“Si aspetta la luna”: mostra di Eva Fischer, di Maria Michela Deriu.

Eva Fischer, nata in Jugoslavia 19 novembre nel 1920 e morta a Roma il 7 luglio 2015, incarna la certezza che la conoscenza, e in questo caso l’arte, ci può salvare dalla violenza o almeno dagli effetti drammatici di un passato di estrema crudeltà.

Eva Fischer Pittore e’ anche il titolo di un cd di 12 brani a lei dedicato da Ennio Morricone che già nel 1992 rispettava l’identitàdi genere.

Erano molto amici, Eva e Morricone. Lui apprezzava i suoi dipinti, lei dipingeva la sua musica.

A Cagliari, nel Palazzo di città, fino al 17 ottobre possiamo ammirare le sue opere, ben 140, che raccontano il suo percorso artistico ed esistenziale..

La violenza entra presto nella vita di Eva .

Studiava arte a Lione e quando torna a Belgrado e bombardano la città.

Il padre, rabbino capo, viene catturato e deportato.

Eva, la madre e il fratello dopo la fuga da Belgrado vennero catturati e internati nell’isola di Curzola.

Ottennero un permesso per lasciare l’isola a causa della malattia della madre.

Riuscirono a sopravvivere alle persecuzioni rifugiandosi a Bologna sotto il falso nome di Venturi.

Finita la guerra Eva e’ finalmente libera e sceglie di andare a vivere a Roma .

La vita toglie, la vita dona.

Eva si trova al centro della vita mondana e intellettuale della capitale e diventa animatrice del gruppo degli artisti di via Margutta.

Per Eva  e’  una nuova vita che svela attraverso le sue opere.

Grazie ad un filmato della Banca della Memoria Ebraica possiamo conoscere la personalità della grande pittrice che, già avanti con gli anni si racconta, e questo ci aiuta a capire

 

Dopo questa presentazione, indispensabile per contestualizzare il senso di questa mostra, torniamo alle opere esposte a Palazzo di città.

Perché  Eva Fischer in Sardegna?

La Sardegna, come afferma il figlio di Eva Alan David Baumann, per anni e’ stata il suo buen retiro.

In omaggio ai paesaggi della nostra isola ci sono diversi quadri tutti molto diversi tra loro.

Lei dice di se stessa di aver avuto venti periodi artistici, io credo molti di più perché ogni quadro racconta un’emozione diversa.

Nell’interpretazione della Sardegna Eva Fischer predilige i boschi, piante e arbusti che prendono vita nella sua mente onirica con tratti a volte ombrosi e bui, altre volte imprime una flora tinta di un rosso vitale, fino ad arrivare a punte di rosa che sfumate che si perdono tra la l’accecante luce dei raggi del sole.

 

Nella mostra un grande omaggio a Roma.

Graziano Cecchini (per chi non lo ricordasse, quello che tinse di rosso Piazza Navona,) non ha inventato nulla, Eva ha colorato per sempre molto prima di lui le famose piazza  della città eterna.

L’effetto e’ di un Roma inedita, multicolore, lontana dal grigiore che il tempo regala ai monumenti seppure suggestivi.

 

Donna ostinata, per cogliere una particolare luce della luna si piazzò in Piazza Navona e aspettò per una notte intera che comparisse .

Le persone che sempre non si fanno i fatti loro, vedendola con cavalletto, colori e pennelli quando le chiedevano insistentemente cosa facesse rispondeva ” Sto aspettando la luna”

Il periodo romano del dopoguerra fu bellissimo e ricco di incontri eccezionali, da Dali a Picasso, da Moravia a Vitali.

 

Arrivano le prime mostre e tante ne seguiranno in giro per il mondo. A Parigi si trova inaspettatamente allieva di Chagall che, passeggiando per la città, le regala insuperabili lezioni di pittura. Eva apprende in fretta e il loro legame fu così forte che, quando chiesero a Marc Chagall di dipingere per la Sinagoga di Roma, lui rispose che era vecchio e che l’avrebbe degnamente sostituito Eva Fischer.

 

Ultimo ma per non per ultimo, nella mostra sono esposte diverse opere che riguardano

la Shoah.

Come sceglie Eva di raccontare tale atrocità che le costò la perdita, oltre che dall’amato padre, anche di altri 30 congiunti?

C’e’ un atteggiamento emblematico, da parte dell’artista, riguardo a queste opere che riguardano la persecuzione nazista. Eva le cela a tutti drasticamente, le nasconde anche al marito e al figlio per anni.

Come una ferita privata che si vuole rimuovere.

Eva Fischer decide di svelare questi quadri intorno agli anni ‘90 quando molte vittime cominciano a parlare e soprattutto ad essere credute.

Sembra incredibile: tra vittime e carnefici era calato il silenzio.

Un silenzio apparente per gli aguzzini di cui tanti, oggi ne siamo certi, vengono spalleggiati da un sottosuolo filo nazista attraverso una associazione chiamata Odessa – che tutt’ora vive e si dirama in vari rivoli della destra oltranzista, protetti anche, sembra incredibile, dal Vaticano – e continuarono a vivere con le loro famiglie , spesso sotto falso nome, in paesi oltre oceano.

Uno per tanti Erich Priebke quello delle fosse Ardeatine. In una intervista l’Avvocato di Priebke, Taormina, parla in modo volutamente confuso di feste tenute a Roma i cui convitati erano politici , nostalgici nazisti e tanti uomini di chiesa.

Le vittime non volevano denunciare, certe di non essere credute.

Finalmente i sopravvissuti raccontano ad alta voce ed Eva decide di far parlare i suoi colori.

Sono diversi i soggetti che simboleggiano lo sterminio, ma solo uno si ripropone ripetutamente: le scarpe, tante scarpe, tonde, colorate, spaiate, coi lacci sciolti, coi tacchi di sotto.

Le scarpe hanno un forte significato onirico. Le scarpe ci aiutano a sorreggerci e sono ciò che ci distacca dalla terra.

Eva e’ israelita, per lei il segno simbolico e’ ancora più forte.

 

Dal libro di Ruth 4-7

Anticamente in Israele vigeva questa usanza in relazione al diritto di riscatto o alla permuta per convalidare un atto, uno si toglieva il sandalo e lo dava a un’altro.

Questa era la forma di autenticazione in Israele. Allora colui che aveva il diritto di riscatto rispose a Booz “acquistatelo tu”. E si tolse il sandalo.

 

Eva quando decide di esporre le sue opere sceglie di convalidare un atto.

Il suo atto di denuncia ha questi nomi:

 

 

PASSI

PASSI PERDUTI

SENZA PADRONE

OMBRE INFINITE DI PASSI

SCARPE VECCHIE

CORSA INTERROTTA

CUMULO DI SCARPE.

 

Eva Fischer, nonostante frequentasse la cosiddetta “alta società” è un’antidiva ma con le idee molto chiare.

Per lei l’arte ha un valore sociale e dice: “Se anche una sola persona davanti a un mio quadro prova un’emozione e anche se ciò che legge non e’ mia nell’intenzionalità, il mio lavoro non e’ stato vano.”

A questo punto io dirò  la mia: queste scarpe non sono ne’ smembrate , ne’ distrutte, sono scarpe….. in attesa. Forse in attesa di tempi migliori perché qualcuno se ne impossessi e continui il viaggio.

 

Davanti ai suoi quadri ho avuto nonostante tutto una sensazione di speranza.

Per questo lascio la parola al suo compagno di una vita Alberto Baumann e alle sue poetiche parole

 

“E denuncia, la mite Eva, con un segno di sguardo attonito e solitario, con un colore appena appena affiorante da una lunga prospettiva, denuncia un mondo immeritevole e scialbo, arrogante nei potenti suoi Capi, immiseriti dalle loro congiure dei loro falsi credo politici e, ahimè, religiosi. Eva denuncia tutti costoro e le loro preziose immortalità servendosi della figura umana apparentemente arresa.

Volutamente disarmata (e disarmante), una figura, che non ha parole bastanti per dire che ieri (appena ieri) e’ stato un tempo maledettamente astruso, tetro, disadorno, ma che domani andrà meglio, crolleranno i falsi miti, e perfino i Mostri Sacri cadono prima o poi e un giorno, vedrai, una luce brillerà anche per te da qualche parte.

 

Alberto Baumann, Roma, Agosto 1978

 

 

Condividi su:

    Comments are closed.