme. «Non è più il tempo delle analisi – hanno detto – ma degli interventi indirizzati a frenare una volta per tutte la discesa verso l’abisso dello spopolamento». Mauro Carta, presidente delle Acli, lo ha denunciato: «Negli ultimi tre anni, la Sardegna ha perso 10mila abitanti e rischiamo di finire sotto il tetto del milione e mezzo di residenti. Non è più un problema solo delle aree interne, ormai è la regione nel suo complesso a non essere più allettante, nonostante sia considerata una terra felice e con un’alta qualità della vita». Perché, come sottolineato da Daniela Falconi, sindaca di Fonni, «non siamo riusciti a liberarci ancora dalla suggestione che questi nostri piccoli Comuni in pericolo debbano essere solo delle bomboniere da mostrare o dei musei aperti solo qualche settimana in occasione della festa patronale». Bisogna gettare le basi – ha aggiunto Emiliano Deiana, presidente dell’Anci – perché «questi luoghi ritornino a essere abitati tutto l’anno, ma per centrare l’obiettivo è indispensabile riempire la scatola non solo di annunci, ma fatti concreti». Ad esempio è impensabile che qualcuno rimanga, o arrivi, in un Comune senza avere la certezza di contare su quelli che chiunque considera servizi essenziali, vitali: scuole, uffici pubblici, trasporti e internet. «Invece – è stato contestato – tutto continua a dipendere dalle regole ciniche dell’economia: se c’è poca gente, nessuno investe, o peggio ancora, a fuggire è addirittura il sistema pubblico». Per fermare i deserticatori, a questo punto, «bisogna puntare – hanno detto Andrea Soddu e Salvatore Ghisu, sindaci di Nuoro e Borore – non solo su efficaci progetti di sviluppo locale, ma soprattutto su nuovi modelli culturalidi comunità». I soldi non mancano, il Pnrr è una cassaforte, ma «senza idee mai sarà risolto il problema dei problemi: lo spopolamento». Nel confronto sono intervenuti fra gli altri i deputati Enrico Borghi, Pd, e Alberto Manca, M5s, i consiglieri regionali Diego Loi, Progressisti, e Valter Piscedda, Pd, Sandro Murtas di Badde Salighes, e Matteo Lecis Cocco Ortu e Francesco Lilliu del Pd.
Da La Nuova Sardegna, 5 aprile 2022