17 de arbile 1921 – 2021 Sa die de sos chent’annos de su Partidu Sardu
17 aprile 1921 – 2021 Un secolo in difesa dei diritti dei sardi, di Christian Solinas, segretario nazionale del PSd’Az.
Il messaggio di Christian Solinas, segretario del PSd’Az e presidente della RAS (nella foto, che riproduce lo scoprimento della targa presso la sala degli Scolopi presso il comune di Oristano, ora sede del consiglio comunale: a destra; alla sua sinistra il presidente del partito, Antonio Moro) pubblicato su La Nuova Sardegna. L’Unione Sarda, che aveva preceduto l’appuntamento odierno con otto pagine distribuite in altrettante settimane, è uscita stamane con un inserto di otto pagine dal titolo “Chent’annos Psd’Az”.
17 aprile 1921 – 2021 Un secolo in difesa dei diritti dei sardi, di Christian Solinas, segretario nazionale del PSd’Az
Ci sono idee e valori che non hanno un tempo, che superano gli anni perché sanno declinarsi e sostanziarsi in contenuti nuovi mantenendo un ancoraggio solido ai sentimenti universali che li hanno espressi. E’ così che oggi ci ritroviamo dopo un secolo a celebrare i nostri padri fondatori.
A ricordare quel 17 aprile 1921 in cui nell’antico convento degli Scolopi ad Oristano Camillo Bellieni convinse i tanti reduci della sezione sarda dell’Associazione Nazionale dei Combattenti a superare la struttura associativa per fondare un organizzazione stabile, un partito politico che puntasse a realizzare quattro punti programmatici fondamentali: l’affermazione della sovranità popolare, il riconoscimento dell’autonomia amministrativa, dell’autonomia doganale e la soluzione della questione sociale. Erano un gruppo di giovani che aveva vissuto la sofferenza e la crudeltà di una guerra sugli altipiani, un’intera generazione strappata alle proprie famiglie, alla propria terra per ragioni distanti dal loro mondo, che distinguendosi per la propria fierezza e l’orgoglio di azioni eroiche e risolutive principalmente con le divise della gloriosa Brigata Sassari, con le penne nere degli Alpini, con le piume dei Bersaglieri, con gli elmi dei Granatieri di Sardegna e nella Cavalleria aveva lasciato sul terreno un immenso tributo di sangue, testimoniato da ben 524 medaglie al valor militare. Quell’esperienza così drammatica consentì loro di prendere coscienza della propria identità differente dal resto dei compagni d’armi, delle differenze abissali esistenti tra le condizioni economiche e sociali della Sardegna di allora rispetto alle regioni che attraversavano per raggiungere il fronte. Maturò in loro l’esigenza insopprimibile di un riscatto dell’Isola, di un’azione irrinunciabile per dare risposte effettive alle condizioni di abbandono e arretratezza nelle quali era stata lasciata sprofondare da una dominazione che ne aveva depredato le risorse ambientali, minerarie, boschive ed agroalimentari senza restituire nulla in cambio. Avvertirono nella sua interezza quella che il magistrato di Ploaghe, Giovanni Maria Lei-Spano, delineò anni prima nel suo celebre volume come la “Questione Sarda”. Su impulso di Emilio Lussu avevano già optato fin dal 1919 per una saldatura ideologica e programmatica con il movimento autonomista che aveva avuto tra i principali animatori nel dibattito del tempo i giovani universitari “fuori sede” Davide Cova e Attilio Deffenu, l’avvocato Umberto Cao e i fondatori della rivista “Il Popolo Sardo” Rinaldo Caddeo, Filiberto Farci ed Egidio Pilia.Da questa temperie culturale, con l’intento di coniugare le istanze della borghesia produttiva con le esigenze di emancipazione economica e riscatto sociale delle masse rurali nel grande disegno autonomistico, nasceva il Partito Sardo d’Azione: il più grande, consapevole ed organico progetto politico che i sardi abbiano avuto la ventura di esprimere a testimonianza dei simboli più autentici della propria identità di popolo, dei valori fondanti e riconosciuti di una comunità antica, del vissuto di una nazione in cammino verso quella che l’indimenticato Giovanni Lilliu definì felicemente “la frontiera Paradiso”.Da allora la nostra storia si intreccia indissolubilmente con le principali vicende politiche, economiche, sociali e culturali della Sardegna. Sempre con lo stesso nome e con lo stesso simbolo, i quattro mori. Alle prime elezioni per la Camera del Regno, nel maggio del 1921 ci onorò del proprio consenso un terzo dell’elettorato sardo. Siamo stati presenti nell’Assemblea Costituente e poi nel Parlamento repubblicano oltrechè nel Consiglio Regionale, il ritrovato organo legislativo erede dalla plurisecolare tradizione parlamentare autonoma alla quale i sardi avevano rinunciato nel 1847 con la fusione perfetta. Siamo stati i primi, dopo la parentesi fascista, a guerra ancora in corso a celebrare un congresso clandestino il 21 giugno 1943 a Bono, per la riorganizzazione del Partito e l’elaborazione di una proposta programmatica incentrata sulla rivendicazione autonomistica e sul cooperativismo. L’azione decisa dei consultori sardisti in seno all’Assemblea Costituente contribuì in maniera determinante per l’ottenimento dell’autonomia speciale nel quadro di uno stato articolato su base regionale.In questo tempo, pur con alterne vicende, i simboli, valori e ed il vissuto della Nazione sarda hanno trovato un riconoscimento legislativo grazie all’impegno, alla passione, alla generosità del Partito Sardo d’Azione, che per primo cento anni fa li iscrisse nel proprio statuto: l’autonomia, la lingua, la nostra bandiera comune, e Su patriotu Sardu e sos feudatarios come inno. L’approvazione nel 2017 del disegno di legge che adotta anche per la Regione Sardegna il lungo e complesso Carme del giudice ozierese Francesco Ignazio Mannu, rappresenta indubbiamente la conclusione di un percorso politico che da sardi, e soprattutto da sardisti, ci appartiene. Non spetta a me il compito di giudicare l’operato dei tanti sardisti che hanno operato nelle istituzioni in questa nostra lunga storia, ma certamente a me corre l’obbligo e l’onore di ricordare però che dalla ricorrenza di Sa Die de sa Sardigna, che celebreremo tra qualche giorno, alla bandiera dei quattro mori, che oggi esponiamo come vessillo ufficiale della Regione, e l’inno del Mannu, che oggi possiamo intonare come il canto di un popolo orgoglioso e fiero, sono i risultati politici ascrivibili all’azione e alle iniziative generosamente offerte alla Sardegna e alle sue istituzioni da una generazione di sardisti che, a partire dai primi anni novanta, ha raccolto l’oneroso testimone e l’eredità politica di Giovanni Battista e Mario Melis, di Michele Columbu e Carlo Sanna. Nei momenti più complessi e cruciali della vicenda storica della Sardegna, fatalmente, il Partito Sardo d’Azione si è trovato ad avere la responsabilità di tracciare un percorso, delineare un progetto, restituire la speranza ai Sardi. Così è stato dopo la Prima Guerra Mondiale con la fondazione del Partito. Così è stato dopo le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale per una ricostruzione non solo materiale di un’Isola falcidiata, dapprima in seno all’Assemblea Costituente e poi con le prime Giunte Regionali della storia autonomistica. E, ancora, cosi è stato dopo la crisi socio-economica profonda degli anni settanta, della deindustrializzazione e dell’abbandono del settore estrattivo, con il “vento sardista” e la prima giunta a guida di Mario Melis. llAnche oggi la drammatica crisi, sanitaria ed economica, determinata dalla Pandemia in corso vede il Partito Sardo d’Azione in prima linea, sulla prima trincea, nel posto che la storia da sempre gli ha assegnato. E qui siamo, in un momento drammatico e di grande sofferenza, a guidare l’Isola per portarla fuori da questa tempesta e restituire ai cittadini ciò che nel nostro Statuto è fissato come principio irrinunciabile, come obiettivo tra gli altri dell’azione politica: la felicità del Popolo Sardo. Oggi, siamo qui come allora ad Oristano, pur nella difficoltà del momento e con la consapevolezza del dolore dei tanti militanti e simpatizzanti che non potranno essere con noi per via delle limitazioni dovute al Covid-19. Ma ancora una volta, come i nostri padri, dinanzi alle sfide nuove del presente, che rappresentano le trincee e gli altipiani di allora, vogliamo urlare insieme un messaggio di unità e di speranza per scrivere i prossimi cento anni di storia della Sardegna, ben radicati nei nostri valori e ideali ma con lo sguardo rivolto al futuro : Fortza Paris!