IMBIRDIU: Sardos, sos primos?

I sardi, primi a produrre il vetro? Ad inventarlo? Ci rendiamo conto di cosa significhi? Un pool di studiosi individua un laboratorio (nel nuraghe della foto): è del 1700 a.C.. L’esperta Gradoli: «Nessun dubbio, più antico di quelli egizi». Gli articoli dei giornali sardi di avant’ieri.


«I primi al mondo a produrre il vetro? Furono i nuragici», di Lucio Onnis

Un pool di studiosi individua un laboratorio: è del 1700 a.C.
L’esperta Gradoli: «Nessun dubbio, più antico di quelli egizi». Gli articoli dei giornali sardi del 18 luglio scorso, avant’ieri.

Il vetro primario? Macché egizi, sono stati i sardi nuragici i primi a produrlo non solo in Italia, ma in Europa e nell’intero bacino del Mediterraneo (quindi nel mondo) nel 1700 avanti Cristo, almeno uno o due secoli prima degli abitanti di El Amarna, antica capitale dell’Egitto, ai quali è stata accreditata finora la prima creazione di questo materiale.

La scoperta arriva dal sito archeologico del nuraghe “a corridoio” di Conca ‘e Sa Cresia (datato al radiocarbonio all’incirca 1700 a.C., inizio della civiltà nuragica), nella Giara di Siddi, in Marmilla: di essere di fronte a qualcosa di molto importante sono convinti i ricercatori del pool: la geologa e archeologa Giusi Gradoli, libera professionista con dottorato di ricerca in tecnologie delle ceramiche preistoriche, da Emily Holt del dipartimento di archeologia dell’università di Cardiff, e dal direttore scientifico degli scavi, Mauro Perra.

Il lavoro, iniziato anni addietro con il recupero del sito archeologico di Conca ‘e Sa Cresia per conto del comune di Siddi, ha portato alla scoperta di una parte del nuraghe rimasta occultata da un crollo murario e che è venuta appunto alla luce con gli scavi. In sostanza, si tratterebbe di un’area artigianale, interna ed esterna, in cui sono stati recuperati tantissimi reperti, tra cui un crogiolo in frantumi per la fusione del vetro, e sono state trovate sparse un po’ ovunque tracce di scorie vetrose.

Con la benedizione della Soprintendenza archeologica di Cagliari, è stata eseguita dal Dipartimento di scienze chimiche e geologiche dell’università del capoluogo l’analisi chimica non distruttiva della sostanza biancastra amorfa trovata nelle pareti e nel fondo del vaso usato per fondere ad altre temperature quarzo e sabbie silicee:

il risultato è stato univoco, vetro primario. Ovvero lo stesso trovato successivamente in sepolture del Mediterraneo orientale, del vicino oriente e dell’Europa nel successivo 1500-1600 a.C.«Non ci sono dubbi – dice Giusi Gradoli – qui nelle pertinenze del sito nuragico di Conca ‘e Sa Cresia c’era una produzione di vetro primario che colloca i sardi nuragici davanti agli egizi. Quindi i sardi sono stati i primi a scoprire e produrre il vetro».

Non sta più nella pelle dalla gioia il direttore scientifico degli scavi, Mauro Perra: «Non ci aspettavamo niente di tutto questo – dice Perra – alle prime intuizioni abbiamo incaricato la professoressa Gradoli di compiere studi approfonditi su quanto avevamo trovato ed è emersa questa straordinaria scoperta». Non meno entusiasta Emily Holt, che parla di una scoperta capace di porre nuovi quesiti su una classe intera di manufatti dell’età del bronzo. «Materiali che pensavamo fossero stati importati in Sardegna – dice la studiosa – potrebbero invece essere stati prodotti per primi dalle popolazioni locali». Chi già dal precedente mandato, 10 anni fa, ha sempre creduto nelle potenzialità del sito archeologico di Conca ‘e Sa Cresia è il sindaco di Siddi, Marco Pisano. «Una scoperta sensazionale – dice – che darà lustro a Siddi, alla Marmilla e alla Sardegna intera».

La nuova 18 luglio 2021

 


Il vetro del nuraghe di Siddi riscrive la storia, di Andrea Piras

I nuragici lavoravano il vetro e ci sapevano fare. Già 1700 anni prima di Cristo, all’inizio del Bronzo medio, agli albori della loro civiltà. Ancor prima degli artigiani della Mesopotamia e di Cartagine, dei fenici e dei sardo-punici le cui testimonianze sono emerse numerose, nell’Isola, durante importanti indagini archeologiche e come dimostrano i manufatti e i vaghi delle collane-gioiello rinvenuti nelle loro tombe. Per esempio a Olbia, oppure nel Sulcis, dove nell’area sacra del nuraghe Sirai venne ritrovato un laboratorio artigianale per la costruzione dei gioielli. Ora la storia si arricchisce di un nuovo, importante tassello. L’ipotesi, suggestiva e già consacrata come straordinaria, è emersa a Siddi, dove gli archeologi guidati dal direttore scientifico degli scavi, Mauro Perra, hanno cominciato a riportare in superficie i segreti del nuraghe a corridoio Conca ‘e Sa Cresia. La scoperta A suggerirla è stato un contenitore di terracotta, o meglio quanto rimane di un piccolo crogiuolo, la cui parte interna è ricoperta da uno strato vetroso amorfo. Una ceramica diversa dagli altri manufatti per uso domestico recuperate dagli archeologi. Quei residui di pasta chiara distribuiti uniformemente sul fondo e sulle pareti del crogiuolo, insomma, andavano indagati. Compresi. Per questo Perra ha preteso un’approfondita ricerca, affidata a Giusi Gradoli, geologa e archeologa, specializzata nelle ceramiche preistoriche. Era stata lei stessa a notare quel vaso di forma troncoconica tra le antiche pietre del nuraghe, incuriosita da quei residui chiari. A Conca ‘e sa Cresia, dunque, potrebbe aver funzionato una vera officina, un sito di produzione primaria di materiali vetrosi ancor più antico degli altri gestiti in Sardegna e chissà, forse anche nel mondo. Un azzardo? «Abbiamo bisogno di altre conferme», avverte Perra. La cautela è d’obbligo. Le analisi Da queste parti, pur nella cautela che contraddistingue gli archeologi, l’entusiasmo si tocca comunque con mano. «Abbiamo sottoposto il manufatto a uno studio petrografico e tecnologico. Al microscopio polarizzatore l’impasto del vaso presenta micromorfologia e caratteristiche ottiche tali da far pensare che sia stato prodotto, intenzionalmente, per resistere allo shock termico determinato da cicli continui di esposizione alla fiamma a temperature elevate», spiega Gradoli. «Nel 2008 concordammo con la collega americana Emily Holt e con il sindaco Marco Pisano di predisporre un progetto di scavo in questo nuraghe nel quale Giovanni Lilliu, nel 1940, agli albori della sua carriera, indirizzò una ricognizione archeologica. I risultati non si sono fatti attendere e sono ciò che consegue dalla scelta di formare una équipe di studio dove ogni partecipante possiede proprie e specifiche mansioni specialistiche». Proprio l’interdisciplinarietà che ha permesso di svelare i segreti del manufatto. «Se il vetro nuragico è davvero più antico di quello mesopotamico dobbiamo scoprirlo, ci servono altri dati e dobbiamo procedere con cautela. La grande scoperta è, e in questo sta l’eccezionalità, quella di aver trovato un laboratorio di materiali vitrei così antico in questo nuraghe arcaico». L’entusiasmo Dice Emily Holt, direttrice sul campo dello scavo di Siddi. «È difficile parlare, senza esagerare, dell’importanza di questa scoperta. La manifattura primaria di materiali vetrosi, infatti, necessita di una serie di conoscenze tecnologiche che non pensavamo potessero esistere nell’Isola agli albori della cultura nuragica. «Questa scoperta pone nuovi quesiti su manufatti dell’Età del Bronzo che pensavamo fossero stati importati in Sardegna e che potrebbero invece essere stati prodotti dalle popolazioni locali. Ciò indirizzerebbe gli studiosi a pensare che la Sardegna nuragica fosse più connessa di quanto abbiamo sempre ritenuto nell’intero Bacino del Mediterraneo». Per queste nuove scoperte e novità scientifiche gioisce il sindaco Marco Pisanu: «Una scoperta sensazionale che darà lustro a Siddi, alla Marmilla e alla Sardegna perché, al momento, rappresenta la più antica testimonianza di produzione primaria di vetro nel bacino del Mediterraneo. Quando abbiamo iniziato gli scavi, nel 2009, sapevamo che il nuraghe Conca ‘e Sa Cresia avrebbe riservato sorprese, ma non di questa caratura». Valore che adesso dovrà essere confermato. Si spera in una nuova campagna di scavo e nell’arrivo di fondi ministeriali per avere certezze e magari confermare che anche i nuragici conoscevano l’arte della produzione del vetro agli albori della loro civiltà.

L’UNIONE SARDA, 18 LUGLIO 2021

 

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