ANNIVERSARI, di Salvatore Cubeddu
Ricorrono i settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, i duecento anni dalla nascita di Fedor Dostoevskij, i duecento dalla morte di Napoleone Bonaparte e due secoli e mezzo dalla nascita di Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Poi c’è la politica e in Italia si ritornerà a parlare della ‘questione comunista’ a trent’anni dalla scomparsa del PCI. In Sardegna si tratterà del Partito Sardo d’Azione e della sua permanenza ormai secolare.
C’è una certa fretta nello scollinare l’anno. L’elenco sui giornali delle ricorrenze importanti del 2021 ne è un segnale.
I settecento anni dalla morte di Dante Alighieri (Firenze 1265 – Ravenna 1321) impegneranno scuole, istituzioni culturali ed esami di maturità. Arricchimento culturale e promozione dell’identità nazionale italiana muoveranno università e istituzioni.
Ricorrono pure i duecento anni dalla nascita di Fedor Dostoevskij (Mosca 1821 – San Pietroburgo 1881), i duecento dalla morte di Napoleone Bonaparte (Aiaccio 1769 – S. Elena 1821) e due secoli e mezzo dalla nascita di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Stoccarda 1770 – Berlino 1831). E, scusate se è poco!
Poi c’è la politica e in Italia si ritornerà a parlare della questione comunista a trent’anni dalla scomparsa del PCI. In Sardegna si tratterà del Partito Sardo d’Azione e della sua permanenza ormai secolare.
Del Partito Comunista Italiano Wikipedia indica come data di ‘fondazione’ a Livorno il 21 gennaio 1921, e con ‘dissoluzione’ il 3 febbraio 1991. E’ più giusto ma più doloroso il termine ‘dissoluzione’ rispetto a ‘scomparsa’, dato che la grande parte dell’organizzazione è ancora individuabile nella pars major del presente Partito Democratico. La dissoluzione rimanda alla contemporaneità della sua fine con quella che è stata la vera ‘dissoluzione’ di un impero, quello sovietico, che dai Soviet (consigli degli operai e dei contadini) aveva preso nome e progetto e su cui Bordiga, Gramsci e Togliatti avevano derivato per il PCI l’identificazione negli obiettivi e la vicinanza nel modello organizzativo. Il comunismo a guida sovietica è arrivato al capolinea, portandosi dietro anche il suo referente più importante e potente in Occidente, il PCI appunto. Tale contemporaneità non potrà non guidare le opposte letture.
Il Partito Sardo d’Azione celebrava nel 1991, per la prima volta solennemente, il suo settantesimo anniversario (ad Oristano il 17 aprile 1921 – 1991) cosciente della vittoria concessagli dalla storia, allorché – a partire dalla Polonia e passando ai Paesi Baltici, soffermandosi sulla ‘caduta del muro di Berlino, e via via coinvolgendo dopo l’Europa Orientale gli stati oltre gli Urali – passò drammaticamente la nuova aria della libertà anche alle nazioni interne della ex-Iugoslavia. I popoli si battevano per le loro libere istituzioni, altre nazioni si facevano stato. Il perenne sogno della liberazione dei poveri dal bisogno si infrangeva nel muro del totalitarismo comunista realizzato.
In Occidente si intensificavano i collegamenti tra le Etnie e i Popoli senza stato. E’ del 23 febbraio 1991 il documento cui partecipano i sardi, i valdostani, i sudtirolesi, i ladini e i friulani nella scrittura degli undici punti della “Carta dei diritti delle comunità etniche’, che confermava, a livello dello stato italiano, il coordinamento dell’ALE (Alleanza Libera Europea). Siamo al 1991, ventinove anni fa, quando ancora il sistema politico italiano ancora non era imploso, tutto coinvolgendo ed iniziando mutazioni ancora non concluse.
Mentre scriviamo il destino delle libertà istituzionali dei ‘Popoli senza stato’ è legato all’esito finale delle conseguenze del referendum catalano (e della sua repressione da parte dello stato spagnolo) e dalle scelte degli Scozzesi in presenza dell’applicazione della Brexit. Ma questa è ‘la storia da fare’, nelle condizioni date e contemporaneamente ad altre urgenze.
In ogni caso il 2021 ritorna una sola volta e la solitudine imposta dall’insistere della pandemia consente maggiori riflessioni sul tempo che passa, ad iniziare da quello che è passato, e che chiama a rinnovare l’impegno.
Ognuno, secondo scelte e competenze, è chiamato a fare la propria parte.
La Fondazione Sardinia continuerà nell’impegno per lo sviluppo dell’identità dei Sardi attraverso una pubblicazione storica (il terzo volume di SARDISTI, dell’autore di questo articolo) e l’uscita della ricerca conclusa nell’anno che trascorre su SA LINGUA DE CASTEDDU (scritti da: Daniela Mereu per la fonologia, Fabio Usala per la grammatica e la sintassi, Paolo Zedda con l’antologia poetica). La lingua e la storia rappresentano il fondamento dell’identità di ciascun popolo.
Quello che è e sarà il Partito sardo è nelle mani dei suoi iscritti, dei militanti e della sua dirigenza. Contrariamente ai comunisti, i Sardisti esistono e avranno il piacere e il dovere di confermare ai Sardi le ragioni della continuità di quanto iniziato quattro generazioni orsono dal meglio della gioventù di allora: IL SARDISMO.
Cagliari 31 gennaio 2020