Nulla dovrà rimanere uguale?, di Maurizio Ciotola
Sentir parlare del declino o della fine di una civiltà da parte di politici contemporanei, è un po’ come sentire il famoso “après moi le déluge”, del supponente re francese Luigi XV. Certo è che sarà difficile intravedere un futuro delineato da un nuovo paradigma, se definito con vecchi strumenti o ancor peggio, da scienziati che hanno negato il collasso di quello esistente.
In questi giorni in cui un evento naturale è addirittura associato all’apocalisse universale, quegli stessi economisti che hanno reso il terreno fertile per il disastro in corso, continuano a pronunciarsi indicando una strada, schivando qualsiasi responsabilità reale. Si dice che “nulla sarà più come prima” dopo questo evento di grande impatto sul nostro sistema antropomorfo, quanto non curante del contesto in cui si è sviluppato. È probabile che si tratti di un momento di svolta, ma diffidiamo dello slogan coniato, il quale una volta superata l’emergenza, potrà essere adottato per reprimere la libertà e ridurre il livello democratico degli Stati.
Certo è che la consapevolezza del disastro verso cui siamo stati catapultati in questi trent’anni, della mutazione del paradigma avvenuta sotto i nostri occhi consenzienti, dovrebbe portarci ad agire per adottare una politica sociale avanzata. Una visione politica frutto di principi immutabili, indeformabili, quali sono i diritti umani, cui ogni Costituzione e qualsiasi civiltà dovrebbe ispirarsi.
Il Covid-19 non è l’apocalisse agognata dai tanti esaltati nemici dell’umanità o lo strumento attraverso il quale abbattere quei diritti, che diversamente in un breve arco di esistenza l’Umanità è riuscita a conquistare, seppur in modo parziale e debole. Nulla dovrà esser come prima, nel senso che non dovremo più permettere che l’umanità di un sistema sociale venga calpestata dal paradigma dettato da speculatori finanziari dominanti, e poi divulgato come una dottrina verso cui riporre fede.
La stessa politica deve prendere il sopravvento, incentrando il suo agire su parametri tesi a tutelare l’individuo e la società nel suo insieme.
Questa pandemia costituisce un pericolo ridotto rispetto ad altre epidemie, non classificate come pandemie, che però hanno colpito parti del globo forse più popolate, ma in aree non sviluppate sul piano economico e industriale. La differenza dei soggetti colpiti è all’origine della diversa attenzione rivolta a livello globale, e probabilmente è solo per la “democrazia” con cui tale virus infetta chiunque che l’occidente è in allarme.
Adesso dobbiamo incominciare a ridefinire ruoli e categorie dimostratesi essenziali, in questi giorni di fermata generale, per la tenuta del sistema economico e sociale del Paese. Riprendiamo in mano il potere determinato dai ruoli essenziali svolti nella società, senza operare alcun ricatto, ma ristabilendo quegli stessi parametri democratici, annullati da un’organizzazione falsata e ad uso e consumo di pochi.
Stiamo attenti a questo slogan, “nulla sarà come prima”, perché non dovrà costituire un dogma per abbattere i pilastri di questa civiltà, cresciuta nei momenti di confronto e viceversa regredita, in quelli in cui diktat hanno preso il sopravvento.
DA L’UNIONE SARDA, 4 GIUGNO 2020