« Bellieni , l’idea di Stato federale», di Massimiliano Rais
Dalla pagina culturale de L’Unione Sarda del 17 marzo 2021. A partire dal 3 marzo scorso il quotidiano cagliaritano dedica una sua pagina settimanale, curata dal suo giornalista Massimiliano Rais, alla storia del Partito Sardo d’Azione che la prossima settimana conclude i suoi cento anni. Pubblichiamo la terza, dedicata all’ideatore e primo dirigente, Camillo Bellieni, presentato attraverso l’intervista al prof. Michele Pinna, presidente dell’Istituto Bellieni.
« Bellieni , l’idea di Stato federale»
«Camillo Bellieni resta il principale artefice della nascita del Partito Sardo d’Azione. Credo sia un dato acquisito. È stato anche un ideologo, un grande ideologo».
Michele Pinna, nato a Bono, ha insegnato Filosofia al Liceo Classico Azuni e Letteratura sarda all’Università di Sassari, e continua a essere l’anima dell’Istituto Bellieni di Sassari, che dal 1989 custodisce e rinnova il ricordo del pensatore sardista. Michele Pinna puntualizza subito che «il termine ideologia per Bellieni non ha niente a che vedere con la vulgata marxista leninista di intellettuale organico al progetto della rivoluzione proletaria e neanche al progetto della costruzione di un partito politico con fini egemonici sia rispetto allo Stato, sia rispetto alla società. Per Bellieni “ideologo” è colui che si pone al servizio storico-culturale del territorio al fine di conoscerlo, studiarlo e insieme agire con gli strumenti della politica riformista per fare in modo che le sue risorse materiali diventino ricchezza diffusa dei cittadini nella libera circolazione mercantile».
Qual è la sua ideologia?
«Bellieni è un liberale e anche un liberista. I territori per lui devono avere gli strumenti politici di autogoverno per il loro sviluppo. Chiama i lavoratori “produttori”, non proletari, non operai, ma soggetti che producono. Si tratta di una visione illuministica pre giacobina».
Porta queste idee all’interno del Psd’Az.
«Soprattutto l’idea che le comunità, le nazioni, i popoli, devono pervenire all’autogoverno e all’autonomia che è il livello più compiuto e più maturo di una visione economico-politica autodeterminativa».
Autonomia e federalismo. Quali sono gli equilibri?
«Bellieni pensa sia utile rafforzare i poteri di autogoverno delle regioni per dare vita a uno Stato federale nascente dalle comunità locali. Ecco, dunque, il senso di creare in Sardegna un partito che potesse agire in questa direzione. Il fascismo pone fine al sogno e al progetto del sardismo ipotizzato da Bellieni. Lo Stato ripiomba nel suo centralismo sterile fino a dare spazio a una dittatura ventennale».
Appena tornato dal fronte della prima guerra mondiale Bellieni dice: “Ci sentivamo vicini alle idee di Salvemini. Sostenevamo che occorreva creare cittadini autosufficienti, capaci di amministrarsi da soli per eliminare le soverchie strutture dello Stato accentratore”.
«Ci sono tuttavia differenze tra Bellieni e Salvemini. Nelle teorie di Salvemini si rigenera la tradizione meridionalista querula e piagnona, mentre nel federalismo dell’ideologo sassarese s’intravede l’orizzonte di un nuovo metodo di vita democratica che abbia come punto di partenza le comunità locali e i territori. Bellieni, d’accordo con Lussu, auspicava patti regionali, per rifondare lo Stato su basi federaliste, dove tutte le regioni potessero essere protagoniste con la stessa dignità e, all’interno di ogni regione, patti intercomunitari tra territori affini ispirati alla sussidiarietà e al solidarismo».
Camillo Bellieni e gli altri leader del Partito Sardo d’Azione.
«Rapporti di stima reciproca in una dialettica sempre aperta e vivace. Il pluralismo e persino l’anarchismo che ha sempre caratterizzato il Psd’Az erano ispirati dall’etica del rispetto e del confronto democratico. Bellieni è sempre stato riconosciuto come il grande teorico, il grande studioso, l’uomo che ha vissuto per la storia, che non ha mai ricoperto un incarico pubblico, che mai è stato eletto in un’assemblea, neanche municipale. Il suo carisma e la sua personalità rigorosa e intransigente venivano da lontano».
L’impegno di Camillo Bellieni nel secondo dopoguerra, nel periodo del consolidamento delle istituzioni democratiche travolte dal fascismo.
«Continua a dedicarsi alla ricerca storica. Pubblica il monumentale volume sulla Sardegna nel Medioevo. Segue la politica dall’esterno con occhio attento e vigile. Scrive articoli giornalistici e lunghe lettere agli amici sardisti e agli esponenti di altri partiti».
L’Istituto che lei dirige quale ruolo svolge?
«Bellieni è una fonte primaria e preziosa di ispirazione della nostra ricerca orientata verso gli studi sardi: dalla lingua alla storia, alla letteratura, alla filosofia, ai fenomeni sociali e antropologici vecchi e nuovi. L’autonomia, amava dire lo studioso, è principalmente un fatto di educazione e proprio sull’educazione e sulla sensibilizzazione lavora il nostro Istituto dedicato a uno spirito libero, che intravedeva una Sardegna “patria” e “culla” di grandi risorse umane, culturali e materiali».
Massimiliano Rais
Un libro dedicato all’amico Emilio conosciuto sul Carso
Un sodalizio umano e politico che nasce nelle trincee del Carso, nella guerra in cui maturano le idee che costituiscono le fondamenta del Partito Sardo d’Azione. Camillo Bellieni nel libro “Emilio Lussu”, pubblicato nel 1924 dalla casa editrice “Il Nuraghe”, descrive così il momento in cui ha conosciuto colui che è destinato a diventare il “cavaliere dei rossomori”.
«In una baracca un po’ ampia due uomini erano seduti su lettucci di assi e di sacchi. Il maggiore, un po’ anziano, dai grandi occhi neri e dai baffi marziali, e il suo aiutante, un giovanotto con gli occhiali, il viso piccolo tutto barba, il resto del capo avvolto in un passamontagna. Presentazioni: Sottotenente Bellieni – Maggiore Cuoco – Tenente Emilio Lussu». Bellieni, dopo aver coraggiosamente combattuto su diversi fronti della Prima guerra mondiale con il Reggimento Fanteria, si unisce ai “sassarini” sul Carso: «Per obbedire alla strana disposizione del Comando Supremo che imponeva ai militari di stirpe sarda di raggiungere al più presto la Brigata Sassari, che doveva essere al più presto ricostituita».
Nelle 68 pagine del volume, voluto da Raimondo Carta Raspi, storico e intellettuale, artefice della casa editrice “Il Nuraghe”, vengono rievocate le eroiche imprese dei Diavoli Rossi che conquistano e difendono con ardimento le trincee dei Razzi e delle Frasche. «Fu questa difesa – scrive Bellieni – la pagina più eroica della Brigata Sassari, più della conquista delle due trincee». Lussu non si risparmia: «In quella circostanza fu ammirabile. Tenne i collegamenti. Percorse la linea del fuoco, rincuorò i sopravvissuti al bombardamento, guidò i pochi plotoni di rincalzo nelle zone del fronte dove non erano che morti. Nei momenti più drammatici si trasformò in lanciatore di bombe, in soldato di linea». Il suo ritratto: «Alto snello, la schiena dritta, un visetto di bimbo, il naso corto e un po’ all’insù…Gli occhi truci, scintillanti dietro gli occhiali. Truci e a un tratto pieni di dolcezza, quando rideva».
Secondo il direttore dell’Istituto Bellieni, Michele Pinna, «il libro ha un valore politico. Prefigura l’idea di un partito fondato su disciplina e rigore ma anche su un confronto franco e aperto proprio come Lussu aveva dimostrato di saper fare mettendo in discussione, se necessario, gli ordini dei suoi superiori». (m.r.)
Due medaglie al valore e un’assoluta fede antifascista
Sassarese, classe 1893, Camillo Bellieni trascorre la sua infanzia a Thiesi dove il padre è farmacista. Si laurea in Giurisprudenza e in Filosofia. Si trasferisce a Napoli dove frequenta i circoli politici di matrice radicale e conosce Margherita Ciampo che poi sposerà. Al fronte, viene ferito gravemente in battaglia. Sul Carso conosce Emilio Lussu. Riceve due medaglie al valore.
Teorico del sardismo, dalle sue idee il 17 aprile del 1921 a Oristano nasce il Psd’Az. Antifascista, non accetta compromessi con il regime. Deve lasciare la direzione della Biblioteca dell’Università di Bologna. Con contratti precari insegna “Storia e Filosofia” negli istituti di diverse città italiane. Nel 1943 è a Sassari. Lavora all’Università come bibliotecario. Si oppone alla scelta “socialista” di Emilio Lussu. «Lussu in esilio conobbe un mondo diverso, più vasto di quello sardo. Allacciò conoscenze con gli esponenti socialisti. Aveva acquistato una dimensione più vasta di quella sardista», dice Bellieni a Giacomo Mameli nell’intervista pubblicata su L’Unione Sarda il 10 settembre del 1974. Muore a Napoli il 9 dicembre del 1975. (m. r.)