Nereide Rudas poetessa: C’è un Ade nel mio cuore, presentazione di Maria Michela Deriu
Sintesi di Amore, scienza, identità, cultura, intelligenza e fragilità.
Ci vorrebbe Roland Barthes per fare un’analisi fondata del perché Nereide Rudas abbia scelto questo titolo, un nome impegnativo per dare senso, nel tempo, a versi che appartengono ad un geloso privato.
Un Ade nel cuore, cosa poteva significare per Nereide Rudas?
E’ complicato, parliamo di una personalità eclettica che simbolicamente si addentra nel vasto e contraddittorio campo della mitologia.
Ovviamente in assenza dell’autrice e di Roland Barthes non possiamo che formulare delle ipotesi.
La prima: Ade, dio dell’oltretomba, domina, nei ritagli di tempo rubati alla scienza, l’immaginario visionario di Nereide Rudas in segno di morte.
Difficile da credere, più accettabile l’ipotesi di un Ade, luogo dell’oscurità e delle ombre.
Luogo dove la ferita prende forma in poesia.
Luogo dove la madre è carne e terra ma questa materialità diviene impalpabile ed evanescente.
Luogo di riscatto politico.
Luogo di compassione e passione.
Luogo del ricordo.
Orgoglio delle radici.
In questo spazio pubblicheremo alcune poesie di questa raccolta, ma vorrei che fosse la stessa autrice a presentarle.
“Questo genere di parole solitamente giace, non so se per nostro vantaggio o per nostra sfortuna, sul fondo di cassetti non frequentati di vecchie scrivanie o riposa in scatole, improbabilmente segrete.
Il buon senso e il pudore spesso le mantengono sommerse per sempre”.
L’autrice si presenta con pudore, probabilmente, se non fosse stato per l’insistenza di persone a lei care, non avremmo conosciuti queste intime confessioni.
Ma i libri una volta pubblicati hanno una loro vita propria, per questo senza scomodare i luminari della semiologia ognuno legga per sè questi versi facendosi guidare dalla sensazione che in ogni lettore può suscitare.
Prima per istinto, poi razionalmente, ho scelto queste due liriche che parlano del vento.
Il tema di questa prima presentazione di Nereide Rudas poetessa è
Il Vento.
L’autrice dà a questa lirica il titolo
Marzo ancora
Torna,
vento di marzo.
Io ero l’abitante
di quella interna terra
ove tutto era senso.
Ma dice nulla
chi dice casa
e l’ha perduta.
Nell’esilio la parola
si cancella come l’orma
sull’orlo della rena.
Ma tu vento
che libero trapassi
le dita delle palme,
frusciando l’ombra,
canta l’assenza,
altra ombra dell’uomo,
che non è vuoto,
ma struggente amore
per ciò che manca.
Torna,
vento di marzo.
Perduto il luogo,
fammi tornare il tempo,
fammi essere marzo ancora
Marzo 1989
Nessun commento oltre l’evidenza. Anche un esilio privilegiato comporta nostalgia.
Ri-torno
E ancora ritornai
nel rovescio del viaggio,
dietro l’azzurro
del mio interno pianeta,
oltre l’immaginario
punto di fuga.
Un moto d’aria
scompose i miei capelli
e mi tolse i pensieri.
Persi memoria d’altre genti
d’altri luoghi.
Ricordai solo il vento
profumato di mirto;
non l’operoso vento
dell’umana ventura
da ché spinse
l’avida vela
dall’audace Odisseo,
ma l’ozioso e forte
vento che mai fu
ed è sempre esistito.
Il sempre vento
la morbida e possente
onda del cielo
qui nacque, crebbe
e generò se stesso.
Discreto amante
della mia schiva terra,
di notte la sposò.
Da mille e mille anni
bacia e consuma
il suo tacito volto.
Dal loro amore
si duplica incessante
l’eterno dondolio
del ventaglio celeste
che ama e cerca
la fanciulla di pietra.
La forza del suo ozio
genera l’utopia ferma
delle sue chiuse genti.
Anch’io caddi
nel mare d’aria
che precede il tempo,
nel sogno ambivalente
che cova e tarpa
desideri di gloria.
Sola mi ritrovai
nella mia Isola culla,
ove sempre si ri-torna
quando si arriva
in qualunque altro luogo.
Nereide Rudas, Agosto 1989
In queste liriche il Vento ha la stessa forza e forma di un Dio simile a un capriccioso abitante dell’ellenico Olimpo.
Un Eolo bizzarro che spinge i suoi grandi spiriti lontano da chi li ha generati.
Dio Vento mitico amante di questa nostra terra.
Dio Vento che abiti in noi in duplice essenza.
Dio Vento che curioso ci spingi nei lidi di altra conoscenza.
Dio Vento che raramente ri-porti alla tua amante i grandi spiriti partoriti dal suo grembo.
Mi son chiesta piu’ volte perché le grandi menti della nostra terra, sospinti dal vento, l’abbiano lasciata per sempre:
Emilio Lussu Armungia 4 dicembre 1890- Roma 5 marzo 1975.
Grazia Deledda Nuoro 28 settembre 1871 – Roma 15 agosto 1936
Salvatore Satta Nuoro 9 agosto 1902 – Roma 19 aprile 1975
Efisio Marini 13 aprile 1835 Cagliari- Napoli 11 settembre 1900.
Anche Gramsci morì a Roma ma la sua non fu una scelta.
Nereide Rudas nacque a Macomer 20 settembre1925 e morì a Cagliari 26 maggio 2017.
Coerente, morì nella sua terra.