«I preti omosessuali ci sono, ghettizzarli non ha senso», di Antonello Sechi

E’ uscito il libro del 45enne parroco di Palau: giusto portare il tema alla luce

 

Quarantacinque anni, nato a Olbia nel 1975 ma cresciuto a Luras, don Paolo Pala (nella foto) dal 2018 è parroco di Palau dove ha sostituito don Salvatore Matta, andato in pensione dopo ben 51 anni alla guida di Santa Maria delle Grazie. Dopo aver condotto i primi studi in Gallura, licenziato in teologia alla Pontificia Università Salesiana e in teologia morale all’Accademia Alfonsiana, si è specializzato in pastorale giovanile e catechetica. Dopo l’ordinazione sacerdotale nel 2000, l’anno dopo è diventato vicerettore del seminario diocesano di Tempio e responsabile della Consultagiovanile; nel 2004 la prima esperienza da parroco a Perfugas ed Erula, quindi dal 2010 il rientro nel seminario tempiese, questa volta con il ruolo di rettore. Due anni fa il ritorno, da parroco, nel paese dell’orso, di cui è originaria la famiglia e dove trascorreva la vacanze da bambino. (g.pul.)

 

Obiettività contro pregiudizi e omofobia. L’autore: se ne discute nel clero, ma poco e male

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PALAU. Se non facesse discutere, passerebbe probabilmente inosservato. Così sicuramente non sarà, perché l’ultimo libro di don Paolo Pala, parroco di Palau, è uno di quei testi che non possono non lasciare il segno. E per l’argomento che affronta, l’omosessualità nel mondo della Chiesa, e per le argomentazioni e tesi che propone. Del resto, per un tema tanto “forte” serviva un prete tosto, uno di quelli che viene facile apprezzare per la chiarezza delle posizioni che assume e per il modo in cui le comunica, si tratti pure di tematiche poco “canoniche” e in certi contesti anche dirompenti. Il libro di don Paolo ha un titolo impegnativo (“L’accompagnamento dei presbiteri con orientamento omosessuale, un approccio morale e pastorale”) ed è presente nelle librerie religiose dal 14 luglio.

È chiaro però che non potrà non richiamare anche l’attenzione di centri di cultura e diffusione libraria, per così dire, più laici. Andrà a colmare un vuoto o, se si preferisce, contribuirà a ridurre la scarsità di contributi teorici relativi a un tema non facile e insidioso.

Il saggio del giovane parroco di Palau ha chiare finalità formative. Servono un retroterra culturale e una solidità teorica notevoli per elaborare soluzioni o prospettive (don Paolo parla di “accompagnamento”) di natura morale e pastorale utili per quei presbiteri che potrebbero trovarsi a riflettere affannosamente sulla loro identità sessuale.

Pregiudizi, equivoci, scorciatoie banalizzanti sono sempre dietro l’angolo quando si parla di omosessualità. Spesso “annacquata” nel linguaggio del politically correct, è anche uno degli ingredienti principali dei cosiddetti hate speech, discorsi intrisi di invettive omofobe e violente di cui abbonda la comunicazione. Che almeno la Chiesa ne sia esente è un auspicio ragionevolmente condivisibile.

Per questo motivo, don Pala si è proposto di affrontare il tema con la massima obiettività possibile. Pastorale giovanile e catechetica sono gli studi che costituiscono le competenze su cui si basa il libro dato alle stampe da Tau, casa editrice umbra, una delle etichette più dinamiche dell’editoria cattolica degli ultimi anni.

Ma qual è il target del libro del religioso gallurese? Il tema è di interesse generale e tutti possono leggerlo. È stato però pensato soprattutto per i presbiteri e quanti sono impegnati in un percorso di formazione per il sacerdozio. «L’idea di occuparmene – spiega – è nata quando andai a Roma a studiare teologia morale, nell’anno accademico 2017-18; allora maturai la decisione di mettere a frutto l’esperienza ormai ventennale di ministero sacerdotale, oltre a quella di rettore per sette anni del seminario diocesano, confrontandomi con un discorso pur presente nel mondo del clero, ma di cui si parla poco e male». Il fatto che finalmente se ne parli e soprattutto in un certo modo è uno dei diversi pregi di un libro, la cui prefazione, che vale come un’autorevole garanzia, porta la firma del vaticanista Salvatore Izzo.

 

L’INTERVISTA.

OLBIA. Don Paolo Pala parla con il linguaggio dello studioso e del teologo ma non ci gira intorno: i preti omosessuali esistono, sono uomini come tutti gli altri, possono essere bravissimi pastori quando accettano la loro condizione, o soffrire molto in caso contrario. E allora vanno aiutati. E in ogni caso vanno valorizzati, non ghettizzati.

Il parroco di Palau, che è olbiese e ha 45 anni, ci ha scritto un libro che esce in questi giorni. Preti e omosessuali: difficile trovare qualcuno che ne parli apertamente, che lo faccia un sacerdote è un evento. Di quelli che faranno discutere, dentro e fuori dalle chiese.

 

Don Pala, siamo indietro noi che ci stupiamo di un sacerdote che scrive un libro sui preti omosessuali o lei è molto coraggioso?

«È un tema presente nel clero e in tutta la società. Mi sembrava opportuno portarlo in luce per aiutare gli stessi sacerdoti. Il libro nasce come uno studio che ha coronato un percorso accademico in teologia morale».

 

I sacerdoti fanno la scelta del celibato. Perché non parlare di sessualità in genere, etero o omo, e scrivere di preti omosessuali?

«La scelta celibataria non preclude all’esercizio della propria affettività e sessualità, anche se non contempla la dimensione fisica e generativa. La sessualità è inscritta nell’umanità di ciascuna persona. Avere serenità da questo punto di vista è fondamentale: ne va sia della qualità umana che della qualità del ministero sacerdotale. L’orientamento omosessuale è ancora un tabù. In relazione alla visione sacrale del prete l’argomento è ancora più delicato. E inoltre si fa spesso confusione: l’omosessualità viene spesso accomunata alla pedofilia, sbagliando grandemente. Oppure: la Chiesa, nel suo magistero, chiede di non procedere alla ordinazione sacerdotale di ragazzi con orientamento omosessuale radicato. Ma il vero problema non è l’orientamento sessuale, che può essere integrato con un adeguato percorso formativo, il vero problema è se ci sono squilibri psicologici. L’accettare la propria condizione può essere un problema anche per gli eterosessuali certo, ma l’omosessualità pone problemi in più».

 

Che cosa è cambiato nella Chiesa se un prete scrive un libro su un tema così sensibile?

«C’è maggiore attenzione verso questa problematica che va affrontata, non rimossa. Né può essere affrontata in modo emergenziale: può capitare che un prete faccia una stupidaggine, non si può sempre intervenire in modo riparativo. Bisogna aiutare i sacerdoti a vivere la loro condizione con serenità e senza pregiudizio per i loro ministero».

 

Il numero di sacerdoti omosessuali è rilevante?

«Non rilevante, ma ce n’è un certo numero».

 

È una vita difficile quella dei sacerdoti omosessuali?

«Dipende da come vivono la loro omosessualità. Ci sono sacerdoti che la vivono con serenità e risultati pastorali. Altri, per difficoltà, solitudine, conflittualità con i superiori, potrebbero sviluppare situazioni compensative che conducono a comportamenti inappropriati».

 

Tra i sacerdoti se ne parla?

«Se ne parla ma spesso in modo non appropriato, con superficialità e giudizio. Comunque è una riflessione avviata da tempo. I pionieri sul tema sono in ambito anglosassone, soprattutto negli Stati Uniti. Ora se ne parla diffusamente e con cognizione di causa anche in Italia. Qualche mese fa è uscito un libro di don Guarinelli, milanese, su omosessualità e sacerdozio».

 

I preti più anziani come reagiscono al tema?

«Per ciò che sperimento personalmente, sia gli anziani che i giovani mostrano interesse e stima per questo tipo di lavoro, pur non avendo una conoscenza scientifica dell’argomento».

 

E i fedeli? Come reagiscono?

«Vedo molto interesse e l’esigenza di sgomberare il campo da molti equivoci, dalle errate convinzioni generate da notizie e false nozioni sull’omosessualità riferita al mondo ecclesiastico».

 

Dagli abusi di Boston raccontati nel film “Il caso Spotlight” a quelli attribuiti al cardinale Pell, poi assolto, a tanti altri episodi: l’omosessualità dei preti è spesso accomunata alla pedofilia. Lo ha detto lei stesso.

«La Chiesa non è un ricettacolo di pedofili. Spesso è capitato che siano stati assimilati a comportamenti pedofili dei “semplici” comportamenti omosessuali verso persone non più in età infantile ma non ancora nella maggiore età messi in atto da sacerdoti omosessuali che per rimozione o immaturità generale non hanno avuto la forza, il coraggio e la capacità di un confronto interpersonale paritario».

 

A chi parla con il suo libro?

«Vuole essere un aiuto alla riflessione della Chiesa. È diretto in particolare ai vescovi, ai formatori dei seminari e ai sacerdoti in generale per una riflessione serena su un fenomeno presente anche nella Chiesa. Questo per individuare percorsi di accoglienza, integrazione e valorizzazione. Senza ghettizzazioni e senza esclusioni aprioristiche. Ricordandoci che occorre affrontare e risolvere positivamente piuttosto i problemi di tipo psicologico, non ridurre la questione a un semplice discernimento di orientamento sessuale».

Da LA NUOVA SARDEGNA, 10 luglio 2020

 

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    1 Comment to “«I preti omosessuali ci sono, ghettizzarli non ha senso», di Antonello Sechi”

    1. By Mario Pudhu, 16 luglio 2020 @ 09:14

      Òpera interessante e útile meda a totugantos, preíderos e mescamente làicos (fintzas si paret mescamente pro píscamos e preíderos), pro ndhe bogare dae conca s’ignoràntzia a propósitu, e presuntziones, ideas, cumportamentos e cunsideros irballados.