La rivoluzione dei ragazzi, di Roberto Biorcio
L’immagine Olga Misik, 17 anni, membro del gruppo di manifestanti Bessrochka, di fronte ad agenti di polizia durante una manifestazione a Mosca, il 27 luglio. La ragazza ha letto davanti ai poliziotti gli articoli della Costituzione (che tiene in mano) a tutela delle libertà civili e politiche. Le proteste sono nate per l’esclusione degli oppositori dalle elezioni comunali dell’8 settembre (© Alexei Abanin/Twitter via Ap)
La politica fatica a dare risposte, talvolta la politica fatica persino a individuare le domande giuste. Per questa ragione i giovani (nati alla vigilia del nuovo millennio) e i giovanissimi (nati all’alba del nuovo millennio) sono scesi in piazza: a Hong Kong, Santiago, Mosca, Stoccolma, Bologna… Greta Thunberg e Licypriya Kangujam protestano per l’emergenza ambientale; Olga Misik per difendere la Russia dall’autoritarismo putiniano; gli studenti cileni e cinesi contro le decisioni dei rispettivi governi; le Sardine contro l’aggressività di una parte della classe dirigente italiana
Sono stati i giovanissimi, spesso adolescenti con meno di diciotto anni, i protagonisti di molte mobilitazioni politiche e sociali importanti di quest’ultimo anno. Il loro ruolo e la loro partecipazione sono stati ovviamente centrali nelle manifestazioni Fridays For Future promosse a livello internazionale da Greta Thunberg, che il 3 gennaio compirà 17 anni, tanto da indurre il ministro dell’Ambiente italiano, Sergio Costa, a promuovere per l’ottobre del prossimo anno a Milano una conferenza sui cambiamenti climatici (Cop) dedicata in modo specifico a raccogliere il contributo dei più giovani, una cosiddetta CopYouth.
Non meno evidente e rilevante è stata la partecipazione degli adolescenti alle mobilitazioni popolari che si sono sviluppate in molti Paesi, dal Cile a Hong Kong. In Russia ha acquisito una notevole visibilità, anche internazionale, la figura della diciassettenne Olga Misik — ospite di recente nel nostro Paese alla manifestazione romana Più libri più liberi — che il 27 luglio scorso ha letto in piazza a Mosca gli articoli della Costituzione che garantiscono le libertà civili e politiche, per protesta contro l’autoritarismo del presidente Vladimir Putin.
In Italia è sempre più evidente la partecipazione dei giovani e dei giovanissimi alle iniziative di piazza delle Sardine, cominciate a Bologna e proseguite in numerose città con una notevole affluenza che ha colto di sorpresa un po’ tutti.
L’impegno dei giovani in queste mobilitazioni mette in discussione l’immagine più diffusa delle ultime generazioni di adolescenti, ragazzi spesso considerati chiusi nel mondo digitale dei social network e ritenuti choosy, schizzinosi, rispetto alle esperienze del mondo del lavoro, e identificati come indifferenti di fronte ai più importanti problemi della società che li circonda.
Vengono in genere designati dai mezzi di comunicazione come millennial i giovani che hanno sperimentato l’ingresso nella vita adulta all’inizio del nuovo secolo, che coincide con quello, appunto, del terzo millennio. Esistono però molti aspetti ancora poco definiti nel profilo di queste fasce giovanili e di quella successiva, nata all’inizio del nuovo millennio, che meritano di essere approfonditi con attenzione. Sono significative le differenze non solo nei confronti degli adulti, ma anche rispetto alle generazioni immediatamente precedenti. Appare molto limitata, soprattutto negli ultimi anni, la trasmissione degli atteggiamenti, dei valori e degli ideali più diffusi in passato, che ormai dicono poco alle nuove e nuovissime generazioni. In generale, si può registrare una tendenziale distanza di questi ragazzi rispetto alle conflittualità politiche ancora dominanti nel mondo degli adulti. È d’altra parte molto minore l’ostilità pregiudiziale nei confronti della classe politica nel suo complesso, rispetto a quella che si manifesta nelle fasce d’età più avanzate.
Le generazioni giovanili si confrontano con un mondo sociale e politico che tende a trasformarsi sempre più rapidamente, senza disporre di identità collettive e di riferimenti culturali definiti. Sono cresciuti nella fase della rivoluzione digitale, di cui sono spesso i massimi utenti ed esperti, mentre diventano sempre più rilevanti i problemi del crescente degrado dell’ambiente naturale e della scarsità di lavoro e di reddito, che sembrano mettere a rischio, se non compromettere irrimediabilmente, il loro futuro e per certi versi quello del pianeta.
Si registrano così tra gli adolescenti del nostro tempo incertezze e inquietudini sempre più diffuse. Non a caso è cresciuto in maniera considerevole l’uso delle droghe leggere, sperimentate nell’ultimo anno da quasi un quarto degli studenti italiani. Ma non tutti i segnali sono preoccupanti. Sono cresciute anche le disponibilità a promuovere e a partecipare a mobilitazioni collettive per affrontare problemi di ampia portata che gli adulti non percepiscono o percepiscono in modo diverso.
Sono state per molti aspetti esemplari, come si è detto, le esperienze di Greta Thunberg, la ragazza svedese che ha di fatto promosso a livello mondiale, con l’esempio personale, nuove forme di attivismo giovanile diffuso. La protesta di Greta, la sua costante presenza per molti venerdì consecutivi davanti al Parlamento di Stoccolma, è diventata un modello per le iniziative avviate da suoi coetanei in tutto il mondo contro la mancanza di misure concrete per fermare il cambiamento climatico dovuto alle emissioni nell’atmosfera terrestre di gas responsabili dell’effetto serra, provocate dai combustibili fossili. È stata messa in evidenza l’importanza del contributo che può dare l’impegno anche di una singola giovanissima ragazza per affrontare problemi di livello globale.
Le mobilitazioni dei Fridays For Future, i venerdì per il futuro, avviate seguendo l’esempio fornito da Greta, si sono sviluppate con forme e strategie molto diverse rispetto alla politica tradizionale. Sono emerse e sono state sempre più evidenziate contrapposizioni rispetto alle priorità e alle decisioni che guidano l’azione degli adulti, in particolare dei governi che determinano le scelte dei Paesi più ricchi e influenti. La lotta contro il cambiamento climatico e i suoi effetti devastanti è diventata in questo modo il terreno privilegiato per definire ed esprimere l’identità collettiva delle generazioni più gio
vani. Persino a livello infantile, come dimostra il caso dell’attivista Licypriya Kangujam, che ha soltanto otto anni e ha portato dall’India alla Conferenza sul clima di Madrid (Cop25) la sua voce e la sua battaglia per l’adozione di una legge contro il riscaldamento globale nel grande Paese asiatico governato dal primo ministro Narendra Modi.
La diffusione e la moltiplicazione delle mobilitazioni a livello internazionale non è stata favorita, almeno nella sua fase iniziale, dai canali di comunicazione tradizionali, che hanno dato in molti casi un rilievo limitato alla campagna condotta dagli adolescenti. Le iniziative sono state spesso organizzate e promosse utilizzando le vaste potenzialità offerte dal web, in particolare dai social media. Nei cortei e nei sit-in contro il cambiamento climatico molti giovani, rimasti fino ad allora estranei a qualsiasi forma di attivismo nella società, hanno sperimentato per la prima volta la partecipazione a una protesta collettiva. I partecipanti diventavano poi, a loro volta, promotori di un ampliamento della mobilitazione, partendo dalle interazioni personali con amici, conoscenti e compagni di scuola. Una sorta di passaparola spontaneo, non soltanto digitale, ha determinato una crescita impressionante del fenomeno.
I Fridays for Future sono però solo un aspetto di un’esperienza che ha molte altre facce interessanti. I giovani e i giovanissimi sono stati infatti i promotori e i principali partecipanti di altre mobilitazioni che hanno coinvolto ampi settori della popolazione in molti Paesi del mondo su temi specifici che riguardano la vita quotidiana di quelle realtà.
In Cile sono stati gli studenti dei licei di Santiago ad avviare la protesta contro l’aumento dei prezzi dei biglietti della metropolitana nella capitale Santiago. Una protesta che si è trasformata nel giro di pochi giorni in un’ampia e duratura mobilitazione popolare contro le politiche del governo guidato dal presidente di destra Sebastián Piñera. Sono stati soprattutto i giovani con meno di trent’anni a impegnarsi nelle manifestazioni di piazza che stanno mettendo seriamente in discussione soprattutto le forti disuguaglianze sociali che caratterizzano la società cilena.
Ugualmente importante è stato il ruolo dei ragazzi nel
movimento che si è sviluppato a Hong Kong contro la legge che prevedeva l’«estradizione» in Cina per una serie di reati. I movimenti giovanili si sono molto impegnati in questa difficile battaglia in difesa dei diritti civili, perché si sentivano i più esposti alle possibili iniziative repressive del governo di Pechino. Migliaia di studenti hanno formato una catena umana attraverso la città per mostrare solidarietà nei confronti del movimento che chiede riforme democratiche. Ma va sottolineato che l’impegno dei giovani di Hong Kong nelle mobilitazioni popolari è continuato anche dopo il ritiro della legge oggetto delle prime proteste: segno che ci sono problemi di fondo che non possono essere elusi nel rapporto tra l’ex colonia britannica e il regime autoritario cinese.
In Italia la partecipazione giovanile ha avuto un ruolo assai rilevante nel movimento delle Sardine che, dopo la prima iniziativa in piazza a Bologna del 14 novembre, ha moltiplicato rapidamente le manifestazioni in altre città italiane (Modena, Ravenna, Firenze, Palermo, Napoli, Milano, Torino…), promuovendole soprattutto a partire dai social network. Il movimento era stato avviato nella città emiliana da un gruppo di trentenni, ma ha raccolto partecipazione e sostegno soprattutto fra i più giovani, gli studenti delle scuole superiori e delle università.
Le iniziative di mobilitazione organizzate dalle Sardine si propongono di dare voce alle istanze dei cittadini, portando nelle piazze molte persone che non avevano mai partecipato a eventi del genere. Vengono contestate dal movimento le modalità più diffuse del discorso politico attuale, veicolato in particolare dalla Lega di Matteo Salvini e da altre forze di destra, che si basa sull’aggressività verbale e sulla denigrazione sistematica dell’avversario nel dibattito pubblico. Bisogna comunque aggiungere che, se gli attivisti e i partecipanti alle iniziative delle Sardine sono più spesso orientati a sinistra, il movimento in quanto tale rifiuta di assumere una precisa collocazione nel quadro politico esistente ed è visto in modo positivo anche da alcuni settori dell’elettorato di centrodestra.
In un periodo storico come quello che stiamo vivendo ormai da diversi anni, nel quale i partititi e le organizzazioni di rappresentanza tradizionali incontrano sempre maggiori difficoltà a promuovere la partecipazione attiva di iscritti e simpatizzanti, le mobilitazioni in cui si impegnano le generazioni più giovani stanno cercando di trasformare le modalità e i contenuti della politica in molti Paesi.
Dall’Europa all’Asia, fino all’America Latina, sono stati proposti obiettivi e forme di partecipazione diversi e spesso originali, grazie ai quali questi movimenti sono riusciti a coinvolgere molte persone appartenenti alle nuove generazioni che non avevano mai partecipato a mobilitazioni e non si riconoscono negli schemi politici tradizionali. I giovani adolescenti sono più disponibili a partecipare alle nuove iniziative perché sono meno condizionati dalle idee e dalle appartenenze del passato, nelle quali sono rimasti a volte fossilizzati i loro genitori, e non hanno vissuto le delusioni provocate dalle politiche attuate dai principali partiti. Al di là dei temi affrontati nelle diverse manifestazioni, si tratta di un patrimonio importante, che potrebbe avere un effetto benefico per il futuro della partecipazione popolare indispensabile a garantire la vitalità della democrazia.
Obiettivi eterogenei e forme originali di partecipazione hanno mobilitato una nuovissima generazione.
LA LETTURA, 15 DICEMBRE 2019