OMINES DE SARDIGNA: Nanni Fodde e la sfida Acentro «La mia quarantena? Al lavoro», di Lucio Salis
94 anni passa la maggior parte del suo tempo in azienda. E questo già racconta tanto di lui, forse tutto. «Ho un piccolo appartamento qui, lo trovo più comodo». Da lì, da quel rifugio nel cuore del grande stabilimento di via dei Carroz a Cagliari, mister Acentro, al secolo Giovanni Fodde, per tutti Nanni, ha trascorso l’interminabile quarantena. In smart working.
«Mia moglie era a Sassari e sono rimasto in solitudine per 70 giorni. Come li ho passati? Benissimo. Mi sono molto distratto con la televisione e le letture dei quotidiani, cercando di colmare l’ignoranza delle tante cose che non so. Ma soprattutto sono sempre rimasto in contatto con mio figlio Enrico (amministratore unico del Gruppo ndr ) e i nostri collaboratori, parlando con i venditori, usando le videochiamate su Zoom e dando una mano a risolvere i tantissimi problemi creati da questa emergenza sanitaria».
Lavorando, insomma. E con quali risultati?
«Direi straordinari. A marzo e aprile, cioè durante la chiusura totale, abbiamo venduto 200 auto nuove al mese. A maggio siamo già tornati a 400. In condizioni normali ne vendiamo 500. Credo sia un primato in Italia».
Tanto si è detto e scritto di Nanni Fodde, fondatore del colosso Acentro che in Sardegna è sinonimo di auto. Del suo carattere difficile, della sua passione per il golf e la vela, del contributo decisivo dato alla rinascita di Cagliari dopo la guerra. La prima concessionaria Fiat la aprì negli anni Sessanta a Senorbì, poi l’inarrestabile espansione e il consolidamento di un impero commerciale che oggi, nonostante la crisi vissuta dal settore negli ultimi anni, comprende anche i marchi Nissan e Iveco, fattura oltre 70 milioni di euro all’anno, ha filiali sparse in tutta la Sardegna e conta oltre 200 fra dipendenti e collaboratori.
Tutti dicono che siamo in guerra, che nei prossimi mesi sarà come dopo il 1945. Lei che la guerra vera l’ha vissuta che ne pensa?
«Ricordo molto bene l’ultimo bombardamento su Cagliari, il 13 maggio del ’45. Quando con mio padre uscimmo dal rifugio di via Pola guardammo verso viale Trieste, dove c’era la nostra azienda olearia: non c’era più la ciminiera. C’è stata una Sardegna prima della guerra e una dopo. In mezzo un fossato enorme. Quando è arrivata la pace tutto era distrutto ma c’era entusiasmo e voglia di fare, abbiamo assaporato la libertà, il ritorno alla vita, avevamo le pezze nel sedere ma il futuro da conquistare. Si andava al Poetto a rubare sabbia per costruire le case e la burocrazia allora non esisteva. Oggi non mi sembra la stessa situazione. Gli edifici sono integri ma c’è paura, ci sono altre macerie meno visibili ma altrettanto difficili da sgomberare. Ma forse la penso così perché allora avevo vent’anni e oggi no».
Quindi non crede in una ripresa veloce?
«La speranza c’è, mai perderla. Nessun male viene solo per nuocere, come nel ’45 si farà di necessità virtù e si ripartirà. Ma sarà molto difficile e doloroso perché sono due cicli di crisi che si agganciano, quella del 2008 che stava finendo ma che ora si salda con questa che è alle porte. Serviranno sacrifici ma il vantaggio è che oggi abbiamo tecnologie e sensibilità che allora non c’erano. Le faccio l’esempio della nostra azienda, in questi tre mesi siamo stati pronti ad anticipare il futuro, usando lo smart working e dimostrando una compattezza e un entusiasmo incredibili. C’è stata amicizia e spirito di gruppo fra tutti i collaboratori coinvolti, mentre l’azienda ha avuto il coraggio di mettersi in gioco, anticipando la cassa integrazione al 100 per cento per non abbandonare nessuno».
Oggi che consiglio darebbe al Nanni del 1945?
«Quello che mi diceva mio padre Antonio, che aveva la quinta elementare fatta a Cuglieri e scriveva la corrispondenza commerciale con il copialettere alternando corsivo e gotico. Nonostante ammettesse che alla sua epoca le cose erano più facili, mi spronava a cogliere con coraggio tutte le opportunità e questa è una caratteristica che ho ereditato da lui. Infatti ho fatto mille mestieri sempre con convinzione ed entusiasmo, ho messo in piedi un’azienda di laterizi, un allevamento ittico a Santa Gilla, l’Acentro e tante altre iniziative. Certo, oggi sono più saggio e prudente ma non smetto di guardare avanti e proprio pochi giorni fa, con mio figlio e i collaboratori, abbiamo discusso di una nuova iniziativa nel campo dell’automotive anche se è ancora presto per parlarne».
Tornando indietro cosa non rifarebbe?
«Errori ne ho fatti tanti ma la saggezza viene con l’età. Oggi conto sino a 300 prima di agire, perché sono consapevole del tempo che si sottrae alla famiglia e alla salute».
Quindi fra i rimpianti c’è quello di aver trascurato gli affetti per il lavoro?
«La famiglia l’ho certamente trascurata, anche se bisogna ricordarsi che è grazie al lavoro che puoi soddisfarne le esigenze, dagli studi, alle malattie, alle necessità».
È stata dura tenersi alla larga dalla politica?
«Per niente. Non mi ha mai coinvolto anche se me ne interesso come cittadino. Per sapere come la penso chiedete al mio amico e avvocato Giuseppe Macciotta, che da giovane aveva la passione ed era avviato verso un’importante carriera politica».
Cosa ci risponderebbe?
«Che gli consigliai di lasciar perdere perché sapevo che avrebbe potuto penalizzare la professione fatta come la può fare un avvocato di talento come lui. E devo dire che mi ha dato retta».
Sono veri gli aneddoti delle partite a golf con Agnelli?
«Sì ma era Umberto, non Gianni. L’avvocato si faceva conoscere poco, lo ricordo alla presentazione della Fiat 124 al teatro Nuovo di Torino: apparve come un divo fra gli applausi».
Lei è cagliaritano ma juventino: a quale giocatore bianconero è più legato?
«Non so, forse Boniperti che ho conosciuto a bordo di un Dc3 mentre trasportavo una Vespa 98 sui seggiolini davanti. Però lo sportivo che mi ispira più simpatia è Gigi Riva, il nostro rombo di tuono: trovo davvero straordinario e unico il modo in cui è entrato nel cuore dei cagliaritani e dei sardi, ricambiato con altrettanto affetto». Un hombre vertical , come mister Acentro, al secolo Nanni Fodde.
L’Unione Sarda, 19 giugno 2020