Io … sono sardo?
Io sono sardo.
Oggi è la giornata della Sardegna.
Entrambe le asserzioni non sono smentibili.
Non dovrebbero.
Eppure.
Eppure io sono anche italiano. E la giornata della Sardegna è una bella incompresa.
O incompiuta.
O sconosciuta.
Misconosciuta.
Venduta.
Sono sardo, ma di me in quanto sardo, della Sardegna e della sua giornata so, colpevolmente, meno di quanto dovrei.
Ho ricevuto, come tutti, un’educazione italoeurocentrica sorretta da mappe concettuali che potevano fare a meno della Sardegna.
Conosco dignitosamente la storia del Tricolore, riconosco la magnificenza di Lorenzo e so cosa succedeva al fronte durante la Prima Guerra Mondiale.
Ma non parlo il sardo. Nessuna sua variante.
E ignoro quali favole le madri turritane, galluresi, nuoresi, ogliastrine, logudoresi e campidanesi raccontassero ai figli per farli addormentare.
E ignoro di che tenore fosse e quali principi seguisse la vita in Sardegna prima di prima.
E ignoro cosa fosse la Sardegna prima.
Ignoro, veramente, chi e che cosa abbia fatto in modo che io fossi quello che sono.
Vedo però cosa è oggi, la Sardegna. E posso dire che non mi piace.
Perché sono un suo figlio non riconosciuto e disilluso? Forse.
Oggi è la giornata della Sardegna, ma prima ancora che festeggiare un giorno del calendario stabilito circa 27 anni fa da un Consiglio Regionale; prima ancora che inorgoglirsi per una bandiera appiccicata sulla bottiglia di birra; prima ancora di sentirsi tronfi e sazi per l’incantevole cristallino del mare che si staglia all’orizzonte; prima ancora di compiacersi per come gli altri ci descrivono: fieri (!), ospitali (!), incontaminati (!); prima ancora di accontentarsi dell’involucro di cartapesta noto come “costante resistenziale” che ci avvolge e rende orgogliosi senza indagare, senza capire che il concetto di resistenza, in quella (s)sfortunata locuzione è una briciola di pane su un banchetto di una festa a cui il popolo sardo non ha mai chiesto di partecipare;
Prima di tutto questo e di tanto altro, dovremmo capire cosa è stata la Sardegna e cosa voglia dire, oggi, essere sardi. In cosa e perché dovremmo sentirci speciali, autonomi e rispetto a chi.
Sono italiano? Sì.
Sono europeo? Sì.
Sono cittadino del mondo? Sì.
Sono sardo? Non lo so.
So che, tra le tante, quella sarda è l’identità che più mi sfugge e rende inquieto. Sono nato in Sardegna e dei sardi ho, verosimilmente, tutti i principali difetti. Ma non so molto di più.
E so che questo non sapere, mi rende incompleto e mi violenta.
Forse, sin dalla notte dei tempi.
NOTA DEL DIRETTORE
Devo contestualizzare l’articolo: “Pensavo di proseguire il tema di ieri con un altro importante discorso, ma … controllando la mail, ho trovato questo messaggio impellente e improcrastinabile, del figlio di un caro amico … Non ho avuto dubbi: di questo dobbiamo parlare … Rimando a domani il pezzo previsto”. Siamo al giorno-dopo di Sa Die de sa Sardigna 2020. Un po’ singolare, e non solo per i tempi, ma con tanti spunti di riflessione e l’immancabile emozione … Ciao a tutti, buona giornata, s.c. direttore del sito.
By Olga Murgia, 30 aprile 2020 @ 08:29
Penso che l’essere sardi sia insito nel nostro essere tanto da sfuggirci, ma solo qui possiamo trovare la fonte più attendibile per sapere, per capire. Quando in quei momenti di consapevolezza riesco solo ad intravedere i miei pregiudizi, i miei “confini” mentali, allora so di aver contribuito a migliorare la Sardegna….il mondo.
By Mauro Monaco, 29 aprile 2020 @ 09:37
La mia generazione è stata bruciata almeno 3 volte… negli anni ’80 durante gli anni da bere accumulando debito, negli anni ’90 con la prima grande crisi dei primi anni ’90 (ed giusto per buttarla sul personale ad esempio il fallimento della mia azienda di famiglia), e infine nei primi anni 2000 con la crisi finanziaria e la recessione italiota. La generazione di Matteo subirà tutta la frustrazione della mia generazione sommandola alla sua.
Tutto questo se vediamo solo la parte negativa; ma se cerchiamo di vedere l’aspetto positivo (e qui sta la differenza!!) la mia e la sua generazione dovrebbero fare un patto TRA SARDI (a parte l’età saremmo sulla stessa barca..) per ribaltare questa condizione opprimente cominciando a scegliere le persone / governanti esclusivamente per competenza (e potrebbe cmq servire anche altro)…. in sintesi ti ho descritto un mondo fuori dall’Italia….
By Eugenio Cossu, 29 aprile 2020 @ 09:21
Mi inorgoglisce che un giovane portotorrese abbia scritto una così bella lettera. Conosco, seppure poco, Matteo, ma conosco molto bene la famiglia a cui appartiene e i due rami della sua ascendenza. E proprio per questo posso dirgli, a ragione veduta, bravo Matteo.Bella, intelligente, soffertamente sincera questa lettera. Può e deve essere spunto importante, fondamentale per una discussione vera, aperta, doverosamente sincera su chi e cosa siamo, chi e cosa vorremmo essere. Grazie ancora Matteo.
By Mario Pudhu, 29 aprile 2020 @ 08:28
Pregonta: Matteo Sechi inue bivit?
Postu, chentza perunu bisóngiu de dimustrare nudha, chi a sardos nosi faet sa Sardigna (e no su contràriu, e no solu ca su fàere nostu est ojamomia cantu distrutivu), su èssere Sardos no est un’eticheta de apicigare o unu distintivu de apicare in piturras po dh’ammostare a chie nosi acostit, e no est, prus pagu puru, unu fóssile!
Ca s’identidade nosta – de Sardos e de cristianos (≠animales, no animales) càmbiat dónnia borta chi intendheus, castiaus, connoscheus, ischeus àteru e àteros (e pentzae si no seus in su mundhu!), e si su Buginu (oe símbulu de dónnia domíniu apitzus nostu) biviat in Sardigna, fintzes su Buginu fut Sardu in prenu!
Ca su èssere Sardos est sa libbertade e responsabbilidade personale e colletiva de su istare in Sardigna coment’e gente e no coment’e mangonis o orrúndhines chi andhant e torrant e si che torrant a andhare a un’àteru logu. Noso, is Sardos puru, seus gente. Cun totu is cunseguéntzias!
Che po dónnia cristianu in logu suo, fintzes faendho bene contu chi totu su mundhu oe est logu nostu, e però no po cussu sa libbertade/responsabbilidade, nosta puru, est unu èssere e fàere in nedhue sa diennommai, ma solu cosa reale, efetiva inoghe como (mancari no nosi pragat)!