Strumenti per la ripresa economica, di Raffaele Paci
Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’importante articolo del prof. Paci, già ex Assessore al Bilancio della RAS e professore ordinario presso l‘Università di Cagliari.
Siamo ancora nella fase di emergenza della pandemia e quindi l’attenzione è, giustamente, rivolta a come ridurre i contagi, a come salvare le vite umane. Ma dall’emergenza usciremo, non sappiamo con certezza quando, ma usciremo. E allora è importante individuare adesso gli strumenti che la Sardegna può mettere in campo per sostenere la ripresa dell’economia regionale, in aggiunta a quelli che in queste settimane stanno attuando l’Unione Europea e il Governo nazionale.
Si devono innanzitutto valutare le norme in vigore, altrimenti si rischia di definire azioni che sono poi impossibili da realizzare. Vediamole. La Sardegna, come tutte le regioni e i comuni, è obbligata al rispetto del pareggio di bilancio. Lo stesso vincolo non ce l’ha lo Stato, tanto più adesso che l’Europa ha opportunamente sospeso il patto di stabilità. E infatti gli interventi che il governo italiano sta realizzando (per un totale di circa 50 miliardi) sono fatti in disavanzo. Invece questo non è permesso alle regioni. Altro grosso problema: il bilancio della Sardegna è costituito in gran parte (circa 80%) da entrate erariali compartecipate (i 9/10 dell’IVA, i 7/10 dell’Irpef e così via). Si tratta, all’ingrosso, di 6,5 miliardi di euro. La crisi economica porterà con assoluta certezza una forte riduzione del gettito fiscale e quindi delle nostre entrate. È difficile ora fare previsioni, dipende da quanto ancora durerà il blocco produttivo, se nei mesi estivi riprenderanno almeno in piccola parte i flussi turistici. Ma con certezza ci sarà una riduzione del Pil e del gettito fiscale. Se ipotizziamo, cercando di essere ottimisti, una riduzione del 5% delle entrate ciò significa avere in meno circa 350 milioni. Con le norme in vigore la Sardegna sarebbe obbligata a fare una variazione di bilancio per quell’ammontare, tagliando le spese previste o aumentando le tasse. Una vera follia, ma così oggi impone la legge. Proprio quando ci sarebbe bisogno di immettere più risorse nel sistema economico, in aggiunta a quelle nazionali, ci troviamo di fronte a questo vincolo assurdo.
Andiamo avanti con il ragionamento. Siamo in situazione di crisi e vogliamo immettere risorse consistenti nel sistema. Certamente possiamo fare una manutenzione delle risorse esistenti o riprogrammare qualche fondo comunitario non ancora impegnato. Non è certo facile, molte spese sono programmate e attese dai destinatari, è difficile spostarle. Ma diciamo che si riescono a liberare 100 milioni, sarebbe già un ottimo risultato. Bastano per rilanciare il nostro tessuto produttivo, anche se aggiuntive rispetto a quelle nazionali? Siamo tutti d’accordo che non sarebbero sufficienti. E infatti il Governatore Solinas ha parlato in questi giorni della necessità di immettere nel sistema 1 miliardo. Mi sembra una stima corretta. Ma dove si possono prendere queste risorse? Ovviamente la regione potrebbe permettersi di contrarre un mutuo, e quindi trasferire risorse alle famiglie e imprese falcidiate dalla crisi e cercare di salvaguardare i posti di lavoro, i redditi e in prospettiva le stesse entrate fiscali della regione. Peccato che non si può fare. L‘art. 119 della Costituzione vieta alle regioni di indebitarsi (in qualunque forma) per finanziare la spesa corrente, ossia il sostegno a famiglie e imprese. I mutui oggi si possono fare solo per gli investimenti, che però hanno tempi di realizzazione lunghissimi e quindi non aiutano nell’immediato la ripresa dell’economia.
Infine, il tema della spesa sanitaria cresciuta a dismisura a causa dell’emergenza Covid-19. Come ben sappiamo, la Sardegna finanzia interamente con le proprie risorse il sistema sanitario regionale e, purtroppo, non esistono clausole di salvaguardia che rendano automatico il supporto statale in caso di emergenze. Quindi abbiamo oltre il danno la beffa. Per il bilancio della Sardegna la crisi produce entrate minori e costi maggiori. Davvero insostenibile.
Quindi, se vogliamo disporre degli strumenti finanziari adatti per affrontare la crisi la Sardegna (insieme alle altre regioni, in particolare quelle a Statuto speciale) deve chiedere con grande forza e urgenza al Governo tre modifiche alle leggi nazionali.
- Sospendere l’efficacia del pareggio di bilancio, ossia permettere alle regioni di andare in disavanzo. Questo permetterebbe alla Sardegna di far fronte alla prevista riduzione delle proprie entrate senza dover ridurre la spesa già programmata. Questo disavanzo potrebbe poi essere o assorbito dallo Stato all’interno della manovra emergenziale o finanziato con una anticipazione di liquidità da restituire negli anni. A sua volta la regione, liberata dal vincolo del pareggio, avrebbe la possibilità di intervenire finanziariamente a favore dei comuni che sono soggetti al vincolo.
- Autorizzare le regioni a contrarre mutui anche per spesa corrente vincolata agli interventi necessari per fronteggiare questa emergenza. La Cassa Depositi e Prestiti e il sistema bancario hanno ingenti risorse disponibili e i tassi di interesse sono bassi, quindi la Sardegna, che ha un indebitamento molto contenuto, non ha certo problemi a ripagare le rate in 20-30 anni.
- Stabilire che tutta la spesa sanitaria aggiuntiva dovuta all’emergenza sanitaria Covid-19 sia coperta da risorse statali, come avviene per le regioni a statuto ordinario, e non dal bilancio regionale.
Si tratta di tre interventi importanti e urgenti che per essere approvati richiedono una forte condivisione di tutte le forze politiche e sociali a livello locale e il pieno supporto dei parlamentari sardi. Senza queste modifiche legislative gli strumenti a nostra disposizione per fronteggiare la crisi sarebbero del tutto insufficienti ed inefficaci e ne pagheremo le conseguenze per anni.