Il Betile a Porto Torres? No, meglio a Cagliari, con Sassari Città della Cultura”, di Benedetto Sechi
Riceviamo e volentieri pubblichiamo il contributo dell’Autore – attivo protagonista della vita sociale, culturale e politica della città turritana (nella foto, vista dell’alto) – al dibattito in corso presso il giornale La Nuova Sardegna du futuro di P. Torres e del Sassarese.
Oggi l’architetto Stefano Boeri, sulle pagine de la Nuova Sardegna, ha sostenuto che il Betile (Il museo mediterraneo dell’arte nuragica e contemporanea progettato da Zaha Hadid) sarebbe meglio costruirlo a Sant’Elia (dove originariamente, nel 2006, era stato progettato) e che Sassari, per tornare ai vecchi fasti, debba essere promossa “Città della Cultura”. Per un attimo ho pensato a un titolo sbagliato, poi leggendo l’articolo ho constatato che era coerente con quanto riportato nell’intervista.
Benissimo. Ma Porto Torres? Nei giorni scorsi Marcello Fois (per fortuna che ci sono ancora intellettuali che sanno dettare l’agenda e animare il dibattito di una politica altrimenti sterile) lanciava l’idea di utilizzare il progetto Betile per riqualificare l’area della città turritana, supportando con argomentazioni più che di sostanza questa proposta. Torres (come sarebbe meglio chiamarla) e se volete l’area della Nurra che attorno vi gravita è stata, fin dall’epoca pre-nuragica e poi nuragica, luogo dove le civiltà si sono sviluppate, per poi assurgere in epoca romana, il rango di Colonia Julia. Un luogo deputato ad essere di fatto la vera porta della Sardegna, fino agli anni Sessanta del secolo scorso.
Ciò che propone Marcello Fois, va però ben oltre gli aspetti storici e archeologici. Fois ritiene che Porto Torres debba essere ricompensata del fardello sostenuto quando il proprio territorio ha subito una industrializzazione selvaggia che ha compromesso l’ambiente costiero ed urbano. Un’occasione per voltare definitivamente pagina, quindi, aprendo la strada una nuova economia. Del resto, a testimonianza della spiccata sensibilità, lo stesso Fois qualche anno fa proponeva Porto Torres quale sede per ospitare i Giganti di Mont’e Prama, anche in quel caso individuando nel dovere risarcitorio nei confronti della comunità il motivo trainante.
Resto convinto che questo comune possa davvero ambire a trasformarsi in città di cultura, di nuovi servizi, riprendendo un cammino interrotto con l’arretramento delle popolazioni verso l’interno e, nel dopoguerra, con la chiusura delle miniere, quando si è prestato ad ospitare uno dei più grandi colossi petrolchimici italiani. In ragione di ciò, tornando a Boeri, non si capisce perché Porto Torres debba essere ancora considerato una sottogonna di Sassari, come se non avesse identità e ricchezze ambientali e culturali per poter brillare di luce propria.
Il punto, in definitiva, non è tanto se sia opportuno o meno costruire una struttura accattivante, ma se questa città possa essere o meno degna di attenzione, almeno quanto lo è stata negli anni Sessanta/Settanta, per le migliaia di stipendi che venivano erogati a vantaggio dell’intera regione e dello Stato.
Quindi, caro architetto: approfondisca meglio le sue conoscenze sulla Sardegna e su Porto Torres in particolare, quelle antiche e quelle contemporanee, e vedrà che Sassari è cosa ben diversa da Porto Torres, che quest’ultima è sede di un Parco Nazionale tra i più importanti d’Italia, che la sua area archeologica è tra le più vaste del Paese e che nella cinta urbana e nel territorio circostante vi è una ricchezza infinita data dalle vestigia della civiltà nuragica.
Cagliari e Sassari sono e resteranno due splendide città, Porto Torres invece ha bisogno di un disinteressato atto di generosità per tornare a esserlo, riaprendo così, a Nord, la Porta della Sardegna.
BENEDETTO SECHI
28 GIUGNO 2021