Pasquale Mistretta: la mia vita in simbiosi con l’università, di Mario Frongia
Pasquale Mistretta, classe 1932, ha guidato l’Ateneo dal 1991 al 2009. Ritratto dell’ex rettore dell’Università di Cagliari nell’intervista di Mario Frongia per La Nuova Sardegna: “Uomo di potere? Sì, lo sono stato, per fare cose serie e durature”. Positivo il suo giudizio sull’attuale numero uno di UniCa: “Maria Del Zompo? Sta facendo tanto e bene!”
«Ha steccato in avvio, poi è stata fenomenale». Appassionato melomane, Pasquale Mistretta segue il video del soprano Anna Netrebko nella Tosca del dicembre scorso alla Scala. Scarpe Santoni, yogurt e frollini al cioccolato per pranzo, goloso di gelato, caffè americano («bollente, senza zucchero»), pasticcini del Caffè Genovese, è stato rettore dell’università di Cagliari dal ’91 al 2009. Classe 1932, emerito di Urbanistica, è stato tra i 25 saggi del governo. Autore di centinaia di pubblicazioni, da “Autonomia, il sogno e la ragione” (con Chiara Garau), “Beni comuni dello spazio urbano” (C. Garau e Sonia Pintus) a “Nella città che cambia” (Giulia Desogus). Un orizzonte illuminato, una porta sul futuro. La moglie Mariella Pavan è scomparsa di recente: “Donna straordinaria”. Il professore ora si gode i nipoti Eugenio e Aldo, figli di Fausto, e Naydelin, figlia di Valeria. (m.fr.) «Uomo di potere? Sì, lo sono stato. Ma mi riconoscono di averlo esercitato per fare cose serie e durature». Pasquale Mistretta tra idee, visione e luoghi che si intrecciano. Trame fitte e solide. Diciotto anni rettore, in Italia l’ha battuto solo Preti a Brescia: 21. Altri tempi, altre norme. Nel capoluogo, il professore ha annodato un filo verde tra urbanistica, docenza e pubblica amministrazione. «Non ho rimpianti, ho fatto tanto. Decisionista? Il dialogo era sacro, parlavano tutti, ascoltavo e sceglievo». Il professore sistema la cravatta: «Ne ho circa duecento, colleziono quelle di Leonard, fiori e frutta, colori sgargianti. Tengo molto a questa dell’architetto Frank Lloyd Wright presa a San Francisco. Un vezzo? Può darsi. Per un Natale ho fatto fare le cravatte con i colori dell’Università». Sorride. E indica una mappa del Sarcidano: «Con il collega Franco Annunziata studiamo un avvicinamento delle comunità locali che gravitano su Isili, che può fungere da hub di sviluppo socioeconomico. Le zone interne meritano scelte rapide: non si frena lo spopolamento con le nuove province e la si deve smettere con politiche egoistiche attente solo alle zone costiere». Lo studio di via Lanusei ospita migliaia di testi. Alle pareti, quadri, prospetti, arazzi: «Questo è un foulard di mia madre Mercede. È dell’800, riproduce un passo dell’Unità d’Italia». Poco distanti un poker di foto di Toronto, Tucson, Yellowstone e Anchorage: «Mi sono dilettato con una macchina Hasselblad: si scattava e si verificava se c’era qualcosa di buono solo un mese dopo, quando l’ottico ti dava le diapositive».
Nostalgie sbagliate Sulla scrivania il pc, diversi manuali (“Gestione per processi” e “Marketing e territorio”), una pagina del Corriere della sera titolata “Green, smart, digitale: Barcellona già nel futuro” con sottolineature da pennarello fosforescente. «Mi chiedono spesso della mia esperienza da rettore. La realtà è diversa. Sento nostalgie sul mio percorso, sono sbagliate. Le cose sono mutate, oggi non potrei fare lo stesso. La soddisfazione? Il rapporto instaurato con gli studenti: anche nella baruffa per l’aumento delle tasse. Presidiarono il rettorato, mi urlarono di tutto. Uscii con l’attuale questore Pierluigi D’Angelo e il vice, Giuseppe Gargiulo. Mi chiesero se volessi la scorta. Tirai dritto. I ragazzi furono onesti, spiegai e capirono». Pasquale Mistretta incrocia le dita. Riflette. La storia siamo noi, canta Francesco De Gregori. La storia. Più le persone, l’animo, le strutture. La Cittadella universitaria di Monserrato, ad esempio, attuale pregiato alveare con circa diecimila presenze quotidiane tra docenti e studenti. «Nel ’91 trovai uno scheletro di cantieri. In breve abbiamo aperto la parte scientifica e medica. Poi, nel ’97, il Policlinico. Ricordo che tutti frenavano, nessuno voleva andarci, ora mi dicono che si spinge per avere il trasloco. Il primo trasferimento? Quello di Anatomia umana con i professori Paola Sirigu e Alessandro Riva». Un mondo in bianco e nero. Con grandi intuizioni. E sprazzi di luce. Il cattedratico va dal boom degli oltre quarantamila iscritti a un processo legato alle nomine di alcuni odontoiatri. «Esperienza dura. Ma fui assolto in primo e secondo grado. Erano gli anni di Tangentopoli, la Procura aprì un’indagine su alcuni incarichi ai dentisti: professori a contratto gratuito, giovani che facevano lezioni per mettere nel curriculum l’insegnamento svolto all’Università di Cagliari. Venne assolta anche Marilena Bernardi, il nostro direttore amministrativo». Una polverosa pagina di cronaca. Archiviata. Di tutti i coloriMistretta rilancia: «Ne ho combinato di tutti i colori, specie in edilizia. In Castello, nel palazzo che ospita Architettura, fui costretto a fare qualche abuso. Sollevai di 20 centimetri un solaio di un magazzino per fare i servizi igienici. Mi denunciò la professoressa Kyrova. Il Comune rispose che non dovevo chiedere il permesso perché l’ateneo “era” lo Stato». Potere, polemiche, competenza. Ma anche praticità ed esperienza, a favore della collettività. «Da rettore ho rinunciato alle poche attività private che avevo. La mia forza? Avere alle spalle tanti sostenitori. A partire dagli studenti. No, non sono stato barone, non avevo il seguito da governare. Il baronato c’era a medicina, in alcune aree di ingegneria, giurisprudenza e scienze. Aveva un pregio: i giovani attenti alla carriera potevano pensare su come riuscirci». Il passato, con l’eredità di Duilio Casula. L’addio, con l’arrivo di Giovanni Melis. «Il professor Casula mi ha lasciato un rigore etico e modi precisi. A Giovannino ho dato conti in regola e un ateneo in crescita. Ha cercato di ridimensionare quel che ho fatto, senza riuscirci. Maria Del Zompo? Sta facendo tanto e bene. Per Cagliari e per l’Università italiana la sfida passa dal tradurre in operatività le tante iniziative». Anche sull’Azienda ospedaliera-universitaria di Cagliari c’è la sua mano. «Con i presidi di Medicina, Balestrieri e Faa, abbiamo compiuto un mezzo miracolo. Dicevano che eravamo matti. Convinsi Renato Soru e Nerina Dirindin a darci spazio. È andata bene». Budget e prospettive. Ma anche incontri griffati. «Ho incontrato spesso il Nobel Carlo Rubbia: un genio, affabile ma senza eccedere. Pungente e ironico Dario Fo: fece una mostra di suoi disegni in Cittadella dei musei. Tra i nostri laureati honoris causa, da Ennio Morricone a Piero Angela, mi colpì Albino Bernardini, il maestro di Pietralata: che statura!». Tra i politici, flash su Francesco Cossiga: «Ci siamo conosciuti a Barcellona per le Colombiadi, siamo rimasti in contatto. Figura imponente». Da sud a nord. Con il cuore che batte ad Alghero. «Firmai il mio primo piano regolatore nel ’70 su richiesta del sindaco Martino Lorettu. Ho lavorato anche su Fertilia, segnai una seconda linea di decollo e atterraggio. Lo spazio c’era».Bei ricordi di Sassari e Alghero ma non solo. Pasquale Mistretta ha progettato anche il piano di La Maddalena: «I puristi milanesi contestarono. Invece ad Arzachena il consiglio comunale approvò tutto ma frenò su una norma che regolamentava l’edilizia rurale, ovvero casolari che spesso diventavano ville faraoniche. Sassari? Ho bei ricordi dei rettori Milella, Palmieri, Maida e Mastino. Con Attilio, ricco di intuizioni ed energia, ci siamo relazionati a lungo. Ricordo anche l’arcivescovo Isgrò e il cardinale ozierese Pompedda». Dall’amarcord al presente. «L’Olbia-Sassari rompe micro conflitti tra le province. Ma attenzione agli effetti facilitatori, Olbia finirà per diventare un grande centro attrattivo» avverte l’urbanista. Si torna a Cagliari. Per il due volte sindaco, Paolo De Magistris, è la città delle tre emme: medici, massoni, mattoni. «La crisi dell’edilizia si sente. Con la Massoneria ho avuto un bel rapporto con Armandino Corona. Non mi ha mai chiesto niente, sapeva che non ero recettivo. Ho avuto qualche segnalazione ma niente pressioni. La medicina? Le cattedre si distribuivano con buon senso. Ho sempre dormito sereno». Si passa alla professione e alla città. «Il sindaco Truzzu? Ascolta, è disponibile. Fossi in lui demolirei feticci come l’ospedale Marino e trasformerei in area museale e multimediale il carcere di Buoncammino». Nel 2001 fu candidato sindaco di Cagliari per l’Ulivo. È stato sconfitto da Emilio Floris. Infine, l’attualità. Da Papa Francesco («umiltà e determinazione per gli ultimi») ai migranti («a tanti conviene che sia un problema. Intanto, gli italiani in Inghilterra soffrono per la Brexit») alle donne: «La parità di genere? Ho sempre avuto staff al femminile: sono più leali e determinate degli uomini. Ma in politica faticano con gli spazi clientelari». Si chiude con uno sfizio. «A cena con una mente eccelsa? Con gli umanisti Croce e Gentile. Ma anche con Leonardo sarebbe un gran bell’ascoltar..
La Nuova Sardegna, 20 gennaio 2020