NURAGICA. TI RACCONTIAMO UNA STORIA, la tua … di Maria Michela Deriu
Fiera campionaria della Sardegna, piazza Marco Polo Cagliari da questo periodo fino al 3 ottobre si potrà fare un viaggio nel tempo.
Questo e’il titolo della mostra, anzi dello spettacolo storico di una delle piu’ importanti ere della Sardegna.
E’ l’eta’ del bronzo, quella che va dal 1800 al 900 a.c.
Nuragica e’ un’esposizione di circa 700 mq.dedicata a far ricomporre un mondo scomparso ma che vive ancora nella nostra storia e nel nostro immaginario collettivo .
Prima di addentrarci in un remoto passato vorrei sottolineare che l’archeologia non e’una scenza esatta.
In genere prima di identificare un reperto e collocarlo in un periodo storico ( il tempo, in questa disciplina, spesso varia di millenni), l’oggetto o l’opera viene vagliata dagli studiosi in tre fasi: identificazione, recupero, studio.
E’ importante sottolineare che quanto conosciuto oggi potra’ non essere per sempre “vero”.Nuove scoperte, o nuove analisi di vecchie scoperte, possono anche sovvertire un mutamento di prospettiva.
Nuragica ci racconta la sua storia iniziata anni fa, molti secoli prima della nascita di Roma.
Come si entra in una storia? In questa storia si entra dalla porta, una porta sacra, una porta che, anche in altre civilta’, segna il trapasso tra la vita e la morte. Nel nostro viaggio si entra da un cunicolo ,unico accesso, posto alla base della riproduzione di una tomba dei giganti.
L’atmosfera si infittisce di magico e veniamo naturalmente trasportati in un ‘altra dimensione spazio temporale.
In Sardegna i nuraghi censiti sono circa 160 e coprono gran parte della nostra isola.
Cosa appariva in me bambina davanti a Nuraghe? E forse cosa rappresentano oggi al turista non sufficientemente motivato quelle strane torri spesso intaccate dal tempo? Null’altro che un cumulo di pietre, poste in luoghi impervi visitati sotto il sole cocente e soprattutto, all’apparenza, piu’ o meno tutti uguali .
I nuraghi sono di forma e dimensioni diverse, e a questo proposito le preparatissime guide della mostra potranno dimostrarne la soggettiva peculiarita’ e soddisfare ogni vostro dubbio e curiosita’
Quello che sfugge spesso e’ che il nuraghe era il centro di una comunita’ che abitava in capanne e che costituiva una sorta di borgo. Intorno esisteva un mondo che viveva.
Nuragica ha il gran merito di far rivivere questi luoghi riproducendo la vita quotidiana..
Se dovessi cercare una somiglianza delle capanne nuragiche con qualcosa di noto non avrei dubbi, sono in gran parte simili alle “pinnette” dei nostri pastori.
Da qui possiamo almeno ipotizzare che la nostra e’ una cultura che tende a conservare usi e tradizioni.
Il villaggio come scopo primario aveva quello della sopravvivenza. Dopo il luogo dove ci si poteva riparare, per la comunità esisteva il problema del sostentamento, i nuragici coltivavano il grano e l’orzo, ovviamente cacciavano e pescavano.
Se il popolo viveva in capanne quale era la funzione del Nuraghe?
Qui, non avendo traccie scritte entriamo nel campo delle ipotesi suffragate da elementi certi derivati dai bronzetti, testimoni silenziosi e inconsapevoli di quel tempo.
Ma procediamo per ordine.
Pare che la societa’ nuragica non fosse gerarchizzata , unico uomo la cui autorita’ fosse riconosciuta dalla comunita’ era il capo tribu’. Probabilmente il capo tribu’e la sua famiglia vivevano all’interno del nuraghe che costituiva una vera fortezza, probabilmente, all’interno esisteva un luogo sacro, lo testimoniano dei curiosi ex voto, ma la funzione principale era di difesa e il controllo sul territorio.
Nel luogo dedicato al costume dei nuragici possiamo assistere a una graditissima sorpresa.
Diversi manichini vestono abiti di design nuragico e dal loro abbigliamento possiamo dedurre il loro ruolo:
avvolto da un manto lussuoso abbiamo il capo tribu’, a fianco sul capo di una donna il cappello conico ne designa il ruolo di sacerdotessa, poi uomini con armature adatte alla guerra.
La fedelta’ di questi costumi si puo’ rilevare dalle copie dei bronzetti messi accanto ad ogni manichino.
E’ impressionante la cura del dettaglio di questi gioielli della civilta’ del bronzo.
Eta’del bronzo, eta’ dell’oro.
La Sardegna in quel tempo era al centro dei traffici del Mediterraneo e commerciava in quel che aveva in eccedenza. Abbiamo diverse testimonianze di reperti sparsi per il Mediterraneo e di altri trovati nella nostra terra provenienti da altre culture, come la micenea e la cipriota.
Interessante e’ il ritrovamento nel Mediterraneo degli oxhide ingots che si ipotizza sarebbero potuti essere utilizzati come una sorta di moneta.
Questi sono solo pochi spunti di una mostra tanto ricca.
Un’occasione da non perdere anche perche’ infine verrete immersi in una realta’ virtuale e ritroverete i luoghi dove si muovevano i nostri avi
I nostri avi quando i sardi erano felici:
Sergio Atzeni
Le piante e le paludi erano fertili, i monti ricchi di pascoli e i pascoli di fonti. Il cibo non mancava neppure negli anni di carestia.Facevamo un vino colore del sangue, dolce al palato e portatore di sogni allegri.
Nel settimo giorno del mese del vento che piega le querce incontravamo tutte le genti attorno alla fonte sacra e per sette giorni e sette notti, mangiavamo, bevevamo, cantavamo e danzavamo in onore di Is. Cantare, mungere, intagliare, fondere, uccidere, morire, cantare suonare, danzare era la nostra vita.
Eravamo felici, a parte la follia di ucciderci l’un l’altro per motivi irrilevanti.