Habermas ci ripensa: Dio non è morto, di Marina Calloni
L’erede più noto della Scuola di Francoforte dedica 1.727 pagine alle radici teologiche della modernità, abbandona l’idea weberiana di un progressivo superamento della religione e riconosce la funzione dei riti nel produrre identità durevoli La sfera sacrale e quella razionale sono irriducibili ma pongono quesiti analoghi
A novant’ anni compiuti il 18 giugno scorso, Jürgen Habermas suggella il suo cammino teorico con un’opera di 1.727 pagine uscita l’11 novembre, dall’editore tedesco Suhrkamp. Già il titolo fa presagire la complessità del progetto: Auch eine Geschichte der Philosophie, ovvero «Anche una storia della filosofia». Il lavoro è raccolto in due volumi. Il primo è intitolato La costellazione occidentale di fede e sapere, il secondo Libertà razionale. Tracce del discorso su fede e ragione. Mentre è già certa la traduzione in molte altre lingue, non è ancora dato conoscere l’editore italiano, anche se ci vorranno forse anni perché l’opera, considerata la sua complessità, veda la luce da noi.
Il primo volume si focalizza per lo più sulle radici sacrali delle tradizioni che Karl Jaspers definiva «assiali ». Tr al ’800 e il 200 a.C., nella storia dell’umanità sarebbe avvenuta una frattura cognitiva con le precedenti narrazioni mitologiche, che in diverse aree geografiche avrebbe dato contemporaneamente origine a saperi filosofici, dottrine religiose e riflessioni morali. Entro tale quadro, Habermas indica il neoplatonismo (da Plotino ad Agostino) come la dottrina che avrebbe permesso la simbiosi fra fede e sapere, determinando l’emergere della Chiesa cattolica. L’Europa cristiana si forma dunque teologicamente sulla progressiva differenziazione fra sacerdotium e regnum (teorizzata da Tommaso d’Aquino), tale da precorrere la via moderna, caratterizzata da un mutamento di paradigma nella relazione tra scienza, religione, diritto, politica e società. La filosofia si autonomizza sempre più dalla teologia verso processi di secolarizzazione.
Nel secondo tomo Habermas analizza i processi di modernizzazione insiti anche in argomenti teologici. Grazie alla nascita della filosofia del soggetto, determinata dall’insorgere del protestantesimo, la distinzione fra fede e sapere si fa più netta. In particolare, Hume e Kant segnano una linea di demarcazione con il precedente pensiero metafisico. Tale tradizione viene rielaborata da Hegel (più valorizzato da Habermas rispetto al passato) mediante l’incarnazione linguistica della ragione che da mente soggettiva, attraverso lo Spirito, diventa «oggettiva».
La lettura, Corriere della Sera, 10 Nov 2019