Il ricordo di Franco di Battiato, di don Guidalberto Bormolini: «Quella sera a casa sua, a tenerci per mano», proposto da Mario Lancisi

«A volte Franco mi telefonava, la sera, anche tardi, breve saluto, come stai, che fai. Poi mi salutava: e ora preghiamo insieme». Così racconta don Guidalberto Bormolini, 54 anni, presidente di TuttoèVita e responsabile della comunità dei Ricostruttori nella preghiera, presente a Prato, a Villa Del Palco. Erano molto amici, Franco Battiato e don Bormolini. L’ultima volta si sono visti nell’estate scorsa, a Milo, alle pendici dell’Etna, dove l’artista abitava. «Sono stato a casa sua, Franco era già molto malato, parlava pochissimo, ci si teneva spesso la mano, in silenzio. Aveva occhi molto luminosi, penetranti, sorrisi dolcissimi ed emanava da quel suo corpo emaciato una straordinaria sensazione di pace. Andandomene sapevo che forse non lo avrei più rivisto. Non ci siamo detti nulla, solo una stretta di mano molto forte e quel suo sorriso dolcissimo che custodirò come un regalo prezioso perla mia vita». Poi ieri mattina all’alba la telefonata, quelle telefonate che uno non vorrebbe mai ricevere. Era Michele, il fratello dell’artista: «Guidalberto, il nostro Franco è morto. Ti aspettiamo, vorremmo che fossi tu a celebrare il funerale».

Incontriamo il monaco mentre sta facendo i preparativi per partire, destinazione Sicilia. La conosce bene, la casa di Franco: «Ascetica, spartana con un bellissimo giardino, dove spesso mi rifugiavo a meditare mentre magari lui restava in casa a suonare il pianoforte e quando rientravo spesso mi diceva: vuoi sentire questa canzone?».

In quella casa a Milo, don Guidalberto ci è andato per la prima volta otto anni fa: «Lui aveva letto dei miei scritti sul tema della vita e della morte. Era rimasto colpito dalla mia concezione positiva, non terrificante della morte. Come apertura a una nuova vita. A un oltre. Scrivevo che la morte non esiste, c’è solo vita, da questo e dall’altro lato. Però bisogna che caschi un velo dagli occhi. Così voleva incontrarmi e io andai. Rimasi a Milo per qualche giorno. Parlammo a lungo. Della ricerca di Dio, della mistica, della preghiera e della meditazione. Rimasi impressionato, io monaco, della forte spiritualità di Franco. Per esempio era appassionato della mistica come capacità dell’uomo di entrare nel mondo del mistero, di fare un’esperienza del sacro. Lo affascinavano mistici, come i padri del deserto, san Giovanni della Croce, santa Teresa d’Avila», racconta don Bormolini. Che nel 2015 viene intervistato da Franco Battiato nel film-documentario Attraversando il Bardo. Uno sguardo sull’Aldilà e sul significato della morte nelle culture occidentali e orientali, proiettato per la prima volta all’Odeon di Firenze.

Cristiano? Buddista? Chi era Franco Battiato? «Era un ricercatore sincero del divino. Non lo si può imprigionare in uno schema, in una definizione rigida. La mia esperienza mi fa pensare che Franco avesse un suo modo di credere non allineato a schemi già predefiniti. Cercava l’invisibile in tutti i modi consoni alla sua sensibilità. Dal sufismo, la dimensione mistica dell’Islam, al buddismo tibetano fino ai mistici cristiani. Lui era deluso della civiltà che ha perso la dimensione interiore. Pregava molto e faceva tanta meditazione. Si può dire forse che la dimensione spirituale fosse il suo centro di gravità permanente. Il senso della sua vita», sostiene don Guidalberto.

E la musica, le canzoni di Battiato? Come l’ultima, anno 2019, Torneremo ancora: «La vita non finisce è come sonno/ la nascita è come il risveglio». «Prima ancora di conoscerlo apprezzavo molto le sue canzoni, quando è venuto in Toscana mi ha invitato a tutti i suoi concerti. La sua canzone che mi pare sintetizzi meglio il suo pensiero è a mio parere La cura. Ricorda?». Il monaco prova a canticchiarla: «E guarirai da tutte le malattie /Perché sei un essere speciale /Ed io, avrò cura di te».

Ed è forse pensando anche ai versi della canzone più famosa di Battiato che padre Bormolini ha deciso di costruire una struttura che si prenderà cura dei più fragili e dei malati gravi, nel suggestivo borgo di Mezzana, comune di Cantagallo, a mezza costa sui monti della Calvana. «Quando lo inaugurerai verrò a tenervi un concerto», gli aveva promesso Franco. «Purtroppo se ne è andato via prima», conclude padre Bormolini. E la sua voce si incrina, commossa.

Il corriere della sera, 19 maggio 2021 |

 

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