In Francia: “ISLAMOFOBIA”, L’ARMA LETALE, di Giulio Meotti
“I casi Paty e Mila rivelativi del successo di una parola (ISLAMOFOBIA) creata dagli islamisti”. Parla Philippe d’Iribarne (autore del libro: “Islamophobie. Intoxication idéologìque”. “C’è consapevolezza dell’esistenza di un ecosistema islamico favorevole agli attacchi. Lo sviluppo di Macron è spettacolare”. “Chi non è ancorato, grazie famiglia, a un forte patrimonio culturale e religioso si trova in una fase di massiccia deculturazione”.
Mila, una liceale diciassettenne minacciata di morte sui socia! per avere insultato l’islam, deve vivere in clandestinità dall’inizio del 2020. Ha dovuto lasciare il liceo, dove la sua sicurezza non era garantita, ed è stata accolta da un liceo militare, tenuto segreto, mentre viveva sotto la protezione del Ministero dell’Iterno. Però Mila è stata appena espulsa perché, secondo il ministero delle Forze armate, la sua presenza nella scuola rappresenta un rischio inaccettabile per lei e per i 750 studenti. Il suo caso è indicativo della capacità di intimidazione acquisita in Francia dal movimento islamista, nelle sue minacce contro chiunque si permetta di criticare vigorosamente l’islam. Su questo punto, questo movimento ha acquisito il potere di imporre la sua legge sul territorio francese”.
A parlare così al Foglio è Philippe d’Iribarne, direttore cli ricerca al Centre national de la recherche scientifique (Cnrs). Vite distrutte con una parola: “islamofobìa”. Dopo Mila, che ha ricevuto trentamila minacce di morte, Samuel Paty, decapitato. E tanti altri, uccisi o scomparsi dalla scena pubblica. L’invenzione di questo reato ideologico, che è una cosa ben diversa dall’attacco razzista ai musulmani in quanto persone, serve a negare la realtà di un’offensiva islamista; intimidisce gli occidentali che scrivono liberamente e isola i riformatori musulmani interessati al cambiamento; riabilita, infine, il reato d’opinione per impedire ogni contraddittorio.
“La storia abbonda di episodi in cui il desiderio di far trionfare una causa ha portato alla fabbricazione di prove”, racconta al Foglio d’Iribarne, che a quest’arma che sparge terrore intellettuale ha dedicato il suo ultimo libro per Albin Michel, “Islamophobie. Intoxication idéologìque”. “Si ricordano i processi cli Mosca come la vicenda Dreyfus. Il discorso sull’islamofobia segue questa logica. Un rapporto del 1997 di una ong britannica, ‘Islamophobia, A challenge for us’, è ampiamente considerato il punto di partenza per l’uso del termine. Trasmette l’immagine dei musulmani che subiscono l’ostilità di un mondo occidentale che li stigmatizzerebbe a parole e li discriminerebbe nei fatti. E’ un’arma di lotta per impedire ai musulmani che vivono in questo mondo di integrarsi pienamente. Trasmette loro un messaggio: ‘l’occidente è animato da passioni malvagie; qualunque cosa tu faccia, la tua appartenenza all’islam non ti renderà mai accettato come membro a pieno titolo; l’unica opzione onorevole a tua disposizione è combattere un mondo che ti rifiuta e unirsi per cercare la supremazia su cli esso’. Lancia simultaneamente un messaggio al mondo occidentale: ‘se alcune delle tue leggi e alcuni dei tuoi membri stanno lottando contro la morsa di una forma di vita ispirata dall’islam, stai violando i tuoi stessi ideali di rispetto per tutte le religioni”‘.
L’effetto cli questa accusa su giornalisti, scrittori, intellettuali e politici è devastante. “Da un lato, la maggior parte della sinistra e buona parte del centro, impegnati nell’ideale multiculturale o che vede nei musulmani di oggi gli eredi degli ebrei dell’epoca del nazismo, ha preso il sopravvento. D’altra parte, una cosiddetta minoranza repubblicana di sinistra -pensiamo alla figura emblematica di Elisabeth Badinter- così come una parte del centro e gran parte della destra e soprattutto dell’estrema destra, hanno respinto questa idea. Con la serie di attacchi islamisti appena avvenuti in Francia, il panorama sta cambiando. C’è una certa consapevolezza su un ecosistema islamico favorevole agli attacchi. Lo sviluppo di Macron è spettacolare ”.
E’ significativo che il governo di Jean Castex abbia sciolto il Collettivo contro l’islamofobia in Francia, che “era in prima linea nel lanciare accuse di islamofobia non appena veniva scoperto il lato oscuro dell’islam”, ci dice d’Iribarne. “Ma questo sviluppo non è unanime, con la resistenza di una parte notevole della sinistra, si pensi a Jean-Luc Mélenchon o Edwy Plenel. Diverse sono le correnti di sinistra che hanno adottato un atteggiamento di difesa dei musulmani, con motivazioni diverse. Una ha in parte radici cristiane e sottolinea l’accoglienza degli stranieri e la loro protezione da una società ritenuta xenofoba. Un’altra corrente, alla ricerca di truppe in grado cli attaccare la società borghese-capitalista, si sente tradita dal mondo operaio, che è passato in modo schiacciante all’estrema destra e fa affidamento ai musulmani come sostituti. Ci sono anche gli eredi delle lotte per la decolonizzazione, compresi i ‘portaborse’ che hanno aiutato il Front de Libération Nationale (Fln) algerino. Gli islamisti sanno adattarsi a questi diversi profili. In particolare abbiamo una corrente, in connessione con i Fratelli musulmani, che si presenta come portatrice di un ‘islam moderato’, rispettoso delle istituzioni della Repubblica, dal profilo basso finché si è lontani dal potere in modo da placare la sfiducia delle società ospitanti. Chi ne fa parte punta i riflettori sul ‘dialogo’, compreso il dialogo islamocristiano”.
Samuel Paty è stato appena decapitato dopo essere stato stigmatizzato in quanto “islamofobo”. “La libertà di espressione è sotto attacco per diversi motivi”, ci dice d’Iribarne. “Da un lato, un certo numero di organizzazioni, tra cui il Collettivo ma anche le cosiddette organizzazioni antirazziste, utilizzano tutte le risorse offerte loro dalla repressione dell’incitamento all’odio per perseguire molti di quelli che parlano troppo schiettamente del lato oscuro dell’islam. Di solito perdono, ma la paura di essere denunciati ha effetti intimidatori e mette a tacere coloro che desiderano parlare francamente. Alcuni di coloro che sono più critici vivono sotto la protezione della polizia, soprattutto se sono musulmani. Gli insegnanti sono sottoposti a forti pressioni da parte di molti studenti musulmani in materie in cui la visione del mondo sostenuta dall’islam è messa in discussione: filosofia, storia, scienze naturali. Molti si autocensurano. Al momento sembrerebbe impensabile, negli insegnamenti della storia dell’islam, fare riferimento alle opere degli storici e non alla leggenda aurea a cui si riferisce il mondo musulmano”.
Le nostre élite sembrano poco disposte a combattere l’attuale islamizzazione di molti segmenti delle società. “Fino a oggi sono state molto passive, non volevano vedere cosa stava succedendo o credevano che avessimo a che fare con un fenomeno transitorio, che sarebbe svanito con il progredire delle generazioni. Ora scopriamo che non è così. Un’indagine condotta ad agosto in occasione del processo a coloro che hanno aiutato i fratelli Kouachi nel massacro di Charlie Hebdo ha portato a interrogare i musulmani francesi sulla proposizione ‘l’islam è incompatibile con i valori della società francese’. Lo ha detto il 29 per cento dei musulmani intervistati, che sale al 45 tra gli under 25. Poi c’è lo studio realizzato dall’Istituto Montaìgns, che valuta la quota di musulmani che rifiutano l’integrazione nella società maggioritaria, intorno al 25 per cento che sale al 50 tra i giovani. C’è paura di essere accusati di razzismo e, ancor di più forse, di essere accusati di essere ‘complici’ dell’estrema destra. Molti, inoltre, hanno tardato a rendersi conto che non stavamo solo affrontando pochi individui isolati che rifiutavano la società francese, ma un’azione collettiva, con attori come i Fratelli musulmani. Gli ultimi attacchi hanno prodotto uno choc che accresce la volontà di combattere. E’ ancora troppo presto per dire come ciò si rifletterà nel lungo termine”.
D’Iribarne ha scritto un altro libro, “Chrétien et moderne“, per Gallimard. “Sembra che in Francia ci sia un rapido processo di scristianizzazione”, ci spiega. “Il Concilio Vaticano II sembra avere svolto un ruolo importante in questo sviluppo. Da una generazione, questo vecchio cristianesimo è stato in gran parte sostituito da un cristianesimo molto più sociale, attento a costruire un mondo migliore, dove i meno privilegiati vedrebbero la loro condizione radicalmente migliorata. L’ultima enciclica, ‘Fratelli tutti’, ben si sposa con questa tendenza. In Francia, come ha mostrato il libro ‘La sinistra di Cristo’, questo movimento ha avuto l’effetto di una grande rottura nella trasmissione dell’appartenenza cristiana. Un cristianesimo più spirituale, con una grande devozione alla Vergine, è stato trasmesso molto meglio, soprattutto nei circoli privilegiati della parte occidentale di Parigi, e ora occupa un posto centrale tra i giovani seminaristi e sacerdoti. Non vediamo più quale sia la questione specificamente cristiana. In queste condizioni vale davvero la pena essere cristiani? Mi sembra che fino a quando questo contributo unico non sarà stato meglio compreso ed evidenziato, non vi è motivo per il cristianesimo di riacquistare il suo fascino”.
Gli islamisti stanno usando il senso di colpa occidentale per imporre la loro agenda. “In un universo veramente cristiano, il senso di colpa è inseparabile da quello di essere perdonati e di essere liberati dai propri peccati per ricominciare. In un mondo post cristiano, sembra che il senso di colpa, legato a uno sguardo critico sui propri difetti, sia esacerbato dalla perdita della prospettiva di perdono. Questo senso di colpa è utilizzato dagli islamisti e da tutte le correnti animate dall’ostilità verso l’occidente, in particolare negli Stati Uniti. Questi lo usano per diffondere una lettura selettiva della storia. Così la schiavitù transatlantica, che è la colpa degli occidentali, viene denunciata incessantemente mentre la schiavitù dei neri da parte degli arabi, che era allo stesso tempo più duratura, più estesa e più crudele, viene ignorata. Lo stesso vale per la schiavitù interna nell’Africa nera. Non parliamo della schiavitù degli europei in N ordafrica (si pensi ad esempio a Cervantes) che non viene mai citata. In Francia, solo la schiavitù transatlantica è stata definita un ‘crimine contro l’umanità’. C’è un totale oblio di tutti gli episodi dalle conquiste arabe dei primi secoli dell’islam, quando l’occidente cadde vittima del mondo musulmano. Questo senso di colpa fornisce ad alcune delle élite occidentali una sorta di convinzione che sia normale per coloro che sono stati maltrattati desiderare vendetta”.
Non aiuta il pensiero debole. “Il grande progetto moderno di emancipazione ha portato al desiderio di costruire una società libera dai particolarismi tradizionali. Si credeva che questo progetto, con il posto che ha riservato ai diritti umani, ai valori di libertà, di uguaglianza, potesse trascendere la diversità delle culture e delle religioni, che fosse autosufficiente. Le radici di questo progetto, che affondano in una cultura particolare, specifica del mondo occidentale, nutrita allo stesso tempo da eredità greca, romana e cristiana, sono state trascurate. Il desiderio di fare posto a tutte le culture, a tutte le religioni, su un piano di parità ha portato al rifiuto di principio di favorire questo radicamento. Per chi non è ancorato, grazie alla propria famiglia, a un forte patrimonio culturale e religioso, troviamo situazioni di massiccia deculturazione. E’ un caos postmoderno. Eppure, sono rimasto davvero molto colpito dalle reazioni all’incendio a Nutre Dame, simbolo di un Medioevo pieno di chiasso e furore ma anche di vita e di significato, testimone di un fervore di cui molti si sentono orfani in un tempo in cui restano le pietre ma dove i resti del cristianesimo vivente si dissolvono in un vago umanesimo senza sollievo né sapore”.
C’è da temere per il futuro dell’Europa occidentale. “Anche se sono un po’ meno preoccupato di prima”, conclude al Foglio d’Iribarne. “Mi sembra che stia emergendo dalle sue illusioni legate al sogno di una globalizzazione felice. Le ambizioni della Cina per il dominio del mondo sembrano svegliarla. Anche lo sviluppo del terrorismo islamista sul suo suolo sembra una fonte di ritorno alla realtà. Ma reagire a queste “minacce non è facile. Potremmo dire che è più facile resistere sul piano economico alla politica di saccheggio tecnologico avviata dalla Cina. Invece, reagire alla minaccia islamista è più complicato poiché è portata avanti in gran parte da individui che sono cittadini di paesi europei, che godono di tutti i diritti. E poi, la cosa più difficile è senza dubbio per gli europei ammettere di essere portatori di un’eredità particolare, che non potranno imporre al mondo ma che dovranno coltivare”.
Si potrebbe partire dalla lettura del messaggio che il padre di Mila ha inviato ai dirigenti scolastici: “Lettera ai codardi”.
Da IL FOGLIO 15 dicembre 2020