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Una città sempre più multietnica, di Sara Marci
Posted By cubeddu On 7 maggio 2021 @ 05:24 In Blog,Cultura e Scuola,Società,Società sarda | Comments Disabled
Basterebbe l’odore di spezie che si respira tra le stradine ingarbugliate della Marina. Oppure la moschea nata nel 2019 in via XX Settembre, dove la comunità musulmana si è riunita in preghiera sino all’arrivo della pandemia. Proprio lì, nel cuore pulsante dello shopping, l’aria è internazionale e le storie d’integrazione si moltiplicano rione dopo rione. Insieme ai numeri degli stranieri che nel capoluogo sardo hanno trovato casa, lavoro e anche l’amore.
Città multietnica
Cinque continenti e centotrentasette paesi lasciati alle spalle: il volto multietnico di Cagliari mette insieme ottomila e quattrocentoquattro stranieri. Almeno secondo gli ultimi a disposizione. Sul primo gradino del podio si piazza la comunità filippina: con una percentuale del 17,6 per cento supera tutte le altre etnie presenti. Seguono gli ucraini, a quota 10,7 per cento, e al terzo posto ci sono i rumeni (8,8 per cento). Su novecento ucraini, 778 sono donne, in netta prevalenza rispetto ai connazionali di sesso opposto. Proporzione che si ribalta parlando della comunità senegalese: su un totale di 724 residenti, le rappresentanti del gentil sesso si fermano a 64. Ci sono anche tredici afghani, un yemenita, cinque neozelandesi, tre danesi e un maltese. Piccoli tasselli di un quadro variegato custodito dentro le mura di una realtà che – a detta degli interessati – supera a pieni voti la prova accoglienza. La conferma arriva da chi oltre il mare ha trovato una nuova vita.
Farmacista palestinese
Ultimo di undici figli, 59 anni, padre di una diciassettenne e moglie sarda: «Nel ’48 purtroppo la mia terra è stata occupata. Sono finito in Giordania, orfano di padre quando avevo appena sei anni e mezzo», racconta Omar Zaher . «Volevo studiare, grazie ai sacrifici dei miei fratelli sono arrivato in Italia». Prima tappa a Perugia, a diciotto anni e mezzo: ha frequentato un corso di italiano per poi fare le valigie per il viaggio di sola andata a Cagliari. Qui si è laureato in Farmacia, specializzato in Tossicologia e Farmacologia chimica, e ha iniziato a lavorare come informatore medico scientifico. Oggi ha un posto a tempo come farmacista ospedaliero e in curriculum vanta anche vent’anni in politica. «Qui ho trovato tutto ciò che cercavo, ho costruito una famiglia e sono perfettamente integrato. Ciò che ho oggi ripaga i sacrifici fatti all’inizio. Ricominciare la vita in una terra straniera non è facile per nessuno».
Cagliari-Minsk
Giuseppe Carboni, console onorario della Bielorussia in Sardegna, non ha dubbi: «È una delle comunità più integrate e numerose nell’Isola, decisamente sottostimata dai numeri ufficiali che non prendono in considerazione i tantissimi bambini e adolescenti adottati da famiglie del posto». I fumi arrivati in cielo dalla centrale di Chernobyl sono il marchio a fuoco che non si dimentica. Il ricordo indelebile di centinaia di bambini che nell’Isola hanno trovato l’aria buona nei mesi di vacanza, e spesso la salvezza all’interno di famiglie che da ospitanti saltuari hanno regalato una felicità a tempo indeterminato. Olga Izofatova, oggi ha ventotto anni, da quando ne aveva sette ha fatto la spola tra Bolscie Lyotzi, un paesino a pochi chilometri da Vitebsk e cinquecento circa dai confini con la Russia. «Sin da piccolina dicevo che mi sarei trasferita nella vostra Isola. A Cagliari trascorrevo tre mesi all’anno con una signora sarda con tanto buon cuore e senza figli. Era legatissima a me, e io a lei». Dalle visite periodiche Olga è pronta a festeggiare gli undici anni in pianta stabile a Cagliari. Nel frattempo ha preso la laurea triennale e specialistica in lingue, si è sposata con un cagliaritano e insegna russo.
Sara Marci
L’Unione Sarda, 9 aprile 2021
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