«Il futuro? Uno Stato federale». Aspetti del recente dibattito su La Nuova Sardegna.

 

Lo Stato federale è il futuro dell’Italia e la Federazione di Stati è invece quello dell’Europa. A sostenerlo è lo storico Gian Giacomo Ortu, già professore ordinario di Storia moderna all’università di Cagliari, commentando le parole dell’ex ministro Beppe Pisanu, che in una lunga intervista alla Nuova si è detto un regionalista deluso e un fautore degli Stati Uniti d’Europa.

«Sono abbastanza d’accordo con Pisanu sull’involuzione del sistema delle autonomie e forse soprattutto di quelle speciali – commenta Ortu -. Penso alla Sicilia, il cui istituto autonomistico è diventato una sorta di sentina vergognosa di corruzione e malaffare, anche per la presenza della mafia. Ma recentemente abbiamo visto anche la Valle d’Aosta, che sembrava un caso esemplare di autonomia speciale, ma ha mostrato di essere anch’essa infiltrata dalla criminalità. Sotto questo profilo il quadro è davvero desolante».

Ma al di là di questo aspetto lo storico non condivide le critiche dell’ex ministro al sistema delle autonomie in quanto tale. «Pisanu arriva a dire che la vita nazionale avrebbe scapitato con l’istituzione delle autonomie ordinarie – dice Ortu -. Ma questo significa mettere in discussione la base autonomistica della nostra Carta. L’ordinamento autonomistico dell’Italia è una grande conquista. Vi si impegnò tantissimo anche Emilio Lussu».

Per Ortu una soluzione per migliorare il sistema regionale italiano non sono di certo le autonomie differenziate, e su questo concorda con Pisanu. «Aumenterebbero gli squilibri territoriali. Il loro è un progetto di fiscalità di tipo egoistico, mica distributiva».

No, per lui la soluzione è un’altra. «La direzione da prendere è soltanto quella della trasformazione in senso federale dello Stato italiano. Forse può sembrare una chimera ma non c’è altra meta per superare i limiti del sistema autonomistico. In questo modo verrebbero meno le differenze tra regioni ordinarie e speciali. Tutte sarebbero democraticamente sullo stesso piano, ovviamente con la previsione di compensazioni per le regioni con svantaggi territoriali, quali la Sardegna. Solo un ordinamento federale può farci uscire da questa contraddizione tra autonomie speciali e ordinarie e dall’ipotesi di autonomie differenziate che scaturiscono solo da egoismi».

E anche sulla visione europea lo storico si dice d’accordo con Pisanu, soprattutto nella stroncatura dei sovranismi, che per Ortu sono «un virus come il Covid che ha infettato tutto il mondo».

Ma sul futuro della Ue ha una visione diversa. «Bene lo spirito europeista di Pisanu ma non la proposta. Oggi gli Stati Uniti d’Europa sono superati. A mio avviso si deve parlare di Federazione europea. Oggi la Ue è una associazione di Stati che stanno assieme anche per buona volontà. Concordo con Pisanu che l’Unione sia un passaggio fondamentale della storia europea, ma ora deve evolversi in federazione. Pisanu fa bene a parlare di sanità europea, ma senza un’Europa federata non è fattibile».

In linea con l’analisi dell’ex ministro è Gianfranco Ganau, capogruppo Pd, ma presidente del Consiglio regionale durante i festeggiamenti dei 70 anni dello Statuto. «Mi stupisce la lucidità che Pisanu mette in campo, fa invidia a tanti politici attuali – dichiara -. Ha una visione di futuro realistica e pienamente condivisibile. Mette da parte i sovranismi, i nazionalismi a favore di una prospettiva di Stati Uniti d’Europa. Il tutto con una critica al regionalismo differenziato rivendicato da alcune regioni ordinarie del Nord che non è inteso come esercizio di funzioni delegate dello Stato ma come una funzione di tipo sovranista. Le regioni si farebbero così antagoniste dello Stato, attraverso una rivendicazione del mantenimento in proprio delle entrate. Del tutto inaccettabile, verrebbe meno la funzione di intervento a favore delle regioni più deboli come sancito dalla Costituzione».

Quanto alla Sardegna, Ganau concorda con Pisanu sul fare salve le autonomie speciali. «Certo, è l’ora di rivedere lo Statuto in termini moderni per prevedere cose che 70 anni fa non esistevano, ma farlo in questo momento mi preoccupa. Non è così scontato che in una dinamica parlamentare ci sia un riconoscimento delle autonomie».

 

Da  LA NUOVA SARDEGNA, 4 ottobre 2020

 

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