NON ADORO QUEL DIO, di Gianni Loy
Pensieri di molti di noi che in tanti avremmo voluto scrivere.
Non adoro quel Dio. Non mi unisco al sònito di mille voci che si rincorrono nell’etere alla ricerca della più grande iperbole mai coniata, per un mortale, nell’ora della morte sua. L’umanità è percossa e attonita alla notizia. Chissà se mai un piede mortale come il suo verrà di nuovo a calpestare il tappetto di un rettangolo di gioco per la delizia delle curve.
Sincera ammirazione o servile encomio?
Quando il deflusso della folla muove deciso verso un’unica direzione è difficile sottrarsi alla fiumana, è difficile non unirsi al coro che piange un re, un Dio.
Remare controcorrente non è facile ma, come si dice nei quartieri popolari, noblesse oblige. No. Son proprio sicuro di non adorare quel Dio.
Ma non vorrei che le mie parole fossero fraintese. Non condanno il suo genio calcistico. Lo riconosco e lo apprezzo. Se sia stato proprio il più grande di tutti i tempi, non saprei. Forse se lo chiede anche Edson Arantes do Nascimento, detto Pelè, che ha subito annunciato di volerlo incontrare prossimamente in cielo, immagino per l’ultima sfida, forse per decidere lassù, in terreno neutro, chi veramente sia stato il più grande. [segue]
Riconosco il suo genio calcistico, ovviamente, ma neppure condanno l’uomo. Come insegna Papa Francesco: Chi sono io, chi siamo noi per condannare? Cosa sappiamo dell’intimo di una persona, quali siano i suoi meriti e le sue sofferenze, cosa veramente passi per la mente di un uomo, o di una donna, nel bene e nel male?
Ecco: nel bene e nel male. Un ragazzo di periferia che, sfruttando i propri talenti, si è concesso eccessi, dentro e fuori dal campo, sino a diventare un mito.
Lo stesso obiettivo che ha diffuso i ricami palla al piede, ha mostrato anche le immagini, quasi grottesche, di un ex Dio quasi irriconoscibile, goffo e traballante come gli albatros costretti sul ponte della nave da marinai crudeli. Osannato, ma in alcuni momenti anche odiato, in Italia, come ai tempi dei mondiali del 1990.
Alti e bassi anche quando volava alto. Un alternarsi di polvere e di altare, settimana dopo settimana. Dopo gli eccessi estremi, dal dopopartita sino al martedì, a partire dal mercoledì il faticoso recupero per esser di nuovo pronto, nel pomeriggio della domenica, ad essere osannato nell’arena.
Poi la cocaina, il rapporto con le donne, la camorra. Una vita spericolata, sino alle denunce di violenza domestica. Ancora ieri, da qualche sito, arrivava l’invito a derubricare come bufale le accuse di qualche anno fa per presunta violenza nei confronti della compagna d’allora. Come se fosse possibile cancellare il passato. Proprio nei giorni in cui la società si interroga sull’incessante violenza e sugli omicidi di cui sono ancora vittime le donne.
Che possa riposare in pace! Sono convinto che abbia molto sofferto, che in tanti abbiano abusato, e continuino ad abusare, della sua amicizia, o della sua prossimità. Che per le sue abilità calcistiche meriti di essere ricordato, che per le sue debolezze meriti almeno misericordia, o pietà.
Ma non posso adorare quel Dio. Soprattutto mi spaventa l’idea che possa assurgere a modello. Non per sua colpa, evidentemente, ma per la piaggeria di quanti si affannano ad idolatrarlo senza rendersi conto del messaggio che così trasmettono.
La gloria, la fama, il denaro sovrastano ogni convinzione di giustizia, di uguaglianza. Non può passare l’idea che la fama ed il denaro siano il lasciapassare per qualsiasi condotta dissoluta.
Proviamo a pensare uno stile di vita come quello di Diego Armando Maradona astraendo dalla persona del campione. Chi l’avrebbe mai additato ad esempio? Chi avrebbe ricevuto le stesse attenzioni a lui riservate? In questo è stato veramente il più grande. Negli ultimi anni, abbiamo visto teste coronate, per molto meno, estromesse o appartate dalla loro famiglia. Vogliamo davvero inculcare, a chi ancora ha da apprendere, l’idea che la fama e il potere siano dei lasciapassare per qualsiasi condotta? Che se riuscirai a superare quella soglia potrai permetterti tutto?
Per quanto ci è stato dato vedere. A partire dal giorno in cui ci hanno mostrato le pupille dilatate di un campione che esternava gioia di rabbia al termine di un incontro di calcio, ho avuto l’idea che Diego Armando Maradona abbia molto sofferto, che non sia stato affatto felice. Eppure, nel tempo del declino, perché di declino si è trattato, si fingeva che tutto potesse tornare come prima, si allestivano improbabili scenari ad uso dell’opinione pubblica.
I suoi meriti sportivi non si discutono. L’uomo che non è riuscito a venir fuori dal tunnel lo rispetto. Non lo giudico, ma ritengo che il suo stile di vita non possa essere additato ad esempio.
Per questo non mi unisco al coro.
Le folle impazzite, in tutti i campi, pretendono che il proprio beniamino venga fatto Santo subito! Non mi sembra la migliore soluzione. Meglio prendersi un po’ di tempo, contare almeno sino a 10.
Gianni Loy