Roberto Porrà: tra documenti d’archivio e studio della storia con il rigore e la passione, il sorriso e l’ironia, di Federico Francioni

Roberto (nella foto) ci ha lasciato. “L’Unione sarda” di mercoledì 8 aprile 2020 ci ha dato la notizia della scomparsa dell’amico Roberto Porrà, da tempo malato …

Roberto ci ha lasciato. “L’Unione sarda” di mercoledì 8 aprile 2020 ci ha dato la notizia della scomparsa dell’amico Roberto Porrà, da tempo malato. Classe 1951, archivista, saggista, era stato, fra l’altro, reggente la Soprintendenza dei Beni archivistici della Sardegna; dal 1995 al 2002, era stato docente a contratto di Archivistica nelle Università di Cagliari e Sassari. Nel corso di una lunga carriera, aveva partecipato anche all’allestimento di importanti mostre di documenti sulla storia della Corona d’Aragona. Per le sue ricerche sulle origini sarde del toponimo di Buenos Aires, dal 1988 era diventato socio corrispondente a vita della Sociedad argentina de los historiadores. Si dedicò anche alla cura ed alla tutela dell’archivio del convento cagliaritano di Nostra Signora di Bonaria. Fra i suoi scritti vogliamo soprattutto ricordare la monografia Il culto della Madonna di Bonaria di Cagliari. Note storiche sull’origine sarda del toponimo argentino Buenos Aires, prefazione di Luciano Gallinari, introduzione di Carlo Figari, Arkadia editore, Cagliari, I edizione 2011, per complessive pp. 126: testo diventato un autentico best seller. Roberto lascia la moglie Angela Multinu (anche lei archivista di Stato) ed un figlio, Gian Lorenzo.

L’amico. Conobbi Roberto negli anni Settanta, nel vivo delle lotte dei movimenti politici e sociali che si sviluppavano impetuosamente anche nella nostra isola. Insieme condividemmo anche quell’esperienza della sinistra extraparlamentare  che approdò alla formazione di Democrazia proletaria, assai attenta alla specificità della questione sarda. Contrariamente a quanto si potrebbe oggi pensare, Roberto, come del resto tanti di noi, rifuggiva dalle improvvisazioni, da parole d’ordine abborracciate, perché il suo impegno politico non fu mai disgiunto dallo studio e dall’approfondimento di determinate tematiche. Fra viaggi a Cagliari, convegni, seminari (ricordo quello di Tonara), riunioni e manifestazioni, ebbi modo di conoscerlo, di apprezzare la sua serietà, mai disgiunta da un umorismo che, dal sorriso, lo  portava a scoppiare in risate fragorose.

Non ci perdemmo di vista neanche dopo la fine della militanza politica attiva; in preda ad una crisi verticale, mi buttai a capofitto negli studi di storia della Sardegna: ciò mi consentì di aprire una nuova fase dell’amicizia con Roberto. Ricordo, in particolare, una bella mattinata di sole sulla spiaggia del Poetto, con lui e con Angela, che sarebbe diventata sua sposa.

Nello scorrere degli anni, durante i miei soggiorni cagliaritani – dovuti in prevalenza a motivi di studio o per partecipare all’attività ed alle riunioni della Fondazione Sardinia, presieduta da Bachisio Bandinu e diretta da Salvatore Cubeddu – venivo  invitato, a pranzo o a cena, nella sua casa; oppure ci davamo appuntamento in largo Carlo Felice per piacevoli passeggiate e chiacchierate notturne. Ci si incontrava anche a Sassari, dove veniva con Franco Sardi, per la sua attività di docente nell’Ateneo turritano.

 

Cagliari, via Gallura. Alla notizia della scomparsa di Roberto, sono stato assalito da tanti ricordi, da un susseguirsi di immagini: è balzata subito in primo piano la scalinata che mi conduce al corridoio dell’Archivio di Stato di Cagliari, in via Gallura: poi la sala di studio, gli archivisti che si prodigano e si adoperano proficuamente, con tutto il personale, per agevolare il più possibile le ricerche degli utenti; archivisti di notevole rigore, diversi dei quali hanno affiancato alla loro attività professionale l’impegno nello studio della storia della Sardegna (e non solo).

Fra queste persone era Angela Multinu, che si sarebbe poi sposata con Roberto, al quale ha dato Gian Lorenzo. Non solo tramite il nome, dunque, è diventata l’angelo della vita di Roberto; proprio così, perché gli angeli esistono veramente, concretamente, non sono solo le figure di una tradizione artistica, di affreschi, quadri, opere d’arte, o immaginette; oppure simili a quello strano personaggio, dotato di codino e grandi ali, che si avvicina ad un cogitabondo Gorbaciov, ponendo la sua mano sulla spalla dell’ultimo leader sovietico, in segno, sembrerebbe, di incoraggiamento e di esortazione per la sfida epocale, impossibile, che attendeva l’uomo politico: in proposito, penso al film Il cielo sopra Berlino (1987), del regista tedesco Wim Wenders, con i grandi Bruno Ganz, Peter Falk ed altri.

Insomma, è proprio così, gli angeli esistono: sono le persone che ci amano, che amiamo o che ci hanno amato. Con loro, che siano fisicamente presenti o meno, il dialogo rimane inesausto, ininterrotto. Possiamo rivolgerci loro con fiducia, camminano al nostro fianco, ci guidano, ci orientano, ci sorreggono nella prove più dure: da noi interrogati, ci risponderanno sempre.

Oltre che con Angela, anche con altri archivisti di via Gallura si era ben presto  instaurato un rapporto di reciproca stima ed anche di amicizia: fra gli altri, con Carlo Pillai, autore de Il tempo dei santi, un volume suggestivo sulla cultura popolare dell’isola, nonché di altri saggi. Penso anche a Giuseppina Catani e Carla Ferrante, coinvolte in Acta Curiarum Regni Sardiniae, il meritorio megaprogetto del Consiglio regionale della Sardegna, nell’ambito del quale hanno curato, in quattro volumi, gli atti dei tre Stamenti sardi, le Cortes, il Parlamento di Antico Regime, presieduto nel 1699 dal viceré Giuseppe de Solis Valderrábano, conte di Montellano. Ho avvertito nei loro confronti ammirazione ed anche sana invidia, perché, anni ed anni prima di me, hanno portato a termine il gravoso compito che era stato loro assegnato dal Comitato scientifico. Anche Angela, Alessandra Argiolas, Carla Marongiu, con altre archiviste ed archivisti, hanno partecipato a qualificanti intraprese scientifiche e culturali.

Dal suo canto Adriana Gallistru, impegnata in tante iniziative dell’istituzione, ha scritto un libro ampio e documentato, Venditrici di sesso nella Sardegna dell’Ottocento, un contributo originale per un nuovo cantiere storiografico.

Non è un caso, non è solo normalità o frutto di un fisiologico avanzamento nella carriera che, dopo Carlo Pillai, anche Carla Ferrante ed Adriana Gallistru siano arrivate alla direzione di un Archivio di Stato. Ciò ha rappresentato piuttosto il frutto sia di un ambiente dove si lavorava con grande serietà, sia un risultato raggiunto grazie ad un’indiscussa ed indiscutibile capacità professionale.

Dal suo canto Roberto, come si è detto, resse la Soprintendenza regionale ai Beni archivistici.  Fu lui, in seguito, a sollecitare lo stesso organismo affinché dichiarasse di notevole valore storico (come poi avvenne) l’archivio privato di Giovanni Antioco Mura, avvocato bonorvese, tra i fondatori del socialismo in Sardegna, autore di testi teatrali, di poesie in lingua sarda e di un romanzo fantapolitico: avevo individuato nel 1995 questo fondo contenente, fra l’altro, circa 500 cartoline, spedite dal fronte e dalle retrovie della Prima guerra mondiale, decine delle quali da lui stesso illustrate con inchiostro di china e con matite colorate.

Nell’accavallarsi di immagini e ricordi provocati dalla notizia della morte di Roberto, ritorno con la memoria al 1981, alla prima volta in cui sono entrato nell’Archivio cagliaritano: dopo alcuni giorni venivo “convocato” nello studio dell’allora direttore Giovanni Todde che mi chiedeva – con atteggiamento non paternalistico, ma paterno ed amichevole ad un tempo – delle mie ricerche sui congiurati di Palabanda del 1812 e mi dava tutte le informazioni e gli aiuti possibili per proseguire nelle mie indagini.

In un’altra occasione, fui raggiunto nella sala studio da un’impiegata: mi disse che l’allora direttrice, Gabriella Olla Repetto, mi invitava a sorbire un caffè in un bar di via Sonnino, presso la sede dell’Archivio; sentii un certo orgoglio, capii che era un privilegio, se così posso esprimermi, riservato a pochi, dato il carattere rigoroso, severo, della Olla Repetto che in seguito salì ai vertici del Ministero e fu anche capo di gabinetto del ministro Alberto Ronchey.

 

Grazie, Roberto! Ora che non ci sei più, caro Roberto, rimane in me il ricordo di quell’ambiente in cui compulsare i documenti d’archivio, studiare, fare scoperte comunicavano una tensione positiva che mi permetteva di andare avanti, anche in momenti di crisi personale. Ti sono grato per la tua amicizia, per tutto quello che ho appreso dalla tua passione per la ricerca, dalla tua ironia, dalle passeggiate e dalle discussioni in quel di Cagliari.

 

(Grazie a Paolo Cau, già direttore dell’Archivio storico del Comune di Sassari, nonché al suo omonimo Paolo Cau, già operativo nella Soprintendenza ai Beni archivistici della Sardegna, per gli spunti preziosi che mi hanno fornito).

 

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