Caro Presidente, ti scrivo …

scrivo da militante sardista al Segretario politico del PSd’Az, il partito che da un mese e mezzo ha iniziato il suo centesimo anno di vita.

Ho ben presente che sto scrivendo anche al Presidente della Sardegna impegnato ad intervenire da più di tre mesi nello svolgersi dell’esistenza quotidiana di noi tutti. Onore e responsabilità che noi Sardi dovremmo considerare nella sua gravità, per continuare ad assicurarTi il dovuto sostegno ed esprimerTi il ringraziamento. Di un mio amico in particolare, sardo ma non sardista, che teneva a trasmetterti (senza che ne riferissi il nome, ma mio tramite) la sua soddisfazione: “Finalmente si vede che è sardista …!”. Non ho indagato oltre né polemizzato, anche perché sono partito per la tangente e il pensiero è andato alla voglia di dirtelo pubblicamente attraverso una lettera aperta, una formula che normalmente viene usata in tono polemico, ma che, invece, intendo utilizzare per continuare nell’emozione che ha coinvolto molti di coloro che ho nuovamente incontrato in questo inizio di fase 2.

Come sardo e come sardista ho vissuto anch’io con sollievo e trepidazione la richiesta per il ‘blocco della Sardegna’ (27 febbraio), la paura che il virus sfuggisse agli ospedali sassaresi e la trincea delle disposizioni messe in opera per arrivare a bloccare l’epidemia. E tutto quanto – fatti, atti ed atteggiamenti – ci ha portato a questa seconda settimana di fase 2 con il dibattito spesso agitato sui tempi e sui modi della riapertura.

Chiusi in casa abbiamo seguito il confronto con il complesso istituzionale dello Stato e con la condizione di maggiore sofferenza presente in Lombardia. I dibattiti delle ultime settimane offrono molti spunti alla nostra riflessione di cittadini sardi partecipi dello Stato italiano, ma pure di sardisti che con questo Stato mantengono aperta una questione politico-istituzionale – al cui interno si colloca una storia di economia, cultura e società – che dura esplicitamente da cento anni. Difatti la ‘questione sarda’ ha visto il Partito sardo impegnato alla sua risoluzione negli ultimi tempi dell’Italia liberale, diviso e compresso nel ventennio fascista, riemerso da protagonista dopo il secondo conflitto mondiale.

Poiché crediamo, sempre più numerosi, che quanto stiamo vivendo segnerà i tempi a venire, sarebbe utile e necessario prevedere una fase 3 in cui la lezione di questi mesi si faccia dibattito collettivo ed organizzato, cioè politico. Da parte di noi sardisti, prima di tutti. Noblesse oblige!

I politici litigano spesso, ma non in nome dei loro popoli, non in nome della Lombardia o della Sardegna! Eppure il Presidente della Sardegna si è confrontato, finendo isolato – ma insieme a quasi tutti i Sardi – nei confronti del sindaco di Milano, del presidente della conferenza delle regioni italiane, del ministro italiano per le regioni. Hanno messo in mezzo la Costituzione e la scarsa analizzabilità della malattia. Il governo ha utilizzato contro la Regione sarda gli stessi argomenti che i suoi avversari gli avevano rivolto per i diritti costituzionali individuali violati con le ‘chiusure’. Alcuni scienziati governativi, polemizzando contro la richiesta di certificazione, hanno quasi demolito le scarse certezze seguendo le quali ci avevano chiuso nelle case.

Alla fine sembra ci si sia chiariti, ma lasciandoci con qualche consapevolezza in più. Abbiamo appreso di nuovo e vissuto con stupore le differenze, non tutte simpatiche, tra le regioni italiane, che da sempre conosciamo, ma da molto non avevamo visto così all’opera. E in cuor mio ho approvato il Presidente che ha avuto l’eleganza di non tirare in campo la sede in cui si arricchiscono i milanesi della Saras e i danni immensi fatti alla natura ed alla società in Sardegna dall’industriale Rovelli. O anche non riprendere le considerazioni dei migliori studiosi sulle scarse ricadute per i sardi del turismo di lusso e di quello fondato sui villaggi turistici. Infatti il turismo ci conviene veramente solo in presenza di attori locali e se forniamo ai forestieri – insieme al nostro ambiente e alla nostra cultura – i prodotti della nostra agricoltura, le nostre specialità alimentari, le case e gli alberghi di cui siamo titolari ed investitori, un turismo in mano a nostri dirigenti e manager. E’ invece da terzo mondo quel settore che lascia agli ‘indigeni’ la semplice pulizia dei locali e il lavoro nelle cucine e nei giardini. Non fa piacere leggere nei sottotitoli dei tg ‘certi cognomi’ che attaccano il Presidente quando difende la salute della sua gente insieme agli ospiti temporanei, seppure verrebbe la tentazione di ricordare loro che stanno intervenendo in casa nostra.

Ma questi sarebbero sfoghi temporanei, consapevolezze da applicare senza porsi problemi in una Sardegna che solo noi possiamo difendere e salvare. Di questo dovremmo trattare, non appena sarà possibile vedersi ed incontrarci, ad esempio in un Consiglio nazionale aperto. Credo che ai sardisti farebbe piacere parlarne tra di loro.

La fase 3 ci riguarda tutti, la società, la cultura, le istituzioni. La Sardegna ha avuto il suo tzunami con la fine della rinascita e della sua prima autonomia, senza che i vari tentativi siano riusciti a deciderne una seconda, né attraverso il Consiglio regionale né attraverso la pure votata (dal Consiglio e da un referendum) assemblea costituente. Tutto questo ho proposto e motivato parlandone anche in Consiglio regionale in occasione di “Sa Die de sa Sardigna”. Se avessimo finanziamenti per creare lavoro in opere pubbliche rischieremmo di non sapere dove spenderli perché non discutiamo abbastanza della Sardegna del futuro: quali istituzioni, quali settori economici, il destino dei paesi, lo spazio per i giovani, il ruolo della lingua e della cultura sarde. I disastri non restano tali se un popolo pone i propri obiettivi e si unisce per raggiungerli. I popoli hanno bisogno di una classe dirigente. Per più di altri tre anni, in Sardegna, al suo vertice c’è il segretario del Partito sardo. Onore ed onere. Per lui e per chiunque si dichiari sardista.

La Sardegna ha bisogno del sardismo. Il sardismo necessita di camminare sulle gambe, la testa ed il cuore di Sardi che continuino gli ideali che già hanno vissuto quattro generazioni di sardisti. La Giunta guidata dal leader dei sardisti deve vedere esplicarsi un nostro impegno collettivo che agisca nell’economia affinché le risorse della Sardegna (ambiente e agricoltura, innanzitutto, disponibili per noi e per i forestieri) consentano il benessere dei suoi cittadini. A tutti i Sardi, e figuriamoci ai sardisti, è affidata la continuità creatrice della lingua e dell’antica cultura della loro terra. Sul loro appoggio attivo dovrà contare la difficilissima impresa di realizzare le migliori aspirazioni del nostro Popolo. E’ proprio importante che si parli di questo nostro nuovo incominciare. E in tanti ci si metta all’opera.

Con stima e amicizia. Forza Paris!

Salvatore Cubeddu

Cagliari, 7 giugno 2020

 

 

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