SA CAMBIADA, N° 8, zòbia, sa ‘e bintibattoro dies, 2 de arbili 2020, de Boreddu Morette (Salvatore Cubeddu).

La situazione. Il cambiamento: novità positive. Cosa cambierà in Sardegna della presente situazione sociale, istituzionale, economica? (1, continua)

ITE SUTZEDIT, LA SITUAZIONE,  secondo l’ANSA di ieri sera. L’incremento rispetto a ieri è di 2.937 contagiati. Martedì l’incremento era stato di 2.107. Il numero complessivo dei contagiati – comprese le vittime e i guariti – è di 110.574. Sono 16.847 le persone guarite in Italia dopo aver contratto il coronavirus, 1.118 in più di ieri. . Ieri l’aumento dei guariti era stato di 1.109.

Dai dati della Protezione civile emerge che sono 25.765 i malati in Lombardia (641 in più rispetto a ieri), 11.489 in Emilia-Romagna (+536) 8.224 in Veneto (+374), 8.470 in Piemonte (+388), 3.456 nelle Marche (+104), 4.432 in Toscana (+206), 2.645 in Liguria (+137), 2.758 nel Lazio (+116), 1.976 in Campania (+105), 1.206 in Friuli Venezia Giulia (+46), 1.483 in Trentino (+94), 1.112 in provincia di Bolzano (-30), 1.756 in Puglia (+102), 1.544 in Sicilia (+52), 1.211 in Abruzzo (+20), 864 in Umbria (+13), 540 in Valle d’Aosta (-12), 675 in Sardegna (+18), 610 in Calabria (+4), 131 in Molise (+14), 225 in Basilicata (+9).

Quanto alle vittime, se ne registrano 7.593 in Lombardia (+394), 1.732 in Emilia-Romagna (+88), 499 in Veneto (+22), 886 in Piemonte (+32), 477 nelle Marche (+25), 253 in Toscana (+9), 460 in Liguria (+32), 148 in Campania (+15), 169 nel Lazio (+7), 122 in Friuli Venezia Giulia (+9), 129 in Puglia (+19), 116 in provincia di Bolzano (+40), 88 in Sicilia (+7), 123 in Abruzzo (+8), 37 in Umbria (+0), 59 in Valle d’Aosta (+3), 173 in Trentino (+9), 38 in Calabria (+2), 34 in Sardegna (+3), 10 in Molise (+1), 9 in Basilicata (+2). I tamponi complessivi sono 541.423, dei quali oltre 292mila in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto.

Continuano a salire le vittime, sono 13.155 i morti dopo aver contratto il coronavirus, con un aumento rispetto a ieri di 727. Martedì l’aumento era stato di 837.

 

De ita foeddàus: De sa costera, logu longu meda totu i costa (M. Pudhu) ibùa depèus pigàe po fortza fintzas a su cùccuru. Non s’ìschit si sa maradìa ch’est arribàda su prus in artu. Ischidèus ca est incomintzànde a mancàe sa passèntzia de sa zente. E però est prus mannu s’apprettu po arresonàe de su ‘e fagher, comente sunt zài faghinde sos chi po arte tenent cussa de pentzare.

Tema: il picco della pandemia, come un costone di numeri in crescita che attendiamo si stabilizzi, che non formerebbe la cima di un angolo acuto ma l’altopiano di un monte difficile e lungo da scalare  – anche perché sconosciuto – di cui si attende la discesa mentre la quotidiana contabilità dei danni in malati e morti resta alta, ma non con gli stessi ritmi di crescita. Restando confermata l’incerta durata della pandemia e di quanto e del come verranno danneggiati l’economia ed il tessuto sociale, non si può che indagare sugli snodi del cambiamento prevedibile, soprattutto per la Sardegna, dove la crisi strutturale dell’economia e della situazione sociale procede da almeno quattro decenni. Permane la sfida per i Sardi di misurarsi nella loro capacità di autogovernare le proprie risorse e di dominare i passaggi del proprio futuro.

 

SA CAMBIADA: CAMBIAMENTO, radicale, in greco si dice apocalisse.

Cosa cambierà in Sardegna della presente situazione sociale, istituzionale, economica? Costituisce la ragione principale del succedersi di questi appunti per il futuro. Lo iniziamo ad esplorare A SA FINI,  quale corollario portato dalle domande del passato e dall’urgere del presente.

Una buona notizia è costituita dall’arrivo a L’Unione Sarda di Mauro Pili, che aggiunge i propri interventi a quelli di Paolo Maninchedda. Due persone e due politici con esperienza e capacità, oltre che appassionati alla Sardegna. C’è urgenza del ritorno al protagonismo, nel dibattito come nell’azione, di tutti coloro che hanno qualcosa da dire e, soprattutto, da fare. I tempi nuovi possono fare nuove anche le persone. C’è bisogno del terzo valore dei rivoluzionari, la fraternité.

 

ARRESONAMENTOS PO SA ZENTE. Considerazioni per il popolo.

C’è da tremare alla constatazione dei compiti che attendono il Popolo sardo: dover affrontare da affamati e disperati ciò che non si è deciso quando si viveva in condizioni, certo già gravi, ma comunque migliori di quelle che si prevedono.

Ma … non tutto è perduto. Si fa possibile la prospettiva che la Sardegna esca prima dalla pandemia di corona-virus, una volta risolti i focolai provocati all’interno degli ospedali e nelle case di riposo. Dovremmo utilizzare la minore pressione sulla pubblica opinione sarda per porre e porci tutti le questioni indilazionabili che dovremmo risolvere.

 

 

ARRESONAMENTOS PO CHI CUMANDAT IN SARDIGNA. Considerazione ad uso delle autorità.

Rappresentano gli interlocutori fondamentali di quasi tutti i nostri discorsi.

 

 

A SA FINI, corollario

Cosa cambierà in Sardegna della presente situazione sociale, istituzionale, economica?

La presente situazione non è narrata uniformemente nelle varie fonti perché condizionata da visioni di parte. Ma, prendendola alla lontana, sono verificabili nella ‘questione sarda’ delle costanti che durano da almeno quarant’anni. Iniziamo riportando lno stralcio di un documento interno al dibattito nel Partito sardo (del 23 novembre 1987).

 

“Alla nuova analisi si prospettano problemi diversi se non proprio nuovi: il trasferimento fuori dell’Isola di centinaia di migliaia di Sardi, un tasso di disoccupazione mai registrato e, comunque, tra i più alti d’Europa, una industrializzazione sproporzionatamente costosa in tutti i sensi rispetto ai vantaggi portati, la riduzione dell’Isola ad area di servizi internazionali, specie militari, il costante annichilimento dei poteri autonomistici e la progressiva paralisi dell’Ente Regione, l’aggravata emarginazione delle zone barbaricine ed interne e la conseguente “tenuta” del banditismo, l’esclusione sempre più netta dai circuiti organizzati della lingua e della cultura autoctone, ecc. ecc.

Le conclusioni furono e sono che la “questione sarda” non è soltanto una questione economico-sociale risolvibile attraverso politiche economiche statal-regionali di riequilibrio territoriale, ma una “questione etnica” nel pieno senso del termine. La questione, cioè, di un popolo dotato di specifica soggettività e progettualità in un territorio geograficamente delimitato e, per questi motivi, titolare di un diritto moralmente e storicamente incontrovertibile alla propria quota di sovranità politica ….”.

 

CI ARRIVANO DAL PASSATO DELLE CONDIZIONI MATERIALI. Su una serie di punti ci si intende, come effetto di processi che ci arrivano quindi dai decenni precedenti:

1). Il decremento demografico e la crisi dei piccoli comuni dell’interno della Sardegna, collegata agli effetti ultimi della crisi irreversibile del vecchio mondo agropastorale e poi della grande industria. Conseguentemente, fino a un mese fa, discutevamo dell’annunciata legge sui paesi dell’interno preparata dall’ANCI sarda, al cui interno la Fondazione Sardinia concordava sull’ipotesi di un telelavoro che consentirebbe l’accorta distribuzione dell’impiego pubblico in tutto il territorio interno dell’Isola, contribuendone al ripopolamento. Delle scelte coerenti consiglierebbero il fermo a qualsiasi politica di incremento di abitanti nelle città sarde e nelle coste.

2). Il risanamento dei mega siti industriali, tutti occupanti pianure già floride lungo la costa,  riconvertendo in zone agricole lo spazio non utilizzabile per le nuove piccole e medie imprese. Contrattazione con le ultime RSU (i sindacati di fabbrica) condizionate dalle imprese (Portovesme  srl, Eurallumina, Novamont – Eni) dichiarando chiusa definitivamente, in quanto contrastante con gli interessi dei Sardi, anche l’ultimo residuo dell’industrializzazione per poli. Pensionamento anticipato per i lavoratori non utilizzabili nel risanamento dei siti. Implementazione dell’intervento nei settori tecnologici legati all’informatica e di quanto contrattabile in termini di ricaduta industriale e tecnologica derivante dall’eccesso di presenza militare in Sardegna.

3). Un turismo prevalentemente in mano a forestieri, sia in termini di capitali che di dirigenti, che non sia il personale di bassa qualifica. Con la chiusura del settore aereonautico si pone la questione della presenza ‘araba’ in Costa Smeralda. Bisogna riprendere in mano il tema del ‘turismo legato alle risorse locali’ rispetto al turismo di lusso (Costa Smeralda e Forte Village) e al turismo di massa (le seconde case dei forestieri ed i resorts).

4). Un’agricoltura dove è ancora troppo lenta ed insufficiente la ricostituzione del patrimonio professionale sia nella coltivazione della terra che nell’allevamento animale. Le campagne sono in fase avanzata di abbandono e sta per riprendere la pressione giovanile della città per farne dei ‘luoghi del paesaggio’ (i Parchi) dove loro possano passeggiare e godersi la natura, stipendiati dall’ente pubblico, sostituendo gli ultime presenze campagnole dei paesi. Ma questo non è neanche il peggiore dei pericoli: le terre sarde abbandonate vanno subendo l’identico deprezzamento della vecchie case dei paesi. Si parla di mediatori all’opera per il loro acquisto, già iniziato quando si parlava di riempire le pianure di cardi per la chimica verde, ma che potrebbe interessare tutti coloro – imprese private e fondi statali, anche esteri – interessati a godere dei nostri immensi spazi per ragioni economiche o di spostamento di popolazioni.

5). L’energia, l’acqua, i trasporti. Dopo l’alluminio, la definitiva messa da parte di un destino produttivo per il territorio minerario-metallifero già più ricco d’Europa porta alla fine del Sulcis come tradizionale zona della grande industria sarda. Almeno dell’industria pesante, considerando la Portovesme srl un’azienda di servizi utilizzata per scaricare i residui delle acciaierie europee. Il carbone non verrà più utilizzato per produrre energia. L’acqua dei bacini può riprendere ed estendere il suo ruolo energetico in Sardegna. Le dighe rappresentano uno dei migliori e preziosi lasciti degli ultimi cento anni, essendo state decise già prima del fascismo e completate quale sistema lungo i decenni.

La privatizzazione della Tirrenia ed il fallimento dell’Alitalia rappresentano, dopo l’abbandono arabo della passeggera aeronautica sarda, gli scampoli straccioni di un liberismo privatistico italiano che ci auguriamo agli sgoccioli. Sarà inevitabile farne oggetto di un protagonismo imprenditoriale sardo, più necessario ed urgente di qualsiasi altro aspetto.

6) E il futuro dell’occupazione?

Salvataggio e rafforzamento del sistema produttivo ed, a breve, proposte di lavori pubblici che prefigurino una nuova idea della Sardegna del futuro.

 

Prossimamente descriveremo le condizioni IMMATERIALI che ci arrivano dal passato: LA SOCIETA’, LA CULTURA, LE ISTITUZIONI.

 

Condividi su:

    Comments are closed.