Seduta solenne per le celebrazioni di Sa Die de Sa Sardigna
(a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio Regionale della Sardegna). Nella foto: il Consiglio Regionale della Sardegna conclude la mattina di ‘Sa Die de sa Sardigna 2021′ in piedi, cantando l’inno sardo: Procurade ‘e moderare, barones, sa tirannia …’.
La seduta solenne in occasione della 29esima edizione della ricorrenza di “Sa Die de sa Sardigna” è stata aperta dal presidente Michele Pais.
Nel suo intervento di saluto ha parlato della “giornata di noi sardi”, fatta di celebrazioni e riflessioni su unità valori comuni del nostro popolo, ma purtroppo condizionata quest’anno da una pandemia che ha sconvolto le nostre vite. L’insurrezione del 1794 e la cacciata dei piemontesi da Cagliari, ha proseguito, ha di fatto aperto una nuova stagione politica attenta all’identità, ai territori, all’autonomia, alla specialità e a nuove prospettive. Sa Die dunque, ha detto ancora il presidente del Consiglio, ci ricorda chi siamo e ci indica la direzione da seguire per la Sardegna che vogliamo; la storia del popolo sardo unito contro lo straniero ci consegna una lezione importante, perché oggi più che mai la Sardegna ha bisogno di tutti.
Se quello di Sa Die è stato un nuovo inizio, ha aggiunto Pais, oggi siamo chiamati a superare un momento drammatico e ripartire, con una Sardegna capace di esprimere una nuova autonomia. Con la legge sulle autonomie, ha osservato il presidente, abbiamo tracciato un quadro istituzionale più avanzato e paritario, nel quale i territori tornano protagonisti, città e campagne, grandi centri e piccoli paesi insieme alla Regione, in prima fila per il riconoscimento della condizione di insularità. Ricorderemo questi come gli anni dei “colori”, ha affermato poi il presidente del Consiglio regionale, che hanno avuto conseguenze devastanti sul mondo produttivo e sulle fasce più deboli, soprattutto i giovani, così come non dimenticheremo chi ci ha lasciati in una guerra senza vincitori. Nell’auspicare che la Sardegna sappia fare ancora fronte comune, Pais ha concluso il suo intervento ringraziando quanti oggi lavorano contro il virus in prima linea mettendo a rischio la propria vita,e rivolgendo ai sardi un appello ad ascoltare la scienza ed accettare il vaccino, compiendo un gesto libero e responsabile nei confronti di tutti.
Il presidente ha quindi dato la parola all’avv. Antonello Angioni, del Comitato “Sa Die”.
Angioni ha dichiarato in apertura che se dovessimo raccontare i sardi non potremmo che partire dal periodo nuragico e dalla sua vicenda plurimillenaria, per arrivare all’insurrezione figlia del periodo giudicale e dei quattro regni sardi che esprimono per la prima volta una identità statuale sovrana.
Anche in quel periodo, ha ricordato, la Sardegna era isolata e poteva contare solo sulle sue forze, ma riuscì a bloccare l’avanzata dell’Islam nel Mediterraneo e ad affermare durante i giudicati una Sardegna unita e libera dalle dominazioni straniere, orgogliosa della sua identità, della sua lingua, della sua cultura, delle sue tradizioni e del suo ordinamento giuridico. Il ricordo di quella stagione non si è mai spento, ha continuato l’avv.Angioni, ma ha vissuto in altri contesti storici, anche durante la dominazione spagnola e la lotta contro l’assolutismo, negli stamenti del parlamento sardo che fornì un grande contributo alla formazione di una coscienza nazionalitaria ed autonomista.
La “sarda rivoluzione” di fine ‘700 ed i moti antifeudali capeggiati da Giovanni Maria Angioy, battuto militarmente ma mai vinto nelle idee, raccontano la rivolta di un popolo protagonista delle sue rivendicazioni e della volontà di stare “dentro” la storia e di dare vita ad una stagione di libertà.
Oggi, ha detto Angioni avviandosi alla conclusione, i “pensatori” dell’autonomia hanno il dovere di indicare cosa fare nel presente, in uno sforzo collettivo che, partendo dalla ricomposizione dei frammenti del passato, traccia la strada per uscire da ogni subalternità, al servizio di un nuovo agire politico, fondato sull’autonomia come progetto di autogoverno per nuovo modello di sviluppo nell’orizzonte europeo e mediterraneo.
Il presidente ha poi dato la parola ai capigruppo. Il capogruppo dei Riformatori Sara Canu ha ricordato che l’Isola, da sempre al centro del Mediterraneo e purtroppo terra di conquista per assecondare le lotte di potere di potenze straniere, ha saputo opporsi agli invasori, come insegnava un grande intellettuale come Giovanni Lilliu parlando di “costante resistenziale”. Con la vicenda storica di “Sa Die”, ha proseguito la Canu, la Sardegna fa un grande passo in avanti nella valorizzazione del sentimento dell’identità; oggi quindi, da un lato, celebriamo la giornata “dell’orgoglio sardo” ma dall’altro, con lo sguardo rivolto al futuro, ci sentiamo fortemente impegnati nella battaglia contro gli svantaggi dell’insularità e per una nuova rappresentatività politica in Europa e nel Mediterraneo.
Noi chiediamo, ha detto infine l’esponente dei Riformatori, le stesse opportunità per superare il divario che ci separa dalle altre Regioni ed il Consiglio è stato già protagonista di questa battaglia, con la riforma dell’art 119 della Costituzione, con la proposta di legge nazionale per la creazione della macro Regione del Mediterraneo occidentale, e oggi dal Recovery Found, dal quale non vogliamo stare fuori.
Il capogruppo di Leu Eugenio Lai, prendendo lo spunto dalle grandi sofferenze che sta vivendo la Sardegna a causa dell’emergenza sanitaria ed economica, ha sostenuto che questa edizione de “Sa Die” non può essere solo una festa ma piuttosto una occasione di riflessione, un appello all’unità di tutto il popolo, forze politiche, sociali e sindacali, ed alla capacità di riscossa dell’intera società sarda. I problemi della sanità e della pandemia, ha proseguito Lai, oggi chiamano la politica ad un atteggiamento del tutto diverso, per questo rivolgo un appello al presidente della Regione Christian Solinas perché dia finalmente inizio ad un percorso di condivisione delle scelte in un momento così difficile aprendosi al confronto con i parlamentari dell’Isola e tutta la società sarda. Noi, ha ribadito il consigliere di Leu, diamo un giudizio fortemente negativo sulla Giunta regionale sul Recovery Found perché le risorse stanno andando altrove, nonostante avessimo sollecitato da tempo un grande dibattito per discutere delle linee strategiche del programma: non tutto è perduto ma è chiaro dobbiamo cambiare rotta, il Governatore non può e non deve agire da solo ma aprire una nuova stagione per rilanciare la Sardegna, dando una svolta alla legislatura, mettendo da parte il Dl n.107 ed occupandosi a fondo di disoccupati, imprese, famiglie e persone fragili. (Af)
Il capogruppo di Fratelli d’Italia, Francesco Mura, ha criticato i riferimenti alla polemica politica su fatti recenti, evidenziata dal collega della minoranza che lo ha preceduto, per ricordare “il senso e i valori profondi” della giornata dell’orgoglio sardo («il resto è analfabetismo costituzionale»). Mura ha quindi sottolineato “il difficile momento” e la “fondamentale battaglia contro il Covid, i cui esiti non sono affatto scontati”, per auspicare “una reazione del popolo sardo, coraggiosa come quella del 1794, per sconfiggere la pandemia”. L’esponente della maggioranza ha ricordato i lutti e la sofferenza della Sardegna ed ha poi insistito sulla crisi drammatica che penalizza imprese e famiglie, affermando che “la Regione ha compiuto grandi sforzi ma ne servono ancora di più grandi”. «La sfida – ha dichiarato il capogruppo FdI – è uscire dalla crisi economica e sociale per rilanciare tutti i settori produttivi». Mura ha rivolto critiche alle chiusure imposte dal governo Draghi («non credo alla storia che non esistono governi amici perché esistono governi nemici»), ha invocato una efficace campagna vaccinale e ringraziato i sardi per i sacrifici fatti “anche a costo della limitazione della libertà personale”. «Il riscatto della Sardegna – ha concluso Francesco Mura – è nelle nostre mani e non possiamo sprecarlo nella riproposizione di promozioni partitiche che fanno riferimento all’indipendenza, perché noi siamo contrari in quanto ci sentiamo italiani di Sardegna (come disse Almirante nel suo ultimo comizio in piazza del Carmine a Cagliari)».
Il capogruppo di Forza Italia, Emanuele Cera, ha incentrato il suo intervento sulla grandezza dei Giganti di Mont’e Prama per stimolare “il popolo sardo” ad una orgogliosa presa di coscienza. «Il 28 aprile – ha affermato l’esponente della maggioranza – non sia un rito ma un momento di valori condivisi. Sia impegno che rivolgiamo alle nostre comunità e non solo velluto e launeddas». Cera ha anche sottolineato “le scarse volte in cui, nel corso della storia, i sardi si sono ribellati o sono insorti contro gli oppressori” ed ha criticato “l’unità di facciata” per poi chiedere: «Basta alibi!». «Basta con le soluzioni paternalistica – ha insistito Cera – serve una nuova pagina di grandezza e un momento di insurrezione delle idee e del coraggio per la ricostruzione morale e culturale della nostra terra».
Roberto Caredda, capogruppo del Misto, ha incentrato il suo intervento “sui tempi complicati dal Covid” ed ha definito l’emergenza pandemica “la nuova guerra da vincere”. «Come nel 1794 – ha affermato l’esponente della maggioranza – serve la partecipazione popolare ed un grande senso di comunità». Ricordato l’eroismo dei “camici” e “la grande solidarietà dei sardi”, l’onorevole Caredda ha concluso: «Oggi, iniziamo a vedere la luce in fondo al tunnel ma serve un comportamento responsabile da parte di tutti ed essere pronti a ripartire più forti di prima».
«Oggi c’è poco da festeggiare – ha affermato Michele Ciusa, capogruppo M5S – perché per il secondo anno consecutivo celebriamo Sa Die in un regime di restrizioni che stanno causando gravi sofferenze alle imprese e ai cittadini». L’esponente della minoranza si è quindi concentrato sulla “ripartenza” per auspicarne un’effcace programmazione delle diverse fasi: «Il rilancio dovrà essere basato sulle nostre peculiarità e una volta partiti non si dovrà più tornare in dietro». Con riferimento all’emergenza sanitaria, Ciusa ha auspicato “l’ottimizzazione della campagna vaccinale” ed ha invitato la Regione ad adoperarsi “perché nessuno resti in dietro e dunque a recuperare le risorse inutili per garantire i sostegni a tutti”.
Il capogruppo Pentastellato ha quindi ricordato un episodio di vita dell’illustre bisnonno (lo scultore Francesco Ciusa) che dopo essersi perfezionato all’accademia della belle arti di Firenze ed aver partecipato con successo alla biennale di Venezia con la famosa opera “la madre dell’ucciso”, ricevette l’offerta di un magnate americano per trasferirsi negli Stati Uniti: «Mio nonno decise di declinare l’invito e scelse di restare qui, per riconoscenza verso la Sardegna, dopo essersi consultato col suo amico poeta e scrittore Sebastiano Satta che gli disse: se sei debole parti, se sei forte resta».
Il capogruppo del Pd, Gianfranco Ganau, ha rievocato i momenti più salienti della “sarda rivoluzione” ed ha sottolineato il “il tono intimo” con il quale si celebra Sa Die. L’esponente dell’opposizione ha ricordato i drammi dell’emergenza Covid ed ha affermato: «Oggi non è un momento celebrativo quanto un momento di riflessione che vuole coinvolgere l’intera società sarda». Il riferimento al contingente momento politico è stato “l’opportunità che ci deriva dal Recovery” perché “la Sardegna, attraverso il corretto utilizzo delle misure straordinarie, può davvero superare i ritardi storici legati all’insularità”. «Siamo davanti all’occasione per riscrivere un nuovo piano di rinascita – ha insistito il capogruppo Dem – ma serve uno sforzo unitario ed il piano coinvolgimento del Consiglio regionale, delle istituzioni e dell’intera società sarda». Nel finale del suo intervento l’appello: «Il presidente Solinas ritiri il disegno di legge n. 107 che da settimane paralizza i lavori del Consiglio e non riguarda nessuna delle priorità che interessano i sardi».
«Il 28 aprile è – ha spiegato Francesco Agus, capogruppo dei Progressisti – è un momento di riflessione collettiva sulla nostra storia che è fatta di capitoli di una stessa storia, di momenti gloriosi e di resistenza, come è stata Sa Die in Castello nel 1794». Ricordando la legge istitutiva della festa dell’’orgoglio sardo, l’esponente dell’opposizione, ha invitato il presidente del Consiglio a verificarne la corretta applicazione in ordine all’insegnamento nelle scuole della storia sarda ed è quindi passato ad affrontare i temi dell’attualità politica, ad incominciare da quelli che attengono l’emergenza Covid. «In Sardegna – ha attaccato Agus – c’è disperazione e preoccupazione, perché si è incrinato il sogno di una Sardegna libera, non legata ai rapporti amicali, dialogante con il continente, autorevole, che faccia dell’autonomia un modo di segnare la via oltre il mare». Agus ha quindi lamentato “una perdita di credibilità” dell’istituzione autonomistica e del suo presidente («non ha superato l’emergenza sanitaria e si è diffuso il sentimento di una Sardegna come luogo insicuro e mal gestito»).
Anche il capogruppo della Lega, Dario Giagoni, ha evidenziato “il secondo anno di sa Die con la funesta ombra della pandemia globale” tanto che ha aggiunto: non mi sento di definirla come un festa. «Una giornata non solo simbolica – ha spiegato il consigliere della maggioranza – ma soprattutto di memoria storica che ci ricorda tanti eventi tragici e le dominazioni che hanno segnato la Sardegn». Inevitabile il riferimento al dramma del Covid («ha portato desolazione e disperazione») ma l’augurio è che davanti all’emergenza e alle restrizioni: i sardi come nel 1794 sappiano rompere le le catene per riconquistare libertà e identità. «Nei momenti più difficili – ha tuonato Giagoni – il popolo sardo ha saputo dimostrare unione e forza e lo farà anche in questa occasione». Nel finale dell’intervento il ricordo delle gesta eroica di Domenico Millelire che, prima medaglia d’oro al valor militare delle Forze Armate, sconfisse la flotta di Napoleone nell’Arcipelago di La Maddalena.
Il capogruppo dell’Udc, Gianfilippo Sechi, ha preferito concentrarsi sulla ricostruzione storica degli eventi del 28 aprile e sui passaggi storici e politici che ne hanno portato all’istituzione come festa del popolo sardo, con la legge n. 44 del 1993 del Consiglio regionale. «Sa Die – ha spiegato il capogruppo della maggioranza – ci ricorda un momento di lotta unitaria del popolo sardo per l’autodeterminazione e l’autogoverno e la cacciata dei piemontesi ha un significato simbolico che deve essere attualizzato». Sechi ha quindi ricordato la grandezza dei personaggi protagonisti della stagione dei vespri sardi, ad incominciare da Giovanni Maria Angioy e dall’autore dell’inno sardo, Francesco Ignazio Mannu. «Operiamo con unità e senza divisioni – ha concluso l’esponente della maggioranza e in questa giornata di festa ricordiamo la lingua sarda come fondamento della nostra specificità culturale e identitaria».
«Alla nostra festa manca il popolo – ha dichiarato il capogruppo del Psd’Az, Franco Mula – insieme con l’abbraccio dei sardi ed il protagonismo dei nostri artisti e del mondo dello spettacolo, penalizzato forse più di altri dalle restrizioni da Covid». «Ciò che è più importante – ha proseguito l’esponente della maggioranza – è però affermare che Sa Die, nonostante tutto, c’è ed è celebrata nel parlamento dei sardi». Mula ha quindi definito sa Die, la legge sulla bandiera e quella dell’inno ufficiale “come doni del Psd’Az che quest’anno celebra i cento anni dalla sua fondazione”. «Riaffermiamo – ha dichiarato il consigliere sardista – l’insostituibilità dei simboli che rappresentano la nostra sardità e che sono riconosciuti perché condivisi dal popolo sardo». Il capogruppo Quattro Mori ha quindi ricordato le difficoltà della Sardegna per il protrarsi dell’emergenza sanitaria ed ha sottolineato l’eroismo degli operatori della sanità. Quindi l’appello alle forze politiche e all’intera società sarda perché si ritrovino unità e compatezza davanti ai grandi temi della politica: riforme, salute, sviluppo, lavoro e identità. (A.M.)
Subito dopo gli interventi dei capigruppo, l’Aula ha ascoltato l’esecuzione dell’inno sardo da parte dei Tazenda introdotto dalle launeddas di Roberto Tangianu e dall’organetto di Peppino Bande.
Ha quindi preso la parola il presidente della Regione Christian Solinas che, in apertura del suo intervento, ha letto un messaggio di auguri inviato dal presidente del Consiglio esecutivo della Corsica Gilles Simeoni.
Solinas ha quindi proseguito mettendo da parte l’intervento scritto in lingua sarda per rispondere, a braccio, alle sollecitazioni dei capigruppo. «La coscienza collettiva di una nazione e di un popolo intero si ritrova nei simboli che la sua storia ha costruito che abbiamo istituzionalizzato con provvedimenti normativi grazie anche a un Partito, il Psd’Az, che quest’anno compie un secolo di vita –ha detto Solinas.
Il gonfalone della Sardegna, l’inno e la nostra lingua sono elementi costitutivi di un comune sentire che lega ogni sardo al di là della sua appartenenza politica». Il presidente ha poi fatto riferimento all’attualità e alle conseguenze provocate dalla pandemia: «Quest’anno in particolare Sa Die si pone come fulcro di un periodo che si è aperto con la Pasqua, proseguito con i 100 anni del Psd’Az, la Festa della Liberazione e l’84° anniversario della morte di Gramsci e anticipa il 1° maggio. Assume dunque un senso ancora più profondo dopo mesi difficili di sofferenza per il popolo sardo. Piangiamo le vittime della pandemia, vediamo la disperazione di famiglie e di intere popolazioni, basta pensare a ciò che sta accadendo in India. Davanti a questo obiettivo il messaggio deve essere di prospettiva e di speranza». Solinas ha quindi replicato ad alcune affermazioni dei capigruppo del centrosinistra: «Sono state rievocate nuove tirannie, abusi insopportabili, nuovi feudatari – ha proseguito il capo dell’esecutivo – è vero: queste sfide si ripropongono ciclicamente e assumono, di volta in volta, le vesti di un feudatario, di un governante, di una politica sbagliata, di una pandemia. Credo però che oggi, davanti a certe insopportabili strumentalizzazioni e mistificazioni, si debba compiere in quest’aula lo sforzo di passare dalla celebrazione al paradigma, da semplice rievocazione a un comportamento che ci consenta di non ripetere gli errori del passato»
Per Solinas : «Sa Die de sa Sardigna ha segnato l’apice dei vespri sardi, la cacciata dei Vicerè e dei piemontesi in una vicenda originale, arrivata dopo la Rivoluzione Francese e, seppur staccata da quegli eventi, subì un’anticipata restaurazione molto più feroce di quella che si ebbe nel resto d’Europa dopo il Congresso di Vienna. In Sardegna la forza bruta dei Savoia giustiziò decine di sardi, squartò i cadaveri per appenderli alle 4 porte della città di Cagliari. E’ un aspetto del quale non parliamo, è l’altra faccia della medaglia. Il 28 aprile vengono cacciati i piemontesi e da lì parte un importante esercizio di cultura giuridica dei sardi che attraverso le antiche istituzioni del Regno riescono a governare in maniera ordinata la cacciata dei Vicerè. La Reale Udienza assume le funzioni viceregie a sale riunite, come era stabilito dagli antichi statuti, e Giommaria Angioy ha l’intuizione di integrare queste istituzioni con la convocazione dei tre Stamenti ecclesiastici, militari e reali. Angioy capisce però che quegli Stamenti non saranno in grado di rappresentare appieno una società che era radicalmente cambiata. Mancava infatti la borghesia delle città che chiedeva rappresentanza e mancava la rappresentanza delle popolazioni rurali. Quella saldatura tra i moti del 28 aprile a Cagliari e la spinta feudale ebbero però un epilogo del quale dobbiamo avere il coraggio di parlare: fu una sconfitta per tutti i sardi. Perché vi fu una restaurazione così feroce? Perché chi mandò Angioy a liberare Sassari lo tradì e tradì i sardi restaurando il regime monarchico. Finché non diamo una risposta chiara a questa domanda rischiamo che il rito de Sa Die rimanga pura celebrazione e non diventi paradigma. Dobbiamo avere il coraggio di dire che quella sconfitta fu il frutto del tradimento e del discredito che alcuni sardi gettarono nei confronti di chi governava quella fase rivoluzionaria. L’arcivescovo di Cagliari Melano venne mandato da alcuni ben identificati ceppi familiari dell’Isola a trattare con il Papa la resa e il ritorno dei Savoia».
Il presidente Solinas ha quindi fatto un parallelo con la situazione attuale: «Quando ci si lamenta del presidente, quando le sedute di quest’aula sono costellate dal tentativo di delegittimare lo Stesso Consiglio e la maggioranza credo che si debba fare una riflessione. Proviamo a dire qualche verità: da quando è stato istituito il sistema dei colori, la Sardegna è la Regione che ha avuto meno settimane di zona rossa di tutta Italia. Qual è lo scandalo della gestione? Lo si dica tenendo però conto dei numeri e non delle opinioni: la Regione Sardegna è quella che ha stanziato più risorse proprie, aggiuntive rispetto a quelle del governo, per ristorare aziende, cittadini e imprese. Lo certifica anche il Sole 24 Ore». Sui vaccini e sulla situazione sanitaria, Solinas ha aggiunto: «Siamo in linea con il target e gli obiettivi assegnati dalla gestione commissariale nazionale. Nei giorni scorsi ci è stato detto di non andare oltre perché diversamente non si sarebbe potuto garantire l’approvvigionamento delle fiale. Vogliamo dire che la Sardegna è stata la prima ad aver vaccinato tutto il personale sanitario, circa 40mila soggetti e poi abbiamo proseguito con tutto il resto?».
Solinas ha poi svelato un dato sui soggetti fragili: «Su 14mila chiamate hanno risposto in 3800. Io credo, ricordando il passaggio dell’Inno sardo che dice “est s’ora”, se vogliamo che sia davvero l’ora, e non sia un momento sterile nella celebrazione di un pezzo della nostra storia, dobbiamo recuperare il senso della verità. Va bene lo scontro politico ma questo si deve giocare su dati oggettivi e non sulle strumentalizzazioni. Solo così si può trovare l’unità. Il popolo non salverà un partito o un altro. La capacità di dare risposte sarà valutata con riferimento a tutto il sistema politico. Non serve rappresentare una Sardegna in panne – ha detto Solinas – non serve chiamare qualche trasmissione d’oltremare per screditarci, non è il modo per difendere le istituzioni. Il valore de Sa Die è saper trarre un modo di comportamento che coinvolga tutte le forze politiche su un piano di verità».
Il presidente ha poi parlato del PNNR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza: «Ho detto che c’è tutta la disponibilità a discutere insieme, abbiamo provato più volte a coinvolgere l’Aula. Il Governo ha individuato missioni e sottomissioni di carattere generale. La seconda fase verrà regolata con specifici accordi di programma. Ci sono, come ha detto Draghi, 90 milioni di euro, il resto lo Stato ha deciso di gestirlo attraverso le sue partecipate. Auguro a tutti i sardi soprattutto a chi sta fuori, una Die de sa Sardigna che può essere un utile momento di riflessione e prospettiva, Guardiamo al futuro con ottimismo, guardiamo alle opportunità che il superamento della pandemia darà a tutti noi. Creiamo le condizioni perché un sardo possa decidere di restare nell’Isola».
La seduta si è conclusa con un altro intervento musicale dei Tazenda che hanno cantato il celebre pezzo di Badore Sini “Non Potho Reposare” e l’esecuzione dell’inno sardo da parte di tutti i presenti in Aula. (Psp)