Sardegna: Sviluppo Locale armonico cercasi! di Benedetto Sechi.

L’Autore è il presidente della Flag Nord Sardegna. *Il Gruppo di azione Costiera GAC Nord Sardegna è composto da rappresentanti del settore della pesca, da soggetti pubblici e da soggetti privati di altri settori socioeconomici rilevanti per l’economia della zona.

 

 

 

 

 

 

 

 

I°) – Sardegna: Sviluppo Locale armonico cercasi! di Benedetto Sechi.

 

Ormai pare che l’agenda dettata dalla politica italiana assorba l’attenzione dei sardi, in maniera quasi esclusiva. Forse era inevitabile che l’ingombrante presenza leghista in Sardegna, concretizzatasi con l’arrivo al governo regionale, distraesse i sardi dai loro problemi e dalla ricerca di soluzioni che continuo a pensare non possano che arrivare da uno sviluppo endogeno, dalle potenzialità produttive che questa terra offre, dalla sua inconfondibile specificità e identità culturale.

Sembrerà strano, ma il governo a guida sardo-leghista, paradossalmente, allontana l’idea che possiamo farcela senza elemosinare, come in tanti momenti storici abbiamo fatto, soluzioni, che peraltro mai si sono rivelate convenienti per i sardi.

 

Il sovranismo italiano, tanto utile alla Lega per raccattare voti in ogni dove, è palesemente incompatibile con l’idea di sovranità sarda. Lo slogan di Salvini, (prima i sardi), ma che declina, allo stesso modo in ogni regione, città e contrada, è quanto di più fasullo ed inconsistente e ridicolo si possa propagandare.

Primi chi? Chi viene prima, se il conflitto di interessi coinvolge regioni, territori o comparti produttivi allocati in zone diverse dello stato italiano?  Insomma Prima gli italo-lombardi o prima gli italo-sardi?

 

Il sovranismo italiano, come tutti i sovranismi degli stati, non risolve, ma acuisce le distanze ed è evidente che a soccombere saranno le aree più deboli. Avere coscienza di questo significa costringersi a ripensare uno sviluppo che sappia far emergere caratteristiche peculiari territoriali, non replicabili altrove. Sotto questo aspetto la Sardegna è avvantaggiata, se solo ne avesse la consapevolezza. Nel nostro caso è’ la Sardegna stessa il “marchio di qualità” che dovrebbe promuovere le sue produzioni agroalimentari, il valore ambientale, il suo patrimonio archeologico in continua evoluzione e che ridisegna la storia stessa del Mediterraneo. “Vendere” a pezzi prodotti, itinerari turistici e culturali, è un errore imperdonabile e economicamente stupido.

 

Il “Che Fare?” per la Sardegna è un imperativo fermo nel tempo! Un ordine del giorno mai esaurito. Si riparla di continuità territoriale, di costi eccessivi per il traghettamento di merci e passeggeri, insomma l’orologio non scorre mai, in una Sardegna che si è fatta cucire addosso un impianto istituzionale inadeguato alle sue esigenze, buono per altre regioni forse, ma non per noi. Un impianto che anzi ne deteriora la coesione sociale e destruttura il tessuto sociale ed economico.

 

Lentamente, anche in Sardegna di delinea uno sviluppo diseguale tra il suo nord ed il su sud, tra zone interne e zone costiere, senza che la politica ed i politici se ne accorgano.

L’impianto istituzionale, già debole con le otto province, divise tra quelle di serie A , statali, e quelle di serie B, regionali, è stato sostituito da un mostro che  sposta nel sud della Sardegna  risorse economiche e potere politico decisionale, creando uno scompenso che con il trascorrere del tempo,  breve e medio, farà venire meno l’idea di una Isola Nazione, fiaccando orgoglio e progettualità, elementi strettamente connessi all’identità.

 

La prima domanda che mi pongo è questa: ma la Sardegna aveva bisogno di una città metropolitana? C’era la necessità di polarizzare lo sviluppo, concentrando sull’area vasta di Cagliari risorse e poteri? Un’operazione tra l’altro confusa perché, sempre nel sud, alla Città Metropolitana si sovrappone la Provincia del Sud, i cui compiti, come per tutte le restanti province appaiono fumosi, ma soprattutto sono inconsistenti le risorse che a queste vanno destinate.

Insomma appare chiaro che nel sud Sardegna, tra ente regione, città metropolitana, Camera di Commercio allargata alla provincia di Oristano, Autorità di Sistema Portuale, agenzie ed enti strumentali regionali, apparati vari, il traffico istituzionale si congestiona in modo impressionante.

Ma si rischia di provocare un cortocircuito tra i sardi, che potrebbero sentirsi non più rappresentati e garantiti. La stessa legge elettorale sarda non aiuta certo in questo senso.

La classe politica sarda, quella di centro sinistra, ma anche questa di centrodestra-sardista, si è fatta cucire addosso un vestito istituzionale, non a misura delle esigenze di tutti i sardi.

Attratta dalle ingenti risorse comunitarie sulle città metropolitane ha pensato che zone interne e zone costiere del centro nord, si potessero tacitare con poco altro.

In realtà questa visione è ceca, sia dal punto di vista politico, sia da quello economico. Una Sardegna vuota nelle zone interne, e malamente infrastrutturata nei trasporti interni e nei sercizi, è destinata a perpetuare lo stato sviluppo disomogeneo e ad impoverirsi gradatamente.

Molti  sono gli indicatori socio-economici che fanno emergere questa preoccupazione. Il primo fra tutti è il fenomeno dell’abbandono scolastico. Primi in Italia! In questo si, per questo fenomeno che dovrebbe far suonare più di un campanello d’allarme. Dietro l’abbandono scolastico si nasconde infatti la disperazione, la sfiducia verso il futuro, l’abbandono delle zone interne e delle aree urbane più degradate.

Il secondo indicatore è anch’esso un primato negativo, la denatalità! Questa accompagnata dall’emigrazione di migliaia di giovani sardi, ci consegna ad un orizzonte demografico costituito da una popolazione invecchiata, con tutti i problemi che questo comporta, dal punto di vista  dei costi sociali e della qualità della vita degli anziani.

 

Preoccuparsi perciò, di costruire uno Sviluppo Locale Armonico, è fondamentale per una prospettiva ed una visione che tenda a rendere migliore il futuro dell’Isola.

 

II°) – La Sardegna, l’Europa, le risorse dei Fondi Comunitari.

 

Sotto questo aspetto preoccupa la difficoltà emersa in questi ultimi tempi la crescente difficoltà ad utilizzare le risorse dei fondi comunitari in maniera adeguata, soprattutto per innestare un processo di sviluppo auto-centrato.

Va premesso che tutti i fondi comunitari richiedono uno sforzo perché la progettazione delle strategie avvenga con il massimo coinvolgimento delle comunità locali, siano esse comunità urbane o rurali, sia che appartengano a settori economici omogenei o a filiere tra loro da integrare.

Gli strumenti o se preferite gli organismi per attivare la programmazione dal basso, sono innumerevoli, forse troppi: GAL (Gruppi d’azione Locale), Unioni dei Comuni, FLAG-GAC (Gruppi d’Azione Costiera), Agenzie Regionali (Argea, Laore, Agris), ma anche le due Università, le Camere di Commercio, le Associazioni di Categoria, i Parchi Nazionali e Regionali,  gli Enti Scientifici  Regionali e Nazionali, Aree Marine Protette, singoli comuni, assessorati regionali, etc.. etc., potremmo continuare quasi all’infinito.

Una platea di soggetti che poco e male interagiscono tra di loro, la cui sopravvivenza dipende spesso da un uso distorto delle risorse comunitarie, impegnate  per le cosiddette ”azioni di sistema”  assorbendo finanziamenti sottratti alla realizzazione di progetti. Enti che non di rado progettano sui diversi fondi le medesime azioni.

In questo contesto l’azione del Centro Regionale di Programmazione, che dovrebbe a mio parere coordinare le strategie, al fine di renderle omogenee e funzionali ad una dea condivisa di sviluppo della Sardegna, ne viene soffocato e perde così la sua caratteristica funzione.

C’entra la politica in tutto questo? C’entra eccome! Un’idea condivisa di Sviluppo Locale non è, purtroppo,  nelle corde di nessun partito o coalizione di governo.

Il recente default, di ARGEA che ha nella pancia migliaia e migliaia di pratiche del Piano di Sviluppo Rurale, pare circa 90.000, oltre alle centinaia del FEAMP (Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca), arriva, tra capo e collo, anche su questo governo regionale come una doccia fredda. Si stanno improvvisando soluzioni che sono peggio del male (la formazione di una task force, utilizzando personale impreparato e da formare).

 

In queste situazioni di emergenza emergono prepotentemente, due aspetti negativi. Il primo è il proliferare della burocrazia difensiva, adottata da chi deve effettuare controlli sulle pratiche e che, non riuscendovi nei tempi previsti dalle norme sulla Pubblica Amministrazione, li dilata artificiosamente all’infinito. Il secondo aspetto è la corsa alla spesa, purchessia, al fine di evitare i disimpegni e la restituzione delle risorse, attivando spesso progetti di scarsa qualità, a carattere immateriale, che non apportano nessun beneficio allo Sviluppo Locale.

 

Gli effetti collaterali di questo stato di cose sono devastanti, perché creano una situazione di sfiducia tra operatori economici, amministratori locali e comunità.

Le imprese, soprattutto quelle piccole, che si sono impegnate in progetti di ampliamento, sviluppo e innovazione, rischiano a loro volta la chiusura per effetto dei ritardi o dell’annullamento dei contributi e molte in corso d’opera rinunciano. Sarebbe troppo lungo spiegare qui la complessità delle procedure richieste, ma ormai molte sono le imprese che evitano di partecipare ai bandi regionali a causa dell’indeterminatezza delle procedure, avendo paura di procurarsi più danni che benefici.

 

Questa situazione di sofferenza coinvolge, loro malgrado, anche organismi impegnati nello Sviluppo Locale ed espressamente previsti dai Fondi Comunitari e dai rispettivi Piani Operativi.

In particolare i GAL  e i Flag-GAC, che agiscono sulle strategie locali anche in nome e per conto della Regione e delle Comunità che ne sono beneficiarie, si vedono vessati e trattati alla stregua di  imprese commerciali, dimostrando che non si è colto lo spirito con il quale la U.E. li ha promossi.

 

Questo stato disastroso del panorama sardo, sullo Sviluppo Locale, è frutto dell’insipienza dei diversi Governi e dei Consigli Regionali, succedutisi negli ultimi quindici anni. Ma non meno colpevole è l’apparato dirigenziale della regione sarda.

Una politica che manca di una visione sullo Sviluppo Locale Armonico, che non si pone il problema di rendere efficiente innanzitutto la “Macchina Pubblica Regionale”, eccessivamente costosa e al tempo stesso inefficiente, è una politica che risulta, inevitabilmente, avvitata su se stessa.

 

E’ palese che non si ha la piena consapevolezza che le uniche risorse disponibili e spendibili per lo sviluppo sono quelle che ci derivano dai Fondi Comunitari. Ma va da sé che per mettere a frutto le risorse comunitarie è necessario avere una visione chiara di ciò che vorremmo sia la Sardegna nei prossimi vent’anni.

La nostra terra sembra ferma nel tempo, da decenni rincorriamo ciclicamente e senza una soluzione definitiva il problema della continuità territoriale e diverse vertenze industriali, la cui soluzione va detto, non sono la soluzione per la Sardegna. Tutto è immobile, nel contempo le migliori energie se ne vanno. I giovani sardi emigrano con il loro bagaglio di competenze e di speranze, per cercare altrove di realizzarsi.

Porto Torres 19 Dicembre 2019

Benedetto Sechi (Presidente del FLAG Nord Sardegna)

 

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    1 Comment to “Sardegna: Sviluppo Locale armonico cercasi! di Benedetto Sechi.”

    1. By Mario Pudhu, 20 dicembre 2019 @ 11:26

      Milli bortas resone tenes, Benedetto Sechi!
      Ma comente faghimus a dare respiru e fortza a un’irvilupu locale armoniosu chi podet èssere su solu cambiamentu alternativu da un’economia de domíniu, de gherra, assurda, distrutiva, de disocupatzione e desertificatzione de sa Sardigna?
      Bi at zente meda impignada in cust’idea e faghent cosas bonas, ma no tenimus guvernu! No cherimus cumprèndhere chi de guvernu sos Sardos no ndhe tenimus!
      Zughimus subra, invetze, unu muntone mannu de bascaràmine políticu!
      In sa menzus ipotesi, chie pessat a un’alternativa, si faghet meda, est tropu impitzadu in peràulas, candho invetze serbit in su matessi tempus a fàghere organizatzione, cordinamentu, istúdiu e prepartzione, e realizatzione de una fortza colletiva chi trunchet unu círculu vitziosu e ànimet sas initziativas bonas e su cambiamentu.