Piccoli ospedali della Sardegna: da chiudere per ragioni economiche oppure mantenerli per modificare l’offerta assistenziale? Di Mario Budroni
Premessa. La situazione in Sardegna. Le buone intenzioni della Regione Sardegna. La rete ospedaliera in Sardegna. Distribuzione dei posti letto (PL) per ASL di riferimento. Un commento sui dati. Conclusioni.
Premessa. Nel 1988, il Ministro della Sanità Carlo Donat Cattin, in applicazione delle leggi 23-10- 985, n. 595 e 08-04-1988 n° 109 proponeva un riequilibrio dei posti letto nel territorio nazionale con un’ipotesi di chiusura dei piccoli ospedali (quelli con meno di 120 posti letto). Il Ministro prometteva che la direzione delle Unità Sanitarie Locali (USL) sarebbe stata affidata a manager, di sicuro profilo professionale, per ottenere l’ottimizzazione economica del Servizio Sanitario. In realtà, l’obiettivo era unicamente quello di tagli ai servizi pubblici in generale in accordo con il liberismo predominante in Occidente nel decennio 1980-1990. Fu il primo tentativo di affrontare la cosiddetta questione dei piccoli ospedali. Da allora alcuni ospedali sono stati chiusi, altri dovranno essere chiusi o riconvertiti nel prossimo futuro. Nel corso degli anni il problema è stato affrontato diverse volte e con la legge 135 del 07/08/2012 si proponeva un numero di posti letto accreditati (pubblici + privati), a carico del Servizio Sanitario, a un livello standard non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza. Il problema dei piccoli ospedali, e del numero di posti letto in totale, è problema tuttora irrisolto. Infatti, in questi due anni di pandemia, da più parti si chiede l’aumento dei posti letto e la riattivazione di piccoli ospedali. Tuttavia la richiesta non si accompagna a una visione globale del problema, e innesca conflitti e contrapposizione tra popolazioni locali e Giunte Regionali.
La situazione in Sardegna. Di seguito i piccoli ospedali della Sardegna con indicati il numero di posti letto accreditati
- PO A. Segni Ozieri (118)
- PO Marino Regina Margherita Alghero (43)
- PO Paolo Merlo La Maddalena (30)
- PO C. Zonchello Nuoro (44)
- PO Nostra signora della Mercede Lanusei (11)
- PO S. Camillo Sorgono (36)
- PO AG Martino Bosa (71)
- PO San Giuseppe Isili (34)
- PO R. Binaghi Cagliari (92)
- PO Santa Barbara Iglesias (114)
- PO Cto Iglesias (36)
- PO San Marcellino Muravera (36)
- PO Microcitemico Cagliari (22)
- PO G.P. Delogu Ghilarza (67)
Le buone intenzioni della Regione Sardegna. Nel 2013 sembrava decisa e imminente la loro chiusura, ad oggi per la resistenza delle popolazioni e degli enti locali nessuno è stato chiuso. La Giunta Pigliaru nel 2015 propone la riorganizzazione della rete ospedaliera regionale in conformità a quanto disposto dalla normativa nazionale e regionale. Sulla base di queste, la Regione programmava la riorganizzazione in tre anni (2015-2018) con l’obiettivo di arrivare a regime nel 2018. Inoltre, sulla base di due leggi (Leggi regionali n. 21/2012 e n. 23/2014), definiva i criteri per la riorganizzazione della rete ospedaliera, di seguito riportati.
a) Dotazione di posti letto non superiore a 3,7 per1.000 abitanti, di cui 3 per acuti e 0,7 per riabilitazione e lungodegenza post acuzie;
b) Riduzione dei posti letto a carico dei presìdi ospedalieri pubblici per una quota non inferiore al 50 per cento del totale dei posti letto da ridurre;
c) c) tasso di ospedalizzazione inferiore a 160 ricoveri per 1.000 abitanti di cui il 25 per cento riferito a ricoveri diurni;
d) Tasso di utilizzazione di posti letto non inferiore al 75 per cento in ragione annua: tale tasso è calcolato in proporzione al numero di giorni di funzionamento della struttura;
e) Istituzione di camere a pagamento e di spazi per l’esercizio della libera professione intra moenia per una quota di posti letto compresa tra il 5 per cento e il 10 per cento, non calcolata nell’indice di 3 posti letto per acuti;
f) Previsione, nel rispetto dei criteri stabiliti nelle lettere a), b), c), d) ed e), della partecipazione al sistema sanitario di strutture private, favorendo la parziale riconversione dei posti letto oggi esistenti in posti letto di riabilitazione e lungodegenza post acuzie.
g) I criteri di cui alle lettere a, b e c non si applicano ai seguenti ospedali di: Ozieri, Bosa, Alghero, Tempio Pausania, Ghilarza, Sorgono, Isili, Muravera, La Maddalena
h) Le aziende sanitarie locali organizzano, nell’ambito della programmazione e delle specifiche linee-guida regionali, uno o più ospedali di comunità, anche mediante la ristrutturazione della rete ospedaliera di cui all’articolo 4 della legge regionale 7 novembre 2012, n. 21 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria connesse alla manovra finanziaria e modifica di disposizioni legislative sulla sanità), e la riconversione di posti letto per la degenza in strutture già esistenti.
i) Incorporazione nell’azienda ospedaliero-universitaria di Sassari del presidio ospedaliero ”SS. Annunziata”, attualmente facente capo all’ASL n. 1 di Sassari;
j) Incorporazione nell’Azienda ospedaliera di rilievo nazionale “G. Brotzu” dei presidi ospedalieri “Microcitemico” e “Oncologico – A. Businco”, attualmente facenti capo all’ASL n. 8 di Cagliari.
La rete ospedaliera in Sardegna. La rete ospedaliera regionale si compone di 5901 posti letto (PL) complessivi, di cui 5527 per acuti e 374 per post acuti. I PL pubblici sono 4865 (di cui 4718 acuti e 147 post-acuti), quelli privati 1036 (809 acuti e 227 post-acuti). Su una popolazione di 1.663.859 abbiamo un indice di 3,55 PL per 1000 abitanti, di cui 3,32 PL per acuti e 0,22 post-acuti. In altre parole sul totale siamo sotto di 0,65 per mille, con un eccesso di PL per acuti a tutto discapito di quelli post-acuti. In forza del Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 133 (c.d. Sblocca Italia), art. 16, la Regione non tiene conto dei posti letto accreditati per l’ospedale e polo di ricerca dell’area territoriale della Gallura (DGR 24/1 del 26.6.2014) (Mater Olbia) ai fini del rispetto dei parametri del numero di posti letto per mille abitanti per il periodo 2015-2017. Con la disponibilità del Mater arriviamo a 3,7 PL/1000 abitanti e aumentiamo lo squilibrio tra acuti e post-acuti.
Distribuzione dei posti letto (PL) per | |||
ASL di riferimento | |||
ASL | PL | POP. | PL/1000 ab |
Sassari | 1307 | 335097 | 3,9 |
Olbia-Tempio | 356 | 158518 | 2,25 |
Nuoro | 442 | 158980 | 2,78 |
Ogliastra | 175 | 57699 | 3,03 |
Oristano | 520 | 163511 | 3,18 |
Medio Campidano | 176 | 100676 | 1,75 |
Carbonia-Iglesias | 323 | 128551 | 2,51 |
Cagliari | 2602 | 560827 | 4,64 |
RAS | 5901 | 1663859 | 3,55 |
Un commento sui dati. Per quanto riguarda i PL (3,55/1000 ab.) e il tasso di ospedalizzazione (15,6%) siamo nel rispetto delle indicazioni ministeriali; per l’occupazione dei PL abbiamo un valore del 73% circa, più basso della media nazionale e dello standard di riferimento. Nessuno dei piccoli ospedali sardi è stato chiuso. Il 44% dei PL sono negli ospedali della città metropolitana di Cagliari; sommando questi con quelli di Sassari arriviamo al 66%. Se i bacini di utenza non sono adeguati, c’è il rischio che il personale non acquisisca l’expertise necessaria, che le attrezzature e i servizi di supporto alla clinica siano sottoutilizzati. Oltre un certo limite, l’aumento di volume delle attività non è determinante quanto la formazione del team e i protocolli di provata efficacia per diagnosi e trattamento. Fatto salvo il volume d’attività, l’esperienza dei singoli professionisti è in gran parte indipendente dalle aree geografiche in cui operano, poiché le procedure mediche e chirurgiche oggi sono effettuate secondo linee guida internazionali e quindi, di fatto, globalizzate.
La programmazione. La distribuzione degli ospedali nella nostra Regione non è frutto di una programmazione. La concentrazione eccessiva a Cagliari e Sassari dipende dal loro maggior peso politico all’interno del Consiglio Regionale. Anche l’accreditamento del Mater Olbia non è frutto di una programmazione, ma di un’esigenza di recuperare investimenti stranieri. Grazie al virus Sars2-Covid19, gli ospedali di Isili, Ghilarza, Bosa e Muravera, già candidati alla chiusura, sono ora indispensabili nella lotta alla pandemia. La Giunta Solinas li ha, infatti, inseriti nel piano straordinario per far fronte alla seconda ondata dei contagi, raddoppiando i posti letto disponibili per i malati infetti. L’emergenza coronavirus ha dimostrato come il punto debole della Sanità sia la mancanza della medicina del territorio, non quella di piccoli ospedali. I piccoli ospedali sono stati utilizzati durante l’epidemia per surrogare la mancanza dei servizi territoriali. Il ricovero in ospedale, forse, è stato più dannoso che benefico. È generalmente accettato che il trattamento a domicilio avrebbe evitato contagi, permesso un riconoscimento più precoce della malattia e forse evitato in molti casi la progressione della stessa. A livello ospedaliero sono mancati i letti e il personale delle terapie intensive; e queste non si possono programmare nei piccoli ospedali a portata di mano. In quanto obbligati da disposizioni nazionali, in questo momento si raccolgono informazioni su tasso d’occupazione dei posti letto, sul tasso d’ospedalizzazione e numero di posti letto per 1000 abitanti. Per programmare la salute di una popolazione servono anche altri criteri che esponiamo di seguito. Bisogna tracciare un profilo epidemiologico della popolazione; censire Ospedali e Unità Operative Specialistiche presenti nel territorio; valutare la presenza di servizi per l’emergenza-urgenza; rilevare la Casistica storica, in urgenza e in elezione; accertare le competenze professionali del personale medico, infermieristico e tecnico. Bisogna inoltre verificare le apparecchiature e la tecnologia; stimare i flussi di prestazioni verso l’interno del territorio e verso l’esterno; aver chiare le infrastrutture territoriali (le strade di accesso, i trasporti, la vicinanza o meno ai centri abitati). Conclusioni. Da quanto fin qui esposto, si evince che le decisioni politiche sulla Sanità in Sardegna non sono dettate da criteri presenti in un programma chiaro, ma da motivazioni spesso elettorali e talvolta contraddittorie. Per la riconversione di un piccolo ospedale bisognerebbe presentare ai cittadini e agli enti locali coinvolti, un’analisi epidemiologica e sociale che renda più accettabile la rinuncia all’ospedale sotto casa. In assenza di una documentazione dettagliata, è plausibile il sospetto che l’intervento abbia senso solo dal punto di vista economico e che si tratti di tagli al Servizio Sanitario mascherati da necessità di razionalizzazione e miglioramento della qualità e della sicurezza. Anche all’interno della classe medica si discute sulla deospedalizzazione perché è avvenuta una transizione epidemiologica verso malattie non trasmissibili (il cancro, il diabete e alcune malattie degli apparati respiratorio e cardiocircolatorio), che tendono a cronicizzarsi e a presentarsi insieme. Di fronte a queste modificazioni si dovrebbe riorganizzare la rete del territorio (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, servizi di prevenzione, case della salute, ospedali di comunità); ripensare la rete degli ospedali, sulla base dei bacini d’utenza e dei bisogni di salute della popolazione; definire, mediante percorsi chiari, l’integrazione delle cure fra territorio e ospedale. Nel momento in cui si accredita un ospedale, grande o piccolo che sia, bisogna anche affidare funzioni precise e queste devono determinare l’adeguatezza delle risorse e delle competenze necessarie. Altri criteri usati per definire i finanziamenti in sanità sono scorretti e talvolta con fini non dichiarati. Secondo il quotidiano “Sanità” del 04/03/2021, solo il 30% delle Regioni ha istituito le “Case della Salute” e gli ospedali di comunità. In Sardegna non è stata aperta nessuna “Casa della Salute” né un ospedale di comunità. Senza una riorganizzazione dei servizi territoriale è fuorviante parlare di revisione della rete ospedaliera.