In questi giorni così delicati, di Consiglio Europeo, allarghiamo lo sguardo all’Europa con l’eurodeputato Pietro Bartolo ( nella foto), il medico che accoglieva i migranti a Lampedusa, di Daniele Madau
Dopo una prima fase dell’epidemia, in cui l’Italia ha dovuto lottare
da sola, ora che il contagio è diventato pandemia, tutti noi guardiamo
all’Europa, interessata in ogni suo Stato. Sono di queste ore le scuse
della presidente della Commissione Europea che, nonostante le
differenze di posizioni sulle questioni economiche, ci fanno sentire le
istituzioni europee un po’ più vicine: può spiegarci come si sta svolgendo
l’attività dell’Europarlamento in questo contesto e su quali decisioni è
chiamato a esprimersi?
Il Parlamento europeo sta continuando a lavorare anche se a distanza e
in modalità telematica. Tutte le riunioni vengono tenute in
videoconferenza e il voto durante le sessioni plenarie si svolge in
maniera elettronica: ci viene inviata una scheda di voto che noi
stampiamo, compiliamo, firmiamo e inviamo via email. Ovviamente al
momento ci stiamo occupando solo dei dossier più urgenti, in quanto la
modalità di lavoro a distanza rende le procedure più complicate e lente.
Il Parlamento ha già tenuto due plenarie straordinarie a distanza per
votare alcuni provvedimenti urgenti per gestire l’emergenza legata alla
diffusione del coronavirus e il suo impatto a livello economico e sociale.
Durante la plenaria dello scorso 26 marzo abbiamo votato con
procedura di urgenza:
-Un Regolamento che sblocca 8 miliardi dai fondi europei non ancora
utilizzati, con l’obiettivo di promuovere investimenti per 37 miliardi di euro
per affrontare le conseguenze della crisi.
-Un Regolamento che estende il campo d’applicazione del Fondo di
Solidarietà dell’Ue alle emergenze sanitarie.
-Un Regolamento volto a fermare i cosiddetti voli ‘fantasma’ causati
dall’epidemia del SARS-CoV-2.
Un’altra plenaria è stata convocata, sempre a distanza, il 16 e il 17
aprile. In questa occasione abbiamo votato un emendamento al
Regolamento dispositivi medici che ritarda l’applicazione di tale
regolamento in modo che l’industria dei dispositivi medici possa
dedicarsi totalmente alla gestione dell’emergenza. Abbiamo votato
misure specifiche per fornire flessibilità nell’uso dei fondi strutturali e di
investimento europei e modifiche al Fondo Indigenti in risposta
all’epidemia Covid-19. Inoltre, abbiamo approvato la proposta della
Commissione di attivare, con un bilancio di 2,7 miliardi di euro, lo
strumento di emergenza creato nel 2016 al culmine della crisi migratoria
con lo scopo di fornire sostegno agli Stati membri nell’affrontare l’attuale
situazione di emergenza; e la proposta di aumentare il bilancio dello
strument RescEU di 300 milioni al fine di agevolare la costituzione di
maggiori scorte e aumentare il coordinamento a livello UE sulla
distribuzione delle risorse necessarie ad affrontare l’emergenza.
Il Parlamento ha inoltre votato una risoluzione per mandare un
messaggio chiaro al summit dei capi di stato e di governo del prossimo
23 aprile. Con questa risoluzione, abbiamo chiesto la creazione dei
“Recovery bond”, finanziati dal bilancio dell’Ue, per sostenere la ripresa
economica dopo la fine dell’emergenza. Abbiamo sollecitato un
programma comune di imponenti misure per investimenti produttivi
garantiti a livello europeo, sostenuto il lancio del Fondo per la
disoccupazione (SURE), e chiesto un Fondo di solidarietà di 50 miliardi
per il settore sanitario. In aggiunta, il Parlamento ha chiesto che la
ripresa post-Covid19 tenga conto degli impegni già assunti per la lotta ai
cambiamenti climatici e per la transizione ecologica (Green Deal).
Infine, il Parlamento ha votato due pacchetti di misure proposte dalla
Commissione per contrastare gli effetti negativi della crisi sul settore
della pesca e dell’acquacoltura. Si è trattato di iniziative molto importanti
per il nostro settore che si è trovato in una situazione di crollo verticale
della domanda interna e di blocco delle attività causate dalla pandemia.
In generale, si è trattato principalmente di misure volte a rendere più
flessibile l’attuale Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca
(FEAMP) in modo da sbloccare risorse per contrastare la crisi e dare
sostegno ai pescatori. In particolare è molto importante la possibilità per
il fondo di finanziare compensazioni finanziarie per l’arresto temporaneo,
gli aiuti allo stoccaggio, gli aiuti alle associazioni dei produttori,
procedure semplificate per la gestione dei piani operativi nazionali e la
retroattività di tutte queste misure a partire dal 1 Febbraio. Infine, non
bisogna dimenticare come la Commissione abbia alzato la soglia del de
minimis per il settore ittico da 60.000 a 120.000 Euro. Si tratta, in poche
parole, della soglia entro cui uno stato può aiutare finanziariamente
un’impresa ittica senza dover giustificare la spesa alla Commissione
Europea nell’ambito degli aiuti di stato.
Proprio in riferimento alle questioni economiche, esse stanno
creando grandi divisioni: sembra divisa la maggioranza, in Italia, così
come l’opposizione. Ugualmente sono divisi gli Stati del nord d’Europa
da quelli del sud. Può argomentarci la sua posizione rispetto al Mes, ai,
cosiddetti Coronabond e alle altre forme di aiuti europei?
In queste ore l’Unione europea si gioca molto del suo futuro. La
pandemia, paradossalmente, ha messo sul piedistallo il tema cruciale:
salvare o no la costruzione europea da una preoccupante deriva
nazionalista. Abbiamo un’occasione: da una grande disgrazia ripartire
per consolidare una delle più inedite esperienze comunitarie ed
istituzionali esistenti nel mondo. Il negoziato sulla ripresa economica ha
già portato a importanti decisioni, a partire dalla sospensione dei vincoli
del Patto di stabilità, da parte della Commissione, e che permetterà di
allentare e anche di molto il deficit sulle spese dovute alla crisi del
Covid-19.
L’Unione europea deve mettere in campo un ventaglio di misure che si
fondino sulla partecipazione europea e comunitaria. La crisi va affrontata
insieme. Per esempio, l’utilizzo del Mes, il Meccanismo Europeo di
Stabilità, deve essere senza condizioni e ci potrà garantire circa 37
miliardi da spendere nel settore sanitario, in maniera diretta e indiretta.
Se così sarà, come spero, l’Italia farebbe bene ad utilizzare queste
risorse: sarebbe stupido non usufruirne. Poi bisogna mettere in campo
un pacchetto di oltre 1500 miliardi per avviare una ripresa da una crisi
più grave di quella del 2008 dalla quale non si era ancora del tutto usciti.
La sua storia di impegno, così come le sue iniziative di discussioni
parlamentari in Europa non possono non portarci ad affrontare la
questione migranti: si è appena sopito in Italia il dibattito sulla recente
chiusura dei porti. Può presentarci la sua posizione?
Come ho già detto nei giorni scorsi, i porti non devono essere chiusi
nemmeno in questo momento di emergenza. Non possiamo farci
condizionare dalla paura ma mantenere viva la solidarietà. Dobbiamo
continuare ad agire in modo responsabile. Non possiamo e non
dobbiamo abbandonare le persone in difficoltà nel Mediterraneo, e non
dobbiamo smettere di salvare vite perché non ci sono vite che valgono
più di altre. Non bisogna chiudere i porti ma adoperarsi perché le
persone vengano salvate e accolte, nel pieno rispetto delle misure di
contenimento della pandemia. Bisogna predisporre, come in parte si sta
già facendo, un sistema di controllo sanitario, a terra oppure su mezzi
navali, per la quarantena cui giustamente devono essere sottoposte tutte
le persone che eventualmente sono soccorse in mare e fuori dall’Italia.
Vorrei ora concentrarmi sul suo collegio di elezione, le Isole. Il sud,
grazie alle misure di protezione, ha avuto minori numeri di contagi e la
Sardegna da più parti è stata indicata come possibile capofila della “fase
2”: condividerebbe questa scelta?
Penso che si tratti di decisioni politiche, che devono però essere
sempre guidate dal parere degli scienziati sull’andamento dell’epidemia
nel nostro Paese. Non spetta a me quindi giudicare se il passaggio alla
fase due debba essere fatto in alcune regioni piuttosto che in
altre.Tuttavia, sono convinto che le decisioni che verranno prese
saranno guidate dalla cautela e dai pareri scientifici degli esperti.
Come commenta, oggi, questa sua frase: “Rimango –come
collegio- nelle isole che hanno più bisogno, perché sono quelle più
disagiate e più abbandonate. Sono quelle che hanno forse bisogno di
più rispetto a tutto il resto”? Può presentarci la sua attività a favore delle
Isole, almeno sino al periodo precedente la pandemia? Possotestimoniare la sua presenza in Sardegna per almeno due incontri pubblici, nel 2019, se non ricordo male.
Sono stato in Sardegna nel 2019 durante la campagna elettorale e ho
partecipato a diverse iniziative pubbliche. Ho avuto poi modo di tornare
qualche mese dopo l’elezione nel gennaio del 2020. In quest’ultima
occasione ho partecipato a tre iniziative pubbliche, una a Quartu
Sant’Elena, una a Nuoro e una ad Alghero. Ho avuto la preziosa
opportunità di confrontarmi con i cittadini e con diversi esponenti della
politica regionale che mi hanno presentato le loro istanze e le difficoltà
che la Sardegna sta affrontando. Questa visita è stata l’occasione per
iniziare un dialogo e un lavoro su alcuni dei temi centrali sia per la
Sardegna sia per la Sicilia, quali la questione dell’insularità e delle tariffe
di continuità territoriale. Sono sempre a disposizione dei cittadini dalla
circoscrizione isole e pronto ad affrontare a livello europeo qualunque
problema mi venga segnalato dai territori. Per questo ritengo che sia
fondamentale mantenere un dialogo costante e, passata l’emergenza,
tornerò ogni volta che potrò sia in Sardegna sia in Sicilia per mantenere
questo dialogo e scambio con i cittadini.
Credo che alla sua scelta di presentarsi come candidato
all’Europarlamento, corrisponda un’idea di Europa: può presentare la
sua Europa ideale all’alba di un nuovo giorno, il primo dopo la
pandemia?
La mia idea di Europa rimarrà la stessa, anche il giorno uno dopo la
pandemia: quella di un’Europa veramente unita e solidale. L’Unione
europea negli ultimi anni ha vissuto dei periodi di crisi e debolezza, quasi
sempre dovuti alla mancanza di solidarietà tra gli Stati membri. Lo
abbiamo visto sia per quanto riguarda la migrazione sia durante la crisi
economica. E purtroppo lo abbiamo visto anche durante questa
situazione di emergenza. Avremmo avuto bisogno di maggiore
coordinamento e solidarietà tra gli Stati membri.