Il comunista che piaceva a Berlinguer, di Cinzia Simbula
È rimasta memorabile quella volta in cui, quando tutto era pronto per iniziare il comizio, il megafono si guastò. Primi anni Ottanta: la piazza di Ussaramanna era gremita e la soluzione a un problema che appariva insormontabile arrivò dal luogo più impensato, quasi a confermare che l’unione tra sacro e profano non è poi così malvagia. «Dalla porta della chiesa uscì il prete che, vedendoci in difficoltà, domandò: ragazzi, avete bisogno di qualcosa? Rispondemmo che sì, ci serviva un megafono perché il nostro si era rotto. Lui rispose che non c’era alcun problema, a patto che glielo restituissimo in tempo per la messa».
Detto e fatto. Mille aneddoti Di ricordi come questo, Tore Ruggeri ne ha una sfilza. Settantuno anni, padre di tre figli, vive ad Assemini ma è cresciuto a Elmas in una famiglia operaia. Ha iniziato a frequentare la sede del Pci a fine anni Sessanta, accompagnando Giovanni, il più conosciuto (anche per via della sua tragica e ancora misteriosa morte) dei sette fratelli Ruggeri.
Fra viale Regina Margherita (la prima e storica sede del Pci) e via Emilia ha trascorso quasi mezzo secolo: una sorta di militante tuttofare, da quando i volantini si dovevano preparare col ciclostile e i telefoni cellulari erano ancora fantascienza, «ma in compenso contava il rapporto con la gente». Ancora oggi quel palazzo di Cagliari dove si “incontrano” i quartieri San Michele e Is Mirrionis – nel quale campeggia grande l’immagine di Enrico Berlinguer che dà il nome alla Fondazione proprietaria dell’intero immobile – continua a essere un po’ la sua seconda casa.
Anche se l’anno scorso non ha rinnovato la tessera al Pd e ora è tutto cambiato: il partito diventato Partito democratico non ha quasi più dipendenti e occupa solo una parte del primo piano dello stabile. «Quando sono arrivato c’erano al lavoro almeno quindici persone, questo posto era un vero punto di riferimento per i due quartieri, le persone venivano a chiedere una fotocopia, un consiglio o la sala per fare riunioni», dice con tono nostalgico, seduto di fronte al portierato (vuoto) dove campeggiano vari ricordi, tra cui una locandina del 1976 con Berlinguer al Teatro Massimo e la foto di Che Guevara.
Protagonista attivo da dietro le quinte, Ruggeri è abituato ai sacrifici e alle lotte sindacali (ha iniziato a lavorare a 12 anni e prima di vincere il concorso in Comune è stato operaio in varie fabbriche, tra cui la Selpa, a Macchiareddu, che trovò chiusa al rientro dal viaggio di nozze) è stato uomo di fatica e autista di dirigenti di partito, rappresentanti delle istituzioni, segretari regionali e nazionali.
A casa di Enrico Da Gavino Angius a Girolamo Sotgiu, Peppino Fiori, Nadia Spano, Achille Occhetto, Massimo D’Alema, Enrico Berlinguer del quale è stato ospite a Stintino, nell’estate del 1980, insieme a Angius. «Ancora mi sembra incredibile. L’ho accompagnato nelle sue tappe sarde e rimasi sorpreso di come una persona, apparentemente schiva, fosse cordiale. Nel 1984, dopo un comizio a Oristano, disse agli studenti: se non vi offendete, vorrei offrire la pizza a tutti. In un’occasione mi disse che apprezzava il mio impegno per il partito».
Un attestato che Ruggeri si è visto confermare nel 1985, a un anno dalla morte di Berlinguer, con una pergamena e una medaglia della direzione Pci. Doni preziosi che custodisce con cura, insieme ad altri importanti attestati di stima. «Ho avuto un ottimo rapporto con tutti, non mi hanno mai lasciato fuori dalla porta». Anzi, quasi tutti, visto che da qualche anno il suo idillio col Pd si è interrotto e ora il suo impegno è per la Fondazione.
Galeotte furono, nel 2015, le sue esternazioni contro la decisione di spostare il partito dalla sede di via Emilia. Riflessioni che gli costarono la “scomunica” da parte dell’allora segretario Renato Soru. «Il dissenso non era ammesso». Il giorno in cui uscì l’intervista, un compagno lo accolse con L’Unione sarda in mano e gli fece capire che tirava aria brutta. «Mi sono reso conto che era finita un’epoca, ma mi son detto che la mia era stata comunque un’esperienza bellissima. Poi, essendo stato ospite di Berlinguer chi se ne frega di Soru, uno dei tanti. Così il giorno dopo ho chiesto di collaborare con la Fondazione», aggiunge mentre fa da Virgilio nel curatissimo archivio che custodisce un patrimonio immenso e la storia del Pci.
31 gennaio 2022 l’unione sarda