SA CAMBIADA, apocalisse, N° 6, zòbia, sa ‘e seighe dies, 26 de martzu 2020, de Boreddu Morette (Salvatore Cubeddu)
Ispiegaus sos foedhos, spieghiamo i termini (sa cambiada-l’apocalisse, sa festa-la festa). S’INIMIGU, i contrari: sa tristura, lo scoraggiamento. ARRESONAMENTOS PO SA ZENTE, Considerazioni per il Popolo. ARRESONAMENTOS PO CHI CUMANDAT IN SARDIGNA. Considerazione ad uso delle autorità. A SA FINI, corollario: DOBBIAMO FARE LA PROCESSIONE DI SANT’EFISIO?
SU CHI SUTZEDIT, LA SITUAZIONE (al 25.03.20, ore 18,00): Sono complessivamente 57.521 i malati di coronavirus in Italia, con un incremento rispetto a ieri di 3.491. Martedì l’incremento era stato di 3.612. Il numero complessivo dei contagiati – comprese le vittime e i guariti – ha raggiunto i 74.386. Crescono le persone guarite dopo aver contratto il coronavirus, che toccano quota 9.362, 1.036 in più di ieri. Superati i 7mila morti in Italia a causa del coronavirus. Sono complessivamente 7.503 le vittime, con un aumento rispetto a ieri di 683. Martedì l’aumento era stato di 743 mentre lunedì l’aumento era stato di 601.. Il dato è stato reso noto dalla Protezione Civile.
Per il quarto giorno consecutivo cala il numero di nuovi positivi al coronavirus in Italia: oggi sono 3.491 mentre ieri erano stati 3.612, lunedì 3.780 e domenica 3.957. Il numero delle vittime è oggi di 683, con un calo rispetto a ieri quando erano state 743,
I malati ricoverati in terapia intensiva sono 3.489 i malati ricoverati in terapia intensiva, 93 in più rispetto a ieri. Di questi, 1.236 sono in Lombardia. Dei 57.521 malati complessivi, 23.112 sono poi ricoverati con sintomi e 30.920 sono quelli in isolamento domiciliare.
In Sardegna: Salgono a 18, nell’Isola, le morti legate al Covid-19, tre in più rispetto a martedì. I positivi sono 442 (erano 421), 19 in terapia intensiva. Sullo sfondo le polemiche per i contagi negli ospedali. La Procura di Cagliari ha acceso un faro su Santissima Trinità e Brotzu. Ma il cuore delle Indagini e polemiche a Sassari e Olbia. C’è un caso-Alghero: dopo gli 11 contagi al Civile, si pianifica una possibile emergenza. Il convitto destinato alle quarantene. Negli ospedali si fa la conta dei danni.
De ita foeddàus: ca seus inserràaos in domo, ca non ischidèus candu e comente at a andae a finìdi, ca bisonzat a tenner passentzia. De calinchi die s’est passande sa gana de cantae in sas fentanas. Est arribàda s’ora de sa Cresia, cun sos arrosarios e su ‘Babbu nostru’. Calincunu, pagos ma chi podent faede dannu meda, sìghidi a faede su chi dhi pràghede e portat sa zustitzia a creschede in multas, ammellètzos e ‘cartellones’ (in Castedhu).
Tema: il cambiamento totale del mondo, dell’Occidente, dell’Europa, dell’Italia, della Sardegna, del Paese dove abitate, di Cagliari. L’abbiamo scritto il 10 marzo, quindici giorni fa, sembrano passati mesi e di più. Pur essendo fermi in casa, tutto ci cambia intorno, in connessione alle notizie della diffusione dell’epidemia dappertutto nel mondo, con i numeri dei contagiati, dei morti, dei ricoverati e, per fortuna, dei guariti. Viviamo il tutto chiusi in spazi in genere piccoli, dove in genere passavamo il tempo dell’inattività e ora siamo fermi qui, vediamo lo scorrere dell’epidemia nel mondo, a difenderci e a ragionare su quello che ci succede, capiterà, a noi come agli altri, a tutti e dappertutto. Esperienza unica di un male antico, rispetto alle altre generazioni di umani. Inizio ed apprendimento di qualcosa che è difficile che non si ripeta.
ARRESONAMENTOS PO SA ZENTE. Considerazioni per il popolo. Da più giorni sembrano fermarsi gli appuntamenti canori al balcone e alle finestre. Papa Francesco ha preso in pugno la situazione della Chiesa italiana dopo che attenti osservatori avevano chiesto alle religioni di parlare della vita e della morte, il loro specifico. La recita del rosario in televisione ha ricevuto un buon share. Ma di sicuro bisognerà andare più a fondo. Anche perché gli specialisti della pubblica opinione vedono nero, non solo da noi in Italia ma in Europa e nel mondo, ad esempio a conclusione di questo articolo sulla situazione spagnola.
Questo virus assassino è servito per mettere alla prova la nostra civiltà. In Spagna il popolo, nel suo insieme, ha reagito con moderazione e disciplina. Però si è diffusa l’idea che il sistema non funzioni, né qui, né all’estero. Mancano coordinamento, criteri e misure comuni per i Paesi europei, mentre si alzano i confini e si espelle lo straniero. L’Onu e la Banca Mondiale avevano avvisato che una catastrofe così era una minaccia concreta. L’Europa del benessere ha fatto finta di nulla e ora non ha abbastanza letti negli ospedali, medici, respiratori e ricercatori. Non c’è nemmeno una leadership capace di radunare attorno a sé le forze necessarie, né per immaginarsi il dopo. Davanti all’efficienza asiatica, l’efficacia delle democrazie è in questione. Pagheremo un prezzo alto per la nostra arroganza e la nostra improvvisazione. Anche per l’avarizia dei mercati. Arrivano tempi bui per la libertà. (A noi non succederà, così il virus punisce la Spagna, di Juan Luìs Cebriàan, LA STAMPA 25 marzo 2020).
Il giornalista spagnolo ha molte ragioni eppure non ha rilevato una costante, la reazione festaiola all’iniziale sensazione di pericolosità del virus. A Whuàn è stata decapitata la classe dirigente cittadina e regionale per avere confermato ‘il più grande pranzo del mondo’ per il guiness dei primati. A partire dal 27 febbraio è esplosa a Milano quella follia (“Aprire tutto …”) che la Lombardia sta pagando così duramente. Di Madrid parla il pezzo qui sopra. Parigi e Londra sono attesi alla verifica, che purtroppo arriverà. New York c’è già in mezzo. E’ come parlassimo di antropologia, di costanti comportamentali del singolo e delle folle. In realtà siamo ben più in là. Nella solitudine della nostra casa ci arrivano o ritornano le domande fondamentali, quelle che la filosofia ci ha aperto nelle scuole superiori e che la letteratura attribuisce ai suoi protagonisti. Che chi ha avuto un bravo professore di religione, anche se solo per un momento, ha comunque almeno abbozzato.
Leggere e interpretare il male ed il bene del mondo, la loro origine ed il loro svolgersi collegato al nostro destino: l’apocalisse della vita, dolorosa trasformazione ed esito finale. Le religioni pretendono di avere la risposta. Il cristianesimo si presenta come ‘buona novella’. Ci siamo?
ARRESONAMENTOS PO CHI CUMANDAT IN SARDIGNA. Considerazione ad uso delle autorità. Dovremmo rendere esplicito l’apprezzamento per coloro che in tempi come questi devono passare il tempo e dedicare tutto il proprio impegno a decidere come salvarci ora e a prevedere cosa ci attende l’indomani. Sì, esprimere loro un grazie! A coloro che sono stati eletti dal popolo e a chi lo fa per lavoro, tra questi il personale sanitario tutto (i combattenti in prima linea – e quindi gli eroi e le vittime – di questa guerra). Tutti ci siamo positivamente identificati con chi opera nei reparti e persino nelle strade a mettere le multe. Ma esiste pure il peso della politica, dell’esposizione alle attese ed al giudizio per le scelte che coinvolgono i tuoi familiari insieme al tuo popolo. Purtroppo la stima per i politici – nel mondo occidentale tutto e in specie in Italia – non prevede il versante del riconoscimento e del grazie, almeno per quando sono in vita. E’ un errore e un danno. Rincresce soprattutto in Sardegna, dove ci sarebbe bisogno come l’aria di un positivo rapporto tra la classe dirigente (i sindaci, i consiglieri di tutte le istituzioni, la filiera dei presidenti fino alla Regione, i deputati e i senatori presso gli italiani) ed il popolo. Non ho mai capito, né accettato quando mi è toccato, come un politico possa consentirsi di proseguire nel proprio impegno sapendo di non essere riconosciuto dalla propria gente. Non basta farlo per se stessi e per la propria famiglia. Per quanto mi riguarda: grazie!
Ispiegaus sos foedhos, spieghiamo i termini (sa cambiada-l’apocalisse, sa festa – la festa). Siamo in casa, non sappiamo per quanto tempo saranno giorni feriali, non ci saranno feste, salteremo anzi molte feste del periodo. E quali feste! In Sardegna: la Pasqua, la Liberazione, Sa Die de sa Sardigna, il 1° maggio – S. Efisio.
In realtà nella psicologia collettiva non c’era più la festa. Non c’è la festa religiosa, causa la secolarizzazione spinta. Non c’è la festa ‘civile’ perché tutto è festa, sempre è festa, non si dà più la ferialità. Non c’è più l’ordinario tempo del lavoro per fasce molto ampie di non-lavoratori. I giovani vivono di notte, specie nei fine settimana. La domenica si dorme. Non si danno tempi speciali, ricorrenze che non siano la celebrazioni dei passaggi nell’esistenza dell’individuo (la nascita-compleanno, diploma, matrimoni ripetuti, figli …). La presente angoscia è moltiplicata perché per la morte non c’è alcuna considerazione, è come non ci fosse, la rinchiudiamo, per tempo possibilmente breve, in ospedale.
Se dovessimo intristire in casa, ancora e per molte settimane, avremmo il generale problema di intenderci perché abbiamo bisogno della festa come ‘tempo speciale’. E, visto, che ce le troveremo tra poco a brevi intervalli, è bene ragionare sul “se” e sul “come” viverle. Meglio: come “diversamente” viverle.
A SA FINI, corollario. Potremmo decidere di fare come per le altre nostre giornate, si cancellano e si resta a casa. Obbligati.
La Chiesa avrà una settimana santa con seguito di Pasqua senza riunione di fedeli, senza baci della pace, con i riti trasmessi in tv.
Il 25 aprile il corteo non sfilerà da Piazza Garibaldi a Piazza del Carmine in Cagliari, eviteremo anche la polemica fascisti-antifascisti presso il monumento ai caduti.
Sa Die de sa Sardigna resterà senza messa in sardo e senza inno nazionale (Procurade ‘e moderare …) in Consiglio regionale.
Sant’Efisio e la sua statua da giovane hidalgo tradirà le strade cittadine che non lasciò senza visita neanche nei peggiori bombardamenti della “cagliarizzazione”. Così imporrebbe la legge. E, a ragionarci, l’obbligo della sopravvivenza. Lockdown, chiusura totale.
Ma … e se ci fermassimo a ragionare chiedendo ai promotori delle singole feste di fare quello che i preti hanno già pensato e sanno fare meglio di noi? Pochi protagonisti, l’essenziale, distanziamento sociale tra quei pochi, i credenti davanti alla televisione a seguire le immagini accompagnate da un commento intelligente. Due esempi di cui conosciamo il pensiero e le proposte dei reciproci comitati.
Il Comitato per sa Die de sa Sardigna, che già aveva preso contatti preparatori con l’Arcivescovo Baturi e con le Autorità Regionali, ha scritto al Presidente Christian Solinas, che in proprio avrà certo verificato i programmi dovuti alla Regione, perché, in mancanza d’altro, vengano riproposti quanto di meglio è stato registrato degli ultimi vent’anni, ad esempio: la messa in sardo celebrata dal cardinale Angelo Becciu nel 2018, la ricostruzione storica nelle strade di Castello e quella dell’entrata di Giommaria Angioy a Sassari, il discorso in sardo del Presidente Solinas lo scorso anno, una selezione dei concerti di Piazza del Carmine.
Il Comitato e la Confraternita di Sant’Efisio sembra che procedano come se … Ma, nonostante le generali aspettative, non sarà semplice ricostruire le condizioni per il rispetto dell’antico voto. Ma una regia sanitariamente garantita, eppure accorta e intelligente, potrebbe proporre alle autorità della sicurezza delle condizione di accettabilità. Proviamo a spingerci in un’ipotesi per quanto concerne la processione del 1° e 4 maggio a Cagliari, la processione a Nora, le fermate a Sarroch, Villa S. Pietro e Pula, il rientro. Dei gruppi di fedeli solitamente provenienti dai paesi dell’Isola dovrebbero partecipare solo i due giovani che sostengono il ‘tappeto’ con il nome del paese di provenienza: si posizionerebbero lungo tutto il percorso cittadino ai lati della strada, rispettando le distanze stabilite. La processione (ne vediamo subito la composizione) passerebbe nelle strade deserte di Cagliari coperte di ‘arramadura’ a partire dalla Chiesa di S. Efisio fino al piazzale della ferrovia. Pochissimi i partecipanti e, nell’ordine: Il crocifisso della Confraternita con le due lanterne a lato, tre suonatori di launeddas distanziati, il cocchio e le due guide con il Santo seguito dal prelato e due inservienti, il sindaco a cavallo con i due mazzieri. Una scena commovente seguita da tutto il mondo in televisione. I Cagliaritani ed i Sardi mantengono le promesse!
Le abbiamo fatte noi le promesse, non sant’Efisio. E’ un discorso prima di tutto interno a noi stessi, comunità cristiana e comunità civile in buona parte non credente.
Dobbiamo ancora tenerci così tanto alla processione di Sant’Efisio come festa identitaria dei Sardi?
Chi scrive ne resta convinto. Con la festa dei Candelieri a Sassari e la generale invocazione ai Santi anti-peste (S. Rocco, S. Sebastiano, SS. Cosma e Damiano, etc.) l’epidemia di metà Seicento ha segnato la cultura e la storia dell’Europa, non solo la sarda. La malattia era legata al peccato dell’uomo e si chiedeva perdono e l’aiuto dall’Alto perché finisse e non si ripresentasse.
Non è l’idea che oggi abbiamo noi cristiani della presenza dello Spirito nella storia, seppure è la scienza ad accusare l’uomo moderno di ciò che è iniziato in Cina e dei guai che restano sullo sfondo, la questione climatica. La peste c’era dappertutto e dappertutto è finita. A S. Efisio e a tutti i Santi sarà dispiaciuto il fatto che ai loro fratelli ancora sulla terra toccassero quei malanni, ma era la fede che salvava i fedeli e li spingeva a fare del loro meglio. Anche allora la cristianità era rappresentata dai don Abbondio e dai Fra’ Cristoforo. Come oggi: è la formazione e la tenuta di un sevizio sanitario, che affronta i problemi di tutti (ricchi e poveri, giovani e vecchi) a costituire il miracolo in quanto esempio di civiltà e solidarietà.
Ma S. Efisio viene ringraziato anche per la soluzione di un problema successivo, che ha a che vedere con la storia, la nostra storia. Sant’Efisio ci avrebbe liberato dall’invasione dei Piemontesi, tra il dicembre 1792 ed i primi mesi del 1793. Una flotta proveniente da Tolone con soldati e volontari ‘marsigliesi’ (sì, proprio quelli de ‘la marsigliese’!) prendono prima l’isola di S. Pietro, issando l’albero della libertà, poi si affacciano nel Golfo di Cagliari. Bombardano senza che la città ceda – dato che sono arrivati da tutta la Sardegna i miliziani ed i paesani armati, chiamati dallo stamento militare e pagati anche dalla Chiesa -, tentano lo sbarco al Margine Rosso di Quartu, vengono respinti lasciando molti uomini sul terreno nel mentre un vento impetuoso di scirocco rende difficile il reimbarco, quindi abbandonano l’assedio. Negli stessi giorni lo sbarco di altri francesi a La Maddalena, tra i quali faceva le sue prime prove il giovane ufficiale Napoleone Bonaparte, veniva respinto dagli uomini di Domenico Millelire.
Dei fatti di Cagliari si danno tre versioni: quella immediata del Re di Sardegna, Vittorio Amedeo III, che da Torino scrive al Papa e a tutti i regnati d’Europa informandoli ed esaltando la propria vittoria sui rivoluzionari, ricevendone i complimenti e premiando i propri uomini a Cagliari a svantaggio dei veri combattenti, i Sardi. Quella degli Stamenti, convinti della bontà della loro causa nella difesa del suolo patrio (anche se a favore del Re sabaudo, degli interessi del proprio ceto e dei valori della Chiesa), e che pertanto diedero avvio alla richiesta delle 5 domande, con tutto ciò che ne seguì, fino al 1796 con ricadute durature fino al 1812. A restaurazione compiuta (con i rivoluzionari sconfitti, isolati e puniti), trionfa la terza narrazione: è S. Efisio, il martire guerriero, ad avere mandato il vento che ha allontanato le navi dei Francesi. Non il popolo di Cagliari, non i paesani armati e a cavallo, combattenti e vincenti. E ci furono dei morti anche tra i nostri, non tra i Piemontesi. Povero S. Efisio, utilizzato per coprire i reazionari!
Da un ventennio la festa di S. Efisio offre la giusta continuità alla memoria dei martiri: per la libertà italiana, per i valori di fratellanza-libertà-uguaglianza dei Sardi, per la testimonianza cristiana. E’ bene tenercele tutte queste feste Ognuna a suo modo ha a che vedere con una Pasqua di resurrezione, la prima ma non l’ultima delle feste di questo aprile.
By Mario Pudhu, 26 marzo 2020 @ 18:24
Boredhu, sa Sardigna est sempre chentza innu natzionale.
“Procurad’e moderare” est innu “REGIONALE” ca una cosa gai ant aprovadu cun sa leze.
Cópio e incollo dae su BURAS:
«LEGGE REGIONALE 28 APRILE 2018
Inno ufficiale della Regione e integrazioni alla legge regionale 15 aprile 1999, n. 10 (Bandiera della »
art n2:
«Art. 2 Integrazioni alla legge regionale n. 10 del 1999
1. Dopo l’articolo l della legge regionale n. 10 del 1999, è aggiunto il seguente: ”Art 1 bis (INNO REGIONALE) 1. Il componimento tradizionale “Su patriota sardu a sos feudatarios” noto anche come “Procurade ‘e moderare” di Francesco Ignazio Mannu è riconosciuto quale inno ufficiale DELLA REGIONE.»
Creo chi iscas bene ite difréntzia b’at tra sa SARDIGNA/NATZIONE SARDA e sa RAS!
Ma pro ite depimus èssere sempre própriu zente de “tutto fa brodo”, chi si est una cosa… mancu pro sonnu, namus chi est un’àtera?!
E mancu nos abbizamus de cantu est grave custu cumportamentu.
Za amus a sighire a campare e a mòrrere su matessi chentza innu natzionale, ma sos cumportamentos e pessamentos de “totu est su própriu, su chi est trinta est trint’unu, su chi est tip est tap, totu est su matessi, su chi faghet trinta faghet baranta” ant a èssere solu cumportamentos, pessadas e mentalidade de zente de responsabbilidade chi no cumprendhet e no cheret.
A chie morit morit e a chie campat campat.
Nondh’afutimus de tziu Virus cun e chentza corona!…