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Rimuovere la statua di un tiranno significa cancellare la storia? di Francesco Casula

Posted By cubeddu On 2 settembre 2020 @ 06:54 In Ambiente e Urbanistica,Blog,Città e comuni della Sardegna,Storia della Sardegna | Comments Disabled

Mentre esplode il dibattito sul ruolo delle statue, in Sardegna l’associazione Figli d’Arte Medas ha proposto la drammatizzazione “Processo alla statua di Carlo Felice” di Gianluca Medas.

E andato in scena sabato 29 agosto alle 19:30 nella Sala Giunta del Palazzo Viceregio di Cagliari (Piazza Palazzo, quartiere Castello).

Io ho fatto la parte del Pubblico Ministero rispondendo soprattutto a chi ritiene che Spostare la statua di Carlo Felice – come sostiene lomonimo Comitato, significhi – cancellare la storia.

A questo interrogativo risponde con saggezza una ricercatrice di storia dell’Università di Cagliari, Valeria Deplano: “Le statue, come i monumenti commemorativi, o la toponomastica, non sono infatti “la storia”, ma uno strumento attraverso cui specifici personaggi o eventi storici, accuratamente selezionati, vengono celebrati; nella maggior parte dei casi – non sempre – sono le istituzioni, in particolare quelle statali, a scegliere chi o che cosa sia degno di essere ricordato e celebrato. Si tratta di un’operazione centrale per la costruzione di una narrativa nazionale funzionale alla visione del potere stesso: il modo con cui si sceglie di ricordare il passato e di celebrarlo infatti influisce sul modo con cui gli individui e le comunità guardano il mondo, sé stessi e gli altri.  Questo vale ovunque, e in qualunque epoca”.

Occorre dunque distinguere fra la storia e gli spazi che, a futura memoria, i tiranni sabaudi si sono riservati per continuare ad affermare il loro dominio, almeno simbolicamente.

E’ il caso della statua di Carlo Felice a Cagliari, in Piazza Yenne, come di tutte le statue sabaude: quella statua sta lì a “segnare” e “marchiare” il territorio, a dirti, dall’alto, che lui è il regnante e tu sardo, sei ancora suddito. Dunque devi continuare a omaggiarlo, a riconoscerlo come tale. Anche se, da vice re come da re, è stato il tuo carnefice e un tiranno famelico, ottuso e sanguinario.

Noi del Comitato “Spostiamo la statua di Carlo Felice” proponiamo di “rimuovere” la statua per collocarla nella sua “abitazione”: il Palazzo viceregio. Senza piedistallo. Con una didascalia breve e chiara, magari con le parole di uno storico filo sabaudo e filo monarchico come Pietro Martini: Carlo felice era “Alieno dalle lettere e da ogni attività che gli ingombrasse la mente”.

Insomma un perfetto imbecille. Oltre che, da vice re come da re, ottuso, famelico e sanguinario.

Proponiamo dunque di non abbattere la statua. La riteniamo infatti un “manufatto”, persino con elementi di “bene culturale”, architettonico, scultorio. E’ dunque giusto che venga conservato e non distrutto. Ma non esibito. Esposto in una pubblica Piazza. Come fosse un eroe da omaggiare e non un essere spregevole, oggetto di sprezzo e ludibrio.

Lo spostamento di quella statua, sarebbe un evento formidabile per l’intera Sardegna: innescherebbe processi di nuova consapevolezza identitaria e di autostima. E insieme – dato a cui sono estremamente interessato – potrebbe favorire la curiosità, il risveglio e l’interesse per la storia sarda.

Al suo posto? Giovanni Maria Angioy, il grande eroe e patriota sardo che cercò di liberare la Sardegna e i sardi dall’oppressione feudale e dai tiranni sabaudi. Tentativo fallito e osteggiato dagli ascari sardi, anche suoi ex compagni “democratici”, vendutisi per un piatto di lenticchie.

 

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