Anche a Cagliari: dal benessere alla Caritas in un anno, di Andrea Artizzu
Avevano un lavoro stabile, una casa, una macchina e molti confort di una vita senza particolari problemi. Poi è arrivato il Covid a dare la mazzata finale e ad accelerare e, in certi casi, amplificare una crisi già esistente. Ecco l’identikit dei nuovi poveri con la cravatta , uomini e donne sbattuti fuori dal sistema produttivo e ora quasi sul lastrico. Quel quasi è l’ancora di salvezza gettata nel mare della disperazione dalla Caritas di don Marco Lai che offre sostegno morale ed economico alla vita quotidiana dei bisognosi.
Bollette di Enel e Abbanoa, mutui della casa, pacchi di cibo e persino le bombole del gas. I numeri sono da brividi e fotografano in modo realisticamente crudele come famiglie, prima considerate “normali” ora vivono a un passo dal tracollo.
La crisi ha abbracciato molte categorie di lavoratori. In prima linea quelli legati alla ristorazione e all’alberghiero che però da lunedì vedono una luce in fondo al tunnel con la “Zona bianca”. Ma ci sono anche gli agenti di commercio, tassisti, commercianti in genere e tanti altri.
Vita difficile
Al secondo piano di via Ospedale, sede del servizio di accoglienza per senza dimora, i volontari accolgono i bisognosi. In quella che un tempo era una cella del convento, don Marco Lai ha impiantato il suo quartier generale. «In questi primi due mesi del 2021 abbiamo già comprato 75 bombole del gas e saldato decine di bollette di acqua e luce, oltre ad aver pagato decine di affitti o inserimenti abitativi». Uno sforzo enorme non solo economico. «Aiutiamo i più poveri a trovare casa in locazione e a garantire la caparra. Poi ci sono anche gli abbonamenti al Ctm. Perché l’indigente – dice don Marco Lai – spesso vive da fuorilegge. Insomma, è come se piovesse sul bagnato».
Colletti bianchi
Al centro diocesano si rivolge una tipologia particolare di persone. Niente a che fare con gli ospiti della mensa di viale Sant’Ignazio, spesso segnati da disavventure legate a droga e alcol. In via Ospedale bussano impiegati e “colletti bianchi” che una casa ce l’hanno. «Diamo aiuti per consentire alle persone di conservare la privacy e la dignità. Una possibilità contro il degrado della famiglia», spiega don Marco Lai.
Numeri impietosi
Il Covid ha fatto precipitare situazioni già instabili. «Nel 2019 le famiglie assistite erano 3.232 (71,5% italiani, 28,5% straniere, 0,7% apolidi). L’anno scorso – afferma il responsabile della Caritas del capoluogo – le richieste sono state 5.904 (71% italiani, 27,1% stranieri, 1,9% apolidi). Un incremento spaventoso – commenta don Marco Lai – di persone senza lavoro o di chi non ha reddito sufficiente per sbarcare il lunario.
I nuovi poveri
«Poche categorie di lavoratori si sono salvate dal disastro economico causato dalla pandemia e non sono entrate in uno stato di povertà. Sono persone e settori che hanno risentito del Covid: imprese legate all’edilizia, ristoranti, alberghi, commercianti e cassintegrati, rappresentanti. Migliaia di persone senza alcuna entrata. Il reddito di cittadinanza – aggiunge il religioso – per questa tipologia di persone non è servito, perché nel 2019 le entrate e l’Isee erano oltre le soglie stabilite per poter godere del contributo statale. Insomma – precisa don Marco Lai – oltre al danno è arrivata anche la beffa per un aiuto che è rimasto solo un ristoro e ha contribuito solo in minima parte all’inserimento lavorativo dei disoccupati».
Andrea Artizzu
L’Unione Sarda, 3 marzo 2021