L’ultima lettera di Anselmo Contu diretta a un giovane segretario di sezione barbaricino, Tonino Bussu
Il 23 dicembre 1975 moriva a Cagliari Anselmo Contu, della seconda generazione sardista, e primo Presidente del Consiglio Regionale della Sardegna. Lo ricorda l’intellettuale sardista ollolaese prof. Tonino Bussu, che dell’illustre avvocato arzanese fu l’ultimo interlocutore ‘politico’, avendone ricevuto l’ultima testimonianza scritta nella lettera che ci ripropone.
72 ANNI FA ANSELMO CONTU DIVENNE IL PRIMO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE SARDO, di Tonino Bussu.
Anselmo Contu, uno dei ‘padri fondatori’ dell’autonomismo sardo, nacque ad Arzana nel 1900 e si stabilì a Lanusei per seguire l’attività forense dopo la sua laurea in Giusisprudenza. Partecipò attivamente sin da giovanissimo all’attività politica nelle file del Partito Sardo d’Azione, fu direttore dell’organo ufficiale del Partito ‘Il Solco’, fondò il periodico ‘la Giovane Sardegna’, ma dopo il 1926 gli eventi politici lo costrinsero a dedicarsi solo alla sua professione forense.
Nell’ottobre del 1930 fu arrestato per le sue simpatie verso il centro sardo legato al movimento ‘Giustizia e Libertà’ che faceva capo ad Emilio Lussu, esule in Francia. Pur prosciolto per questi presunti legami, fu sempre persona sorvegliata dalla polizia politica, nonostante si tenesse lontano da qualsiasi militanza partitica.
Alla ripresa della vita democratica eccolo ancora attivo nel dibattito politico attraverso i suoi interventi nel ‘Il Solco’, dove si trattano anche tematiche riguardanti il ruolo dei Comuni, degli enti intermedi, come le province o i distretti e la Regione e le relative competenze. E Contu a tal proposito, proprio riguardo all’ente intermedio tra il Comune e la Regione, così si esprimeva, in un suo intervento nel febbraio 1946: ”Il nucleo primo dell’autogoverno è indubbiamente il Comune… Ma in pratica dobbiamo riconoscere che i nostri Comuni non hanno raggiunto la capacità di vita autonoma che è base indispensabile dell’attuazione felice della riforma … E’ innegabile che esistano in Sardegna circoscrizioni naturali e storiche che non si possono ignorare nel dare forma concreta all’ordinamento amministrativo dell’isola”. E si riferiva alla possibilità delle otto circoscrizioni amministrative o distretti che individuava in: Cagliari, Iglesias, Oristano, Lanusei, Nuoro, Sassari, Tempio, Ozieri.
Ma esprime con chiarezza e con forza il suo pensiero anche sul ruolo che dovrebbe avere l’Ente Regione, alla vigilia dell’insediamento della Consulta Regionale della quale era stato chiamato a far parte nell’aprile del 1945.
Ecco come immaginava allora l’autogoverno della nostra isola:
“Questa è l’ora dei grandi rivolgimenti in senso universale, ma è indubbiamente anche l’ora delle profonde trasformazioni regionali ….Se io non mi sbaglio, esistono le premesse per la creazione di una grande democrazia sardista e progressista che educherà il popolo all’autogoverno, che gli darà la giustizia sociale, che risolverà le antitesi ideali e gli antagonismi personali in una più vasta concordia isolana. Il blocco di tutte le forze sardiste e veramente democratiche – unite nel nome della Sardegna contro ogni centralismo politico forestiero – redimerà l’isola e la preserverà dal minaccioso ritorno della reazione e forse anche da una nuova dittatura” (da Il Solco, aprile 1945)
Come militante sardista nella Consulta Regionale, presieduta dall’Alto Commissario Gen. Pietro Pinna, contribuisce non solo al Governo della Sardegna in quel difficilissimo momento storico (siamo negli anni 1945-49), ma anche in modo determinante alla fase preparatoria della predisposizione della proposta di Statuto alla Costituente. Il lavoro della Consulta e dello stesso Commissario Pietro Pinna è poco conosciuto.
E la sua voce si faceva sentire sempre in seno alla Consulta Regionale, nel Partito e in mezzo ai suoi elettori. Riguardo al ruolo dell’autonomia rimarcava ancora, in un articolo di Il Solco, nel 1947: ”L’autonomia non è , non può essere un fucile puntato contro lo Stato centrale perché non è un istituto estraneo ad esso, ma ne è una nuova essenziale articolazione; l’equivoco contrario nasce dalla confusione che si fa tra Stato centrale e Stato centralistico … Come potremmo oggi - continuava - accettare con gioia e senza riserve, uno statuto che toglie alla competenza primaria della Regione l’industria, il commercio e gran parte dell’agricoltura? Che non afferma, neanche in linea di massima, il principio dell’autonomia doganale e finanziaria? Che mantiene le province come enti autarchici, e non fa cenno dei circondari o dipartimenti come enti intermedi di decentramento regionale?”.
E sempre con maggior chiarezza e con vigore credeva sulla funzione indispensabile del Partito Sardo d’Azione tanto è vero che in un articolo dal titolo ’Attualità del Sardismo’ sosteneva che: ”se un partito sardo non fosse stato creato nel 1920, la situazione attuale ne avrebbe imposto la immediata costituzione”. E nello stesso articolo riguardo alle varie ipotesi di fusione con partiti nazionali sosteneva: “Noi dobbiamo commisurare la portata delle nostre affermazioni sulle esigenze autonomistiche, confrontandole con gli atteggiamenti che gli altri partiti seguono a questo riguardo. Se noi non facessimo questo esame, se noi guardassimo soltanto alle formule programmatiche degli altri partiti, noi potremmo prendere decisioni pericolose, tradendo il nostro pensiero essenziale, l’anima del partito”.
Nell’aprile del 1949, alla vigila delle prime elezioni regionali, Anselmo Contu, assume la direzione del giornale ‘Il Solco’, che già aveva diretto nel 1925, agli inizi dell’era fascista. E subito chiarisce la linea politica del Partito, rivendicando l’indipendenza politica dei sardisti, l’importanza del sardismo e la sua universalità, la lotta contro ogni centralismo nell’editoriale dal titolo significativo: “Vecchia Trincea”. “Riprendo la direzione di questo giornale di battaglia dopo oltre vent’anni, con la stessa ferma volontà di dedicare le mie energie alla redenzione della Sardegna. Questa consegna – scriveva nell’editoriale di apertura Anselmo Contu – nell’ormai lontano 1925 mi veniva passata da Raffaele Angius quando già la tirannide fascista, che doveva di lì a poco cacciarlo dall’Isola a morire esule a Milano, lasciava a pochi animosi rimasti sulla breccia limitate possibilità di azione ….”. E continua ricordando gli amici che insieme hanno lottato per tenere viva la fiaccola sardista e della difficile fase di riorganizzazione del Partito nel secondo dopoguerra, lacerato anche dalla scissione dell’ala lussiana: “Molti, troppi, furono travolti dall’uragano fascista che li prese nel gorgo vorticoso come pagliuzze, mentre ritenevano di essere piloni consci di poterlo dominare e piegare alle esigenze di rinascita isolana. Altri, con noi fino ad ieri, si sono stancati di combattere questa nostra battaglia sarda, e si sono lasciati travolgere anch’essi dal gorgo delle antitesi politiche nazionali: pagliuzze anch’essi che credono o desiderano essere piloni! ……… Ma solo chi è libero da impegni verso quel dispotismo può pretendere oggi di GUIDARE I SARDI ALL’AUTOGOVERNO; noi possiamo vantare questa dignitosa indipendenza e crediamo di aver dimostrato coraggio e fermezza in questa lotta che in Sardegna è la sola veramente rivoluzionaria e decisiva”.
Con l’istituzione della Regione Autonoma della Sardegna e le relative elezioni regionali del 1949 in cui si era candidato nella circoscrizione di Nuoro, era stato eletto alla carica di consigliere regionale, nella prima legislatura e anche il primo presidente del Consiglio Regionale della Sardegna. E pro cussa occasione faghet su discursu chi sighit:
“Onoreboles cussizeris, bos torro gràssias pro sa fide chi azis bòrtiu tènnere in sa pessone mea dandemi s’onore mannu e s’incàrrigu de pesu de pòdere presiedere su primu cussizu regionale de sa Sardigna.” E sighidi narande cantas isperas tenent sos sardos in s’autonomia e in su cussizu regionale chi la depet praticare, cantu appompiant cun irbetos mannos su triballu de sos cossizeris pro resòrbere sos problemas de s’ìsula. Fabeddat de s’importàntzia de s’autonomia, de sas gherras fatas pro ch’arribare a s’Istatuto.
E pedit a totus sos cussizeris de esserent aunidos, de pessare su prus a sa sorte de sa Sardigna.
“Cadaunu de nois –narat Anselmo Contu- at una bandiera sua propria, digna e nobile, sighida e defesa cun fide bona e cun onore, cadaunu la custodat in su coro e –cumente est zustu- a issa abbarret fidele. Ma totus depimus amentare chi b’est una bandiera in cumone, cussignada a totus nois dae su votu de sa majoria manna manna de sos Sardos, e in custa bandiera b’est iscrittu “SARDIGNA”.
E at sighidu chistionande de sos problemas de sa Sardigna chi su cussizu regionale depiat picare in cussideru e at finidu su discursu narande:
“B’ant a èssere modos de bìere difenentes, cando amus a isaminare sos problemas: azis a arresonare e a artzare sa boche cun sa critica, ma ispero chi eo dae custu postu pota, cun gosu, bìere solu s’ispetaculu meda nobile de unu pòpulu, de su pòpulu nostru cherzo nàrrere, cun sos eletos suos, chi s’impinnant a fabricare sa domo noba in ue totus sos sardos potant bìvere in d-una libertade civile chi s’ant sudoradu e in d-una zustìssia sociale chi ant meritadu.”
A pustis est istadu elettu puru in sa Segunda, Terza, Quarta e Quinta Legisladura.
La prima elezione a presidente del Consiglio Regionale della Sardegna risultava il 31 maggio di 71 anni fa e ricoprì quell’incarico fino all’11 ottobre del 1951, e gli subentrò nella carica Alfredo Corrias.
Durante la III^ giunta dell’on. Corrias, ricoprì l’incarico di assessore ai Trasporti, Viabilità e Turismo, mentre nella IV Giunta Corrias era stato nominato assessore all’Igiene e Sanità. Scomparve il 23 dicembre 1975.
Queste le brevi notizie su Anselmo Contu uomo politico, mentre chi volesse conoscere maggiori e approfondite notizie sulla sua vita privata può soddisfare le sue curiosità leggendosi la bella e ricca opera narrata dalla figlia Cecilia Contu che s’intitola “Ricordi di un’infanzia felice tra Ogliastra e Logudoro” Edizioni Grafica Parteolla.
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Nel settembre del 1975, avevo intenzione di intervistare i ‘Grandi ‘ del Partito Sardo d’Azione, sia per sentire la loro opinione sulla realtà politica di quel particolare momento storico, sia per conoscere alcuni eventi inediti della storia del nostro Partito dalla viva voce dei protagonisti che si erano impegnati nelle battaglie per l’autonomia. L’obiettivo era raccogliere queste testimonianze farne magari una piccola antologia o un numero unico di un giornale.
In quel momento ero segretario della sezione di Ollolai e l’unico che rispose, in data 29.9.75, fu l’on. Anselmo Contu, dicendomi:
Caro Bussu,
la tua lettera che ha il bollo di Ollolai del 20 corrente, mi è giunta solo oggi. Ti mando parimenti un mio scritto così come mi è venuto sperando che giunga in tempo.
Cordiali saluti- Forza Parisi
Anselmo Contu
Per non tenermi questa testimonianza di Amselmo Contu nel cassetto, a titolo privato, la passai a Michele Columbu, allora Segretario Politico del Partito e Deputato al Parlamento, che ne pubblicò alcune parti nel periodico da lui diretto ‘Sardigna Libera’. Ma siccome ho scoperto , con mia grande meraviglia, che questa è stata in effetti l’ultima testimonianza politica, tra l’altro anche manoscritta, rilasciatami da Anselmo Contu, in quanto poi è scomparso nel dicembre di quello stesso 1975, come mi assicurava la stessa figlia Cecilia Contu, la quale non solo non sapeva di questa lettera, ma nemmeno che fosse manoscritta. Pensate quindi alla gioia dell’amica Cecilia quando le ho inviato, via mail, anche i manoscritti, gli ultimi manoscritti del babbo di quasi 43 anni or sono!(Eravamo nel 2018) Pertanto ora credo che da parte mia sia doveroso rendere pubblici e condividere, con la lettera acclusa, la riflessione accorata e l’appello all’unità del Partito, scritta di suo pugno su quattro fogli di protocollo, da Anselmo Contu che mi sembra oggi, almeno in parte, di grande attualità e la voglio pertanto sottoporre all’attenzione, come egli stesso dice, da Padre tutelare del Sardismo, non solo ai dirigenti e alla base del Partito, ma a tutto il Popolo Sardo, essendo quest’uomo stato il Primo Presidente del Consiglio Regionale della Sardegna.
Già il titolo è tutto un programma.
Uniti nel Partito
di Anselmo Contu
Ho accolto con particolare entusiasmo l’invito a dare la mia modesta collaborazione a un giornale nato dalla iniziativa della base del Partito.
Particolarmente lodevole questa iniziativa in quanto nasce in un momento assai delicato della base del Partito. Dissensi più o meno fondati accompagnano lo sforzo che tutti dovremmo fare per riaffermare una certa unità dei contenuti del nostro programma e degli obiettivi della nostra azione politica.
E ciò è certamente un male perché contribuiscono a diminuire se non a togliere credibilità al nostro movimento da parte del popolo sardo.
Spesso mi sorprendo a pensare ai Valdostani e più ancora agli Altoatesini: i primi rappresentano una notevole forza politica locale, i secondi sono addirittura maggioranza.
E noi sardi corriamo dietro alle altre ideologie che sono anche esse l’espressione di quel potere centrale, sia politico che economico, che impedisce alla Sardegna il suo sviluppo civile.
Il nostro partito, nato nelle trincee insanguinate della guerra del 1915-18, va perdendo di forza ogni giorno di più.
Primo dovere di chi milita ancora nel partito è quello di evitare qualsiasi azione che porti ad accentuare questo processo di indebolimento del sardismo.
Non che non si debba discutere con serietà e convinzione, ma sempre dentro il partito, sempre fraternamente uniti dentro il partito.
Recentemente il Comitato Centrale ha sospeso alcuni amici dalla attività politica perché assenti all’ultima lotta elettorale.
Ebbene, senza entrare nel merito delle contestazioni loro rivolte, dico che questa sospensione deve avere un termine ormai immediato, per modo che tutti si possa e si debba tornare ad incontrarsi, sia per difendere vivamente, ma dentro il Partito.
Il Comitato Centrale dovrebbe riunirsi per prendere subito una decisione di questo genere.
E così, riconciliati sui contenuti, nuovi ma coerenti alla tradizione autonomistica del partito, riprendere la lotta che si presenta oggi più che mai dura e impegnativa, per i dirigenti e per la base.
Noi dobbiamo prepararci seriamente al Congresso che avrà una importanza decisiva: la prima cosa, la più urgente, da fare è quella di riorganizzare le vecchie sezioni e di crearne delle nuove ovunque nella nostra cara isola.
Il Congresso dirà la sua parola decisiva e impegnativa per tutti sul programma e sull’azione da svolgere per presentarle come l’unica tavola di salvezza nel naufragio generale di ogni nobile aspirazione.
Io ricordo la nascita del Partito sardo dall’idea lanciata dai combattenti: in quel primo programma si lanciava l’idea autonomistica nel quadro di una federazione di regione autonome, ma si avvertiva che ove la sensibilità del governo centrale fosse rimasta sorda a tale richiesta, si prevedeva il ricorso ad ogni mezzo di lotta popolare.
Bisogna tornare allo spirito delle origini, bisogna riportare le nostre popolazioni sarde a quello spirito, sicuri come siamo che soltanto così la Sardegna vedrà riconosciuti i suoi diritti e i Sardi saranno liberi dal centralismo che li soffoca, dal colonialismo che li opprime.
Anselmo Contu
By Anonimo, 24 dicembre 2021 @ 07:23
«E pedit a totus sos cussizeris de esserent aunidos, de pessare su prus a sa sorte de sa Sardigna.»
Bene meda!!! Si una cosa zusta e netzessària teniaimus e tenimus de fàghere sos Sardos est custa, ca solu su torracontu de sa Sardigna podet fàghere s’unione de sos Sardos, de sos Sardos totu (foras cudhos chi cherent iscassiare, iscassiados / irbariados, mancari no de manincómiu ca, si cherent, ischint issos puru cumprèndhere e bídere fintzas su torracontu bonu issoro in su torracontu de sos àteros e mescamente de sos prus bisonzos!!!)
Ma proite s’istória de su PSd’Az est un’istória de divisiones?
Cantu e comente assumancu sos Sardistas etotu ant interpretadu e rapresentadu custu bisonzu natzionale de su pópulu e invetze ant fatu su caminu de s’àinu de sa dipendhéntzia che a sos Sardos ifatu de totu sos “partiti nazionali”, che a sos divisionistas de totu sos colores imboligados in su tricolore de sa dipendhéntzia?
E mi dimandho: ma fossis oe no tenimus bisonzu de unione e andhamus bene iscazados ifatu de sos “partiti nazionali” ispetendhe sos miràculos de s’azudu issoro e mancu bidimus o no faghimus contu de unu pópulu iscaminadu fintzas isperdindhesiche?
Candho est chi imparamus a cambiare caminu e fàghere cussu de sa libbertade e responsabbilidade e unione natzionale nostra?
Candho est chi lassamus abbandha fatos e chistiones de buteghedha o personales de segamigasu (ca fintzas unu bículu de casu a manigare depimus ispetare a nollu dare a cantu in manu sos àteros) e imparamus a nos guvernare a manu nostra, fintzas e mescamente in s’Europa e in su mundhu própriu de oe?