Storie alla scoperta della lingua sarda: le lettere di Max L.Wagner, di Luciano Piras
Una corrispondenza che getta una nuova luce sulla figura del linguista tedesco.
Pedinato dagli squadristi, inviso al regime, vessato e interrogato a più riprese, sospettato persino di essere una spia al soldo dei servizi segreti francesi. Messo alla fame dal fascismo, costretto a sopravvivere ricorrendo a mille espedienti, la sua unica colpa era essere un tedesco. O meglio: un linguista e filologo tedesco.
In piena guerra mondiale, era quasi impossibile credere che quel professore della Friedrich Wilhelms Universität fosse in giro per l’Italia soltanto per studiare lingue romanze e dialetti vari. L’opera scientifica di questo grande accademico passava in secondo piano. Per lui, bavarese di nascita, cosmopolita e giramondo per vocazione, persino sbarcare in Sardegna era stata una odissea: l’ambasciata italiana di Berlino oppose mille resistenze prima di rilasciargli un semplice e banalissimo permesso di viaggio.
Eppure Max Leopold Wagner era più italiano degli italiani, era soprattutto più sardo dei sardi.«Sono consapevole che da più parti mi viene rimproverato il fatto di essermi dedicato “troppo” al sardo - ebbe modo di scrivere il professore -. Questo lo dicono soprattutto coloro che ritengono naturale dedicare la vita intera al francese o al provenzale antico. E visto che ormai, un po’ per caso, un po’ per interesse, in questo settore mi sento “a casa mia”, non vedo motivo alcuno per abbandonarlo senza che ciò mi impedisca di fare escursioni anche in altri campi». È un passaggio tratto da una lettera manoscritta che Wagner inviò da Cagliari il 21 febbraio 1926 al suo amico e collega svizzero Karl Jaberg.
Una delle tante lettere rimaste inedite e ora riportate alla luce da Giovanni Masala Dessì, nuorese, lettore di Lingua e civiltà sarda nel dipartimento di Lingue e letterature romanze dell’università di Stoccarda, nonché fondatore e direttore dalle edizioni Sardìnnia.È con questo marchio, in coedizione con l’Isre, l’Istituto superiore etnografico della Sardegna, che ha curato e dato alle stampe il nuovo volume di Max Leopod Wagner, “Caro amico e collega. Carteggio con Karl Jaberg 1901-1958″. Trecentoventi pagine, 16 le illustrazioni contenute, da leggere tutte d’un fiato come un romanzo d’avventura, carico di suspense e colpi di scena, tale è stata la vita del filologo tedesco nato a Monaco di Baviera nel 1880, morto a Washington nel 1962.
Cittadino onorario di Cagliari, Nuoro e Sassari per il suo monumentale “Des”, il Dizionario etimologico sardo, la sua opera principale. «Wagner è ancora oggi considerato uno dei maggiori studiosi di lingue e culture romanze – sottolinea Masala Dessì -. Benché il suo principale campo di ricerca fosse il sardo, studiò profusamente anche i gerghi, le lingue furbesche, lo spagnolo (sia peninsulare che dell’America latina) e il portoghese, senza per questo privarci di suoi numerosi contributi sui dialetti italiani, sul greco, turco, arabo, berbero, albanese, rumeno, catalano, maltese, provenzale antico e così via».
Giovanni Masala Dessì è partito da un dato di fatto: «Nel 1962 Emmi Jaberg, moglie del grande filologo romanzo Karl Jaberg, aveva donato all’Istituto di filologia romanza dell’università di Berna il carteggio intercorso tra Max Leopold Wagner e lo stesso Karl Jaberg». Da qui la decisione del ricercatore nuorese di andare a scartabellare nella capitale elvetica. «Questo importante materiale epistolare, attualmente custodito nell’Archivio dell’Atlante linguistico italo-svizzero della Biblioteca Jaberg di Berna – racconta ancora il curatore del libro -, getta nuova luce sulla figura di Wagner». Sono infatti emerse 209 lettere e cartoline che i due amici e colleghi (si erano conosciuti a Parigi durante un soggiorno di studio nel semestre invernale dell’anno accademico 1900-1901) si sono scambiati nel corso degli anni che intercorrono tra il 1901 e il 1958. Un arco temporale che copre ben due guerre mondiali e tante, tante avventure, soprattutto del filologo bavarese, uno tra i maggiori e più apprezzati studiosi di lingue e culture neolatine del Novecento, il cui principale campo di ricerca fu il sardo.Particolarmente portato per l’apprendimento delle lingue, Wagner scrive all’amico Jaberg da Monaco, Firenze, Cagliari, Nuoro, Sassari, Oristano, Escalaplano, Macomer, Sant’Antioco, Parigi, Costantinopoli, Londra, Berlino, Heidelberg, Napoli, Roma, Udine, Positano, Madrid, Siviglia, Santander, Nordafrica, Salamanca, Funchal, Lisbona, Coimbra, Washington. «Io sono rimasto il solito zingaro, e ho voglia di viaggi e vita avventurosa come quando ero giovane» si legge in una missiva spedita da Positano il 6 settembre 1924. Già venti anni prima, Max Leopold Wagner aveva incontrato a Roma la scrittrice nuorese Grazia Deledda: pochi giorni dopo si era imbarcato per Cagliari, dove si era fermato per un annetto. Una volta imparato il cagliaritano, aveva percorso in lungo e in largo la Sardegna, dal Capo di Sotto al Capo di Sopra, mettendo le basi per i suoi studi futuri. «Non fu quindi per caso che le inchieste dialettologiche sarde per l’Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale, ideato e curato da Karl Jaberg e Jakob Jud, furono affidate proprio a Max Leopold Wagner» evidenzia Giovanni Masala Dessì. È tra il 1925 e il 1927 che l’accademico tedesco, infaticabile ricercatore sul campo, effettua in Sardegna le sue inchieste dialettali in ben venti località differenti. Tutte di estremo interesse, le lettere ora raccolte nel volume “Caro amico e collega” sono una miniera di informazioni preziosissime, non soltanto per la linguistica in sé, l’etimologia in primis, ma anche per via delle numerose e accurate descrizioni e delle considerazioni sui problemi che hanno afflitto Wagner durante i suoi soggiorni nell’isola, soprattutto negli anni Venti: la penuria di alloggi dignitosi, i sospetti nei suoi confronti da parte delle forze dell’ordine, nonché la situazione sociopolitica in Sardegna durante l’avvento del fascismo. Chiude il libro un’appendice epistolare con alcune lettere di Wagner al poeta, romanziere e lessicografo di Berchidda Pietro Casu, al filologo svizzero Jakob Jud e all’etnomusicologo danese Andreas Fridolin Weis Bentzon.
La Nuova Sardegna, 29 gennaio 2022